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dichiarazioni Riforme costituzionali

Riforma della Pubblica Amministrazione, primo sì del Senato: ora la parola alla Camera

Ruolo unico per i dirigenti statali che potranno rimanere in carica per 4 anni (con l’aggiunta di 2 anni se necessario, ma per una sola volta). Licenziamenti facili e stretta sulle assenze dei dipendenti pubblici. Sono solo alcune delle norme contenute nel disegno di legge delega P.a., firmato dalla ministra della Semplificazione Marianna Madia, che oggi è stato approvato dall’assemblea del Senato con 144 voti favorevoli. Il provvedimento, arrivato a palazzo Madama ad agosto 2014, è ora atteso alla Camera. Tra le novità più rilevanti la delega al governo per la riforma gli Enti pubblici di ricerca (Epr): l’ipotesi è quella di ‘scorporare’ i ricercatori e i tecnici dalle norme sul pubblico impiego e dare agli Epr autonomia sui ‘buget’ (come avviene già per la scuola, la sanità e l’università, che hanno delle normative a parte). Ecco tutte le novità in arrivo per gli statali.

LICENZIAMENTI FACILI E STRETTA SU ASSENZE STATALI Quando scatta un’azione disciplinare contro un dipendente della P.a. non potranno più passare 100 giorni (come avviene ora), e soprattutto non si potrà più concludere tutto con un nulla di fatto, altrimenti a rimetterci sarà il dirigente responsabile. Il procedimento dovrà essere portato avanti senza escludere il licenziamento. Il governo dunque dovrà legiferare sulla materia introducendo norme in tema di responsabilità dei dipendenti “finalizzate ad accelerare, rendere concreto e certo nei tempi di espletamento e di conclusione l’esercizio dell’azione disciplinare”.

A INPS CONTROLLO CERTIFICATI MALATTIA STATALI Le visite fiscali dei dipendenti statali saranno affidate all’Inps (e non più alle Asl). Dunque, all’Istituto dovranno essere attribuite le “competenze” e le “risorse” attualmente impiegate dalle P.a. per l’effettuazione degli accertamenti medico-legali. Inoltre, viene precisato che l’Inps, per le nuove visite, dovra avvalersi “prioritariamente” dei medici inseriti nelle “liste speciali” ad esaurimento, che già oggi effettuano le visite per l’Inps ai dipendenti privati.

RUOLO UNICO DIRIGENTI E RIDUZIONE NUMERO Con il via libera del Senato alla delega P.a. arriva anche il primo sì al ruolo unico per i dirigenti statali, che saranno scelti in base al “merito” e alla “formazione continua”. Chi vorrà assumere il ruolo non dovrà solamente sostenere un concorso ma dovrà anche superare un altro esame. Fino all’entrata a regime del ruolo unico, potrà essere prevista “ove necessario” la graduale riduzione del numero dei dirigenti. La delega prevede, sempre per i dirigenti, la “definizione dei requisiti e criteri per il conferimento degli incarichi”.

DIRIGENTI LICENZIABILI E A TEMPO I dirigenti della P.a. potranno essere licenziati se privi di incarico. Infatti, dopo essere stati collocati in disponibilità, potrebbero decadere dal ruolo unico. Saranno attribuiti incarichi per quattro anni, rinnovabili – in assenza di concorso pubblico – per altri eventuali due anni. In rinnovo vale per una sola volta.

RUOLO UNICO ANCHE PER DIRIGENTI AUTHORITY L’articolo 10 prevede L’introduzione “di ruoli unificati anche per la dirigenza delle autorita’ indipendenti”.

CHI SARÀ ESCLUSO DAL RUOLO UNICO DELLA DIRIGENZA Non rientreranno nel ruolo unico della dirigenza i diplomatici, i medici e i dirigenti dei settori della “veterinaria” e “sanitaria” del Servizio sanitario nazionale.

FINE SEGRETARI COMUALI. MA PRIMA PONTE DI 3 ANNI Soppressione della figura del segretario comunale. Prima della cancellazione definitiva, però, viene previsto un periodo ponte di tre anni in cui i segretari potranno continuare a esercitare le stesse funzioni (di legalità), ma dopo essere stati inseriti nel ruolo unico della dirigenza.

STAFFETTA GENERAZIONALE, MA IN VERSIONE SUPER-LIGHT Arriva la staffetta generazionale per i dipendenti pubblici, ma in versione super ‘soft’. La norma – introdotta durante il passaggio in aula – prevede la possibilità per chi è vicino alla pensione di lavorare part-time, mantenendo i contributi pensionistici per il tempo pieno solamente con versamenti volontari. Con le risorse che si renderanno disponibili, a seconda dei part-time, scatteranno nuove assunzioni. Nel testo della delega P.a. si legge: il governo dovrà prevedere “la facoltà, per le amministrazioni pubbliche, di promuovere il ricambio generazionale mediante la riduzione su base volontaria e non revocabile dell’orario di lavoro e della retribuzione del personale in procinto di essere collocato a riposo”. Quindi attraverso la contribuzione volontaria si potrà “conseguire l’invarianza della contribuzione previdenziale”, consentendo allo stesso tempo, “nei limiti delle risorse effettivamente accertate a seguito della conseguente minore spesa per redditi, l’assunzione anticipata di nuovo personale”, rispettando però le norme sui vincoli assunzioni. In sostanza una ‘staffetta’ in versione super light.

ARRIVANO TELELAVORO E CO-WORKING Telelavoro e sperimentazione di forme di co-working e smart-working. Lo prevede l’articolo 11 della delega P.a. Entro 3 anni dalla sua attuazione i meccanismi di flessibilita’ lavorativa dovranno essere “operativi” per almeno per il 20% degli statali che ne vogliano fare richiesta. E ancora: viene stabilito che il tele-lavoro dovrà servire anche a “creare” maggiori condizioni per il “congedo parentale”, dovranno essere previste forme per la conciliazione dei tempi di vita e lavoro con voucher per baby-sitter, puericultrici, badanti specializzate e convenzioni con asili nido e scuole materne.

RIORDINO RICERCA: PIÙ LIBERTÀ E AUTONOMIA PROFESSIONALE Arriva la riforma degli Enti pubblici di ricerca (Epr). La norma trasversale – sottoscritta da Pd, ex M5s, Lega, FI e Ap – delega il governo alla riforma degli Epr prevedendo per i ricercatori e i tecnici pubblici “libertà di ricerca, autonomia professionale” e più “formazione all’aggiornamento”. Non solo, la proposta prevede anche la semplificazione dell’inquadramento della ricerca pubblica “in un sistema di regole più snello” e norme diverse per budget e spese. Gli Epr potranno quindi avere autonomia finanziaria. La riforma potrebbe riguardare 20 mila tra ricercatori e tecnici, impiegati nei circa 20 Enti pubblici. Tra questi, l’Istat, Isfol, Ispra, Cnr e i 12 enti vigilati dal ministero dell’istruzione.

NO PUNTEGGI CONCORSI PER CHI HA LAVORATO CON GABINETTI “Valorizzare” nei concorsi pubblici chi è stato ‘precario’ nelle P.a., ma escludendo chi ha lavorato nei gabinetti e, dunque, chi ha avuto contratti di diretta collaborazione “con organi politici”.

 

Tratto dall’agenzia “Public Policy”

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dichiarazioni Politica

Legge elettorale e questione di fiducia: pienamente legittima e corretta. Ecco perchè

Di seguito alcune argomentazioni che ritengo utile condividere per argomentare il perché l’apposizione della questione di fiducia sulla legge elettorale è legittima e giusta non solo sotto il profilo strettamente formale, ma anche per ragioni di natura politica e di opportunità.

  1. Piena legittimità della questione di fiducia sulla legge elettorale

Non vi è nessuna norma di rango costituzionale né di rango ordinario né di natura regolamentare che preveda che le leggi elettorali rientrino tra quelle materie sulle quali il Governo non possa apporre la questione di fiducia. La Costituzione regola solo mozione di fiducia e mozione di sfiducia. L’articolo 72 comma 4 che stabilisce si svolta “procedura normale di esame e di approvazione diretta da parte della Camera” per le leggi elettorali, è teso ad escludere che esse possano essere approvate direttamente in commissione.

E’ bene cominciare da questa premessa nell’esaminare la condizione in cui ci apprestiamo ad approvare l’Italicum. A questo si aggiunge quanto dichiarato dalla presidente della Camera dei Deputati durante la seduta del 28 aprile 2015, nel corso del dibattito sviluppatosi dopo l’apposizione della fiducia da parte del Governo sul testo della nuova legge elettorale. “Il Governo può, per prerogativa costituzionale, porre in ogni fase del procedimento legislativo la questione di fiducia, individuandone l’oggetto (…)”, ha spiegato la presidente Boldrini. L’articolo 116, comma 4, del Regolamento, infatti, prevede una serie di eccezioni al principio della libera apposizione della questione di fiducia, tra le quali la sua non apposizione su “argomenti per i quali il regolamento prescrive votazioni per scrutinio segreto”. Tale norma, tuttavia, è stata costantemente interpretata come riferibile alle sole votazioni per le quali il Regolamento prescrive “obbligatoriamente” il voto segreto, e non per quelle, come la legge elettorale, per le quali il voto segreto può essere facoltativamente richiesto.

Dopo la modifica dell’articolo 49 del Regolamento con la quale si opprimevano i numerosi casi di scrutinio segreto obbligatorio, fino ad allora previsti, la questione fu nuovamente affrontata. Il 24 gennaio del 1990, l’allora Presidente della Camera, Nilde Iotti, sollecitata da più parti sul tema, ebbe occasione di affermare che “pur ritenendo giusto esaminare il più presto possibile i rapporti tra le modifiche all’articolo 49 [voto segreto] e l’articolo 116 [questione di fiducia]”, solo una “esplicita modificazione del quarto comma dell’articolo 116” potrebbe consentire di “limitare l’esercizio di quella che, attraverso una consolidata consuetudine, si è affermata come prerogativa del Governo”, ossia la questione di fiducia. Come è noto dal 1990 ad oggi il quarto comma dell’articolo 116 non è mai stato oggetto di modifica.

Si può dunque affermare senza timore di smentita che ad oggi la questione “dell’illegittimità” o “dell’incostituzionalità” dell’avvenuta apposizione della fiducia sulla legge elettorale non poggi in realtà su alcuna solida base giuridica.

  1. La legge elettorale come priorità

Il legittimo e assolutamente necessario diritto di critica deve convivere con il principio della decisione politica da parte della maggioranza parlamentare. Sono le decisioni a maggioranza a tenere viva e vitale la democrazia parlamentare. Partendo dal presupposto che questo principio deve valere a prescindere dagli equilibri politici di oggi, che sono diversi da quelli di ieri e che non è detto restino gli stessi anche domani. Che la legge elettorale sia una priorità di questo governo e della maggioranza che lo sostiene, è tema posto fin dal discorso di insediamento di questo Governo e del precedente, entrambi nati per espressione diretta del Partito Democratico e da esso direttamente guidati e sostenuti. Senza dimenticare il monito (tra i tanti) del presidente emerito Giorgio Napolitano lanciato nel suo discorso di giuramento per il secondo mandato da presidente della Repubblica, pronunciato il 22 aprile 2013. “Imperdonabile resta la mancata riforma della legge elettorale del 2005”, disse il presidente invitando deputati e senatori “a rivedere in particolare la norma relativa all’attribuzione di un premio di maggioranza senza che sia raggiunta una soglia minima di voti o di seggi”.

Nei fatti la questione di fiducia altro non è che uno strumento nella mani del Governo per verificare la tenuta della propria maggioranza su questioni ritenute prioritarie per la sopravvivenza del Governo stesso. Politicamente non sfugge a nessuno quanto prioritario sia per il PD l’approvazione di questa legge elettorale.

  1. I precedenti: le altre leggi elettorali ‘nazionali’

In questi giorni sentiamo parlare dell’apposizione della fiducia sulla legge elettorale come di “un fatto con rarissimi precedenti nella storia”. E’ vero. Tuttavia si dimentica di ricordare che dal 1946 ad oggi questa è la quinta volta che il Parlamento è impegnato nell’approvazione di una nuova legge elettorale per le elezioni nazionali. Vediamo i quattro precedenti.

 

1) Nel gennaio del 1948 viene recepito, con la legge 6 del 20 gennaio, il decreto luogotenenziale del 1946 che introduceva una legge elettorale proporzionale, la prima legge per l’elezione del parlamento repubblicano.

 

2) La legge 31 marzo 1953, n. 148, (cd. legge truffa) approvata con l’apposizione della fiducia de parte del Governo guidato da Alcide De Gasperi, che modifica la legge del 1948 attribuendo un premio di  maggioranza di 380 seggi alle liste collegate tra loro che, in tutto il territorio nazionale, avessero raccolto la metà più uno del totale dei voti validi attribuiti a tutte le liste. Tale legge prevedeva che se nessuna coalizione avesse superato la metà dei voti validi, si sarebbe applicato il riparto in maniera proporzionale previsto dal sistema previgente.

Tale legge, approvata con l’apposizione del voto di fiducia, non ha mai trovato applicazione, non essendo stato raggiunto il premio di maggioranza nelle elezioni che si tennero il 7 giugno del 1953. Questo sistema venne successivamente abrogato con la legge 31 luglio 1954, n. 615, che ripristinò in ogni sua parte il sistema elettorale precedente.

3) il 4 agosto del 1993 vennero approvate le leggi 276 e 277 del 1993 (cd. “Leggi Mattarella”), che trasformano il sistema proporzionale in un sistema misto, a prevalenza maggioritario. Durante l’esame in parlamento, grazie ad un accordo all’unanimità tra tutti i gruppi parlamentari, si decise di votare l’intero provvedimento a voto palese. Come conseguenza di questo accordo, non fu posta la questione di fiducia.

4) Dopo vari tentativi di “correzione” della legge Mattarella si arriva all’approvazione della legge n. 270 del 2005, cd. Porcellum. Anche nel caso di questa legge, a lungo il Parlamento esaminò proposte di legge relative a possibili correzioni del sistema di scorporo, e all’ultimo momento, tramite un paio di emendamenti al provvedimento in esame, si cambiò la legge elettorale, tornando ad un sistema elettorale proporzionale con liste bloccate.

In definitiva, nei quattro precedenti di approvazione di nuove leggi elettorali in epoca repubblicana, si è votato due volte senza voto segreto (la legge del ’48 e quella del ’93) e una volta con il ricorso alla fiducia (quella del ’53). In questa rapida analisi, si tralasciano i casi di leggi elettorali per altri livelli (ad esempio quelli degli enti locali, per le cui leggi elettorali sull’elezione diretta del sindaco nel 1990 vennero poste 4 fiducie, autorizzate dalla presidenza della Camera di allora, guidata da Nilde Iotti).

  1. Il voto segreto

Occorrerebbe piuttosto interrogarsi sull’opportunità che una materia come quella elettorale, sia ancora ampiamente assoggettabile a scrutini segreti che, come è noto, lungi dall’attribuire trasparenza alle azioni politiche finendo per alimentare spesso azioni nascoste e censurabili. Nella vita parlamentare vi sono stati numerosissimi Governi politici nella segretezza del voto, senza alcuna assunzione di responsabilità chiara ed esplicita di fronte agli elettori, e senza che i cittadini ne potessero neppure comprendere le reali motivazioni, con il conseguente discredito e la delegittimazione che ne è derivata per le stesse istituzioni parlamentari.

Peraltro nel 1993, quando venne votata la legge poi ribattezza “Mattarellum”, per esplicita scelta di tutti i gruppi parlamentari presenti alla Camera si evitò di richiedere il voto segreto. Tutti i voti vennero effettuati a viso aperto, nonostante il regolamento di allora su questo punto fosse lo stesso di oggi. Per l’Italicum, su poco meno di 100 emendamenti presentati, per oltre l’80% dei voti era stato richiesto il voto segreto.

  1. Perché la fiducia

Con la scelta di apporre la fiducia il Governo non solo mette in discussione apertamente, senza sotterfugi, la propria responsabilità politica di fronte alla Camera dalla quale ha ottenuto la fiducia iniziale; ma in presenza di un provvedimento ritenuto essenziale per il programma della maggioranza che lo sostiene e del Governo stesso, ne mette in discussione la propria permanenza in carica essendo la legge elettorale punto fondamentale delle complessive ‘riforme strutturali’ che ci siamo impegnati ad attuare. Nel caso della legge elettorale questo atto di assoluta trasparenza ha un senso politicamente maggiore legato al fatto che su questo identico testo il 27 gennaio 2015, esattamente tre mesi fa, il Senato si è espresso ad ampia maggioranza (superiore a quella della sola maggioranza). Non poteva essere altrimenti data la partecipazione alla stesura del testo, oltre che di tutti i gruppi di maggioranza, anche di Forza Italia. Il cambio di posizione di Forza Italia, legato al fatto che si è votato un presidente della Repubblica non gradito, non poteva giustificare un cambio di rotta. Anche perché i due passaggi parlamentari precedenti, il primo alla Camera e soprattutto il secondo al Senato, hanno profondamente modificato il testo in esame. Moltissime delle obiezioni proclamate dalle opposizioni in dichiarazione di voto in prima lettura alla Camera, sono diventate poi oggetto di emendamenti approvati al Senato nel testo di cui era relatrice la senatrice Anna Finocchiaro. Il cd. porcellum, pur in assenza di voto di fiducia, venne approvato in soli 5 giorni, senza alcun autentico arricchimento derivante da una sana dinamica parlamentare.

  1. Cos è democratico e cosa non lo è?

Molte obiezioni in queste ore fanno riferimento al fatto che l’apposizione della fiducia comprime la libertà del parlamento, viola la democrazia o sarebbe una invasione di campo del Governo. Sono fermamente convinto che sia molto più democratico un voto di fiducia in trasparenza e nella massima chiarezza su un testo che è frutto di un lungo, complesso e ricco iter parlamentare e prima ancora di un approfondito lavoro di due commissioni di saggi (prima nominati dalla presidenza della Repubblica e poi dalla presidenza del Consiglio) piuttosto che una legge sottoposta per oltre l’80% delle sue votazioni finali al segreto dell’urna. Con l’eventualità, tutt’altro che peregrina, di assistere all’aggregazione di minoranze assai diverse ed eterogenee, che nulla avrebbero avuto in comune se non l’abbattimento del Governo in carica.

Il 17 gennaio del 1953, in un importante discorso tenuto alla Camera dopo l’apposizione della fiducia sulla proposta di legge elettorale, l’allora presidente del Consiglio, Alcide De Gasperi, pronunciò queste parole, che mi paiono attuali. Siamo intervenuti “con una impostazione di fiducia perchè ci trovavamo dinanzi, non ad un rallentamento della macchina, ma già al sabotaggio, all’insabbiamento della macchina. E noi non avevamo altra alternativa, onorevoli colleghi, tranne la resa senza condizioni innanzi all’abuso del regolamento, innanzi alla negazione del principio, che è fondamentale per la convivenza tra maggioranza e minoranza, e cioè che la minoranza ha diritto alla critica e la maggioranza ha diritto alla decisione“. Alcide De Gasperi, 17 gennaio 1953.

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dichiarazioni

Terremoto in Nepal, tutte le coordinate per gli aiuti

Il Nepal è stato funestato da un terribile terremoto. Un evento sismico senza precedenti, che ha provocato morte e devastazione. E’ imponente la mobilitazione delle ong nazionali ed internazionali per sostenere la popolazione nepalese gravemente colpita dal sisma di sabato scorso. Molte di queste sono già operative sul posto, altre stanno arrivando fra enormi difficoltà per portare soccorsi e mezzi di prima necessità, come acqua, cibo, medicinali. In molti casi le organizzazioni non governative sono l’unica possibilità di sostegno per i sopravvissuti al sisma, in un Paese in cui già molto difficili erano le condizioni di vita, soprattutto dei bambini. Questa pagina ha lo scopo di fornire alcune coordinate per aiutare le popolazioni colpite dal sisma.

– Movimento Internazionale di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa attraverso la CROCE ROSSA ITALIANA: bonifico su conto corrente Bancario Codice IBAN: IT19 P010 0503 3820 0000 0200 208, intestato a: “Croce Rossa Italiana, Via Toscana 12 – 00187 Roma” presso Banca Nazionale del Lavoro – Filiale di Roma Bissolati Tesoreria – Via San Nicola da Tolentino 67 – Roma. Causale “Emergenza terremoto Nepal 2015″(Per donazioni dall’estero codice BIC/SWIFT: BNL II TRR); www.cri.it.

UNICEF e WPF ITALIA hanno lanciato un numero solidale. Chiamando 45596 si può donare un euro da rete mobile e 2 euro da rete fissa; www.unicefitalia.it

AGIRE – E’ possibile donare per gli aiuti alla popolazione nepalese con l’SMS Solidale 45591, donazioni di 1 euro da cellulari e di 2 euro da rete fissa. Sarà attivo fino al 10 maggio.

E’ possibile sostenere AGIRE anche attraverso i seguenti canali:

• Numero Verde 800.132.870
• On-line: con carta di credito, Paypal o PagoInConto (per clienti del gruppo Intesa Sanpaolo) sul sito www.agire.it
• Banca: con bonifico bancario su conto corrente IBAN: IT79 J 03359 01600 100000060696 intestato ad AGIRE onlus, presso Banca Prossima, Causale: “Emergenza Nepal”
• Posta: con bollettino postale sul conto corrente postale n. 85593614 o bonifico postale al seguente IBAN: IT 79 U 07601 03200 000085593614, intestato ad AGIRE onlus, Via Aniene 26/A – 00198 Roma, Causale: “Emergenza Nepal”

CARITAS ITALIANA. Offerte da inviare tramite C/C Postale N. 347013 specificando nella causale: “Asia/Terremoto Nepal”. Disponibili altri canali per le donazioni; www.caritas.it.

SAVE THE CHILDREN. E’ attivo un verde 800988810 per le donazioni; www.savethechildren.it/nepal.

Oltre a queste organizzazioni tradizionali, ci sono gli aiuti chiesti anche da Google, Facebook e Microsoft

– Le donazioni ad ASIA possono avvenire tramite bonifico bancario ad ASIA onlus (IBAN: IT 27 M 01030 72160 000000389350 – SWIFT BIC: PASC IT MM XXX – Causale: NEPAL emergenza terremoto
Banca: Banca Monte dei Paschi di Siena). Questo è invece l riferimento del conto corrente postale in caso di donazione con bollettino postale: ASIA Onlus – Conto corrente postale numero: 89549000

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interventi Politica

Legge elettorale, il testo del mio intervento in aula alla Camera

Onorevole presidente, onorevole ministro, sottosegretari, colleghi;

la legge elettorale è argomento da sempre capace di accendere gli animi più di altri nel dibattito parlamentare. Sicuramente meno tra l’opinione pubblica, ma ciò non ne riduce l’importanza poiche si tratta dello struemtno attraverso cui va assicurata la solidità della democrazia, il funzionamento delle sue istituzioni, il riconoscimento della volontà popolare. Tre sono gli obiettivi che una buona legge elettorale deve raggungere per essere definita tale: chiarezza del risultato, governabilità, rappresentanza. Obiettivi che questa legge elettorale, ribattezzata “Italicum”, perseguie ampiamente.

> IL VIDEO DEL MIO INTERVENTO IN AULA ALLA CAMERA

I critici di questa legge sostengono che essa certifichi il sostanziale esautoramento del parlamento a favore del Governo. Occorre far presente che il testo che l’aula della Camera esmaina oggi è alla terza lettura parlamentare e che la formulazione approvata a Montecitorio in prima lettura nel marzo 2015 è stata poi profondamente modificata e migliorata dal Senato in Commissione e in Aula, a seguito di un intenso lavoro parlamentare svolto nell’altro ramo del parlamento. Un lavoro a cui ha contribuito un’ampia maggioranza parlamentare, ben superiore a quella che sostiene il Governo (che pure sarebbe stata sufficiente). A questo proposito giova ricordare che quello che esaminiamo oggi è lo stesso identico testo votato il 27 gennaio scorso dall’aula del Senato a conclusione della seconda lettura parlamentare. Esattamente tre mesi fa quindi. E’ del tutto evidente quanto sia erroneo dire – come si sente in questi giorni – che questa legge è scritta e votata dalla sola maggioranza di Governo.

Perchè è chiaro che la contraddizione non è in chi coerentemente qui a Montecitorio sostiene l’intesa raggiunta al Senato (dove numericamente le forze in campo sono differenti); le contraddizioni sono piuttosto in chi, dopo aver sostenuto e votato questo stesso testo a Palazzo Madama, qui alla Camera cambia indea come ritorsione per aver letto un presidente della Repubblica diverso da quello che desiderava. Se anche la maggioranza cambiasse rotta in maniera così repentina, sarebbe come dar ragione a chi non ha condiviso quell’intesa sull’elezione del nuovo presidente della Repubblica, che invece resterà uno dei maggiori successi di questa legislatura.

Si doveva cedere a quel voto di scambio tra riforme e Quirinale? Dovremmo riportare anche questo tentativo di dotare l’Italia finalmente di una legge elettorale degna di questo nome e di istituzioni moderne, nella palude dei patti non rispettati? Dovremmo riproporre quel film che si conclude sempre con un nulla di fatto e che abbiamo visto troppe volte in passato (quasi sempre con protagonista la stessa forza politica che oggi vorrebbe far fallire anche queste riforme)?

Non credo sarebbe stato utile. Dopo oltre trent’anni di discussioni e commissioni bicamerali, comitati di saggi e un ampio dibattito dentro e fuori del parlamento, i tempi sono maturi per decidere e innovare il nostro sistema politico e istituzionale. La nuova legge elettorale va in questa direzione.

Le innovzioni di maggior portata sono il premio alla lista e il ballottaggio tra le prime due liste nel caso in cui nessuna raggiunta il 40% dei consensi. Si tratta di una combinazione che assicura chiarezza del risultato e una maggioranza sicura (comunque non superiore al 55% dei seggi) per permettere al Governo di governare e alla maggioranza parlamentare di esercitare la propria funzione.

Si contesta che un meccanismo simile condanni i partiti minori a rimanere tali e a far crescere molti cespugli attorno ad uno/due due grandi alberi. Argomentazione assai debole. La soglia di sbarramento (abbassata dal Senato al 3%) e il premio di maggioranza alla lista che ottiene più voti, assicurano la rappresntanza anche alle liste minori che scelgono di non aggregarsi; ma senza regalare loro quel potere di veto che in passato ha paralizzato per anni il sitsema politico italiano.

Una paralisi certificata dai 63 governi che si sono succeduti in 69 anni di vita della Repubblica e dalla perenne instabilità politica degli ultimi anni favorita proprio dalla presenza di coalizioni eterogenee, che pur di riuscire a vincere contenevano al proprio interno tutto il suo esatto contrario, salvo poi non riuscire a Governare. Voler tendere ad un sistema forse non strettamente bipolare, ma certamente maggioritario in cui è garantita la possibliità di una sana alternanza, è cosa utile e giusta.

L’introduzione dei collegi è un altro buon risultato di questa legge. Se ne contesta la prevoisione di capilista miscelata con l’elezione di altri deputati attraverso le preferenze. I capilista altro non sono che l’esatta corrispondenza dei candidati che un tempo venivano scelti nei collegi uninominali del cosiddetto “Mattarellum”. Per comprenderlo basta guardare il fac-simile della futura scheda elettorale, che prevede il nome del candidato di collegio stampato sulla scheda a sinistra del simbolo costruendo un forte legame tra collegio, candidato e lista di appartenenza.

Nessuno ai tempi del ‘Mattarellum’ e oggi rievocando quel sistema, ha mai definito gli eletti con quella legge dei ‘nominati’. Eppure il meccanismo in entrata era lo stesso. Nessuno ha mai definito ‘nominati’ i parlamentari eletti alla Camera dei Comuni nel Regno Unito (dove ci sono i collegi uninominali) o con meccanismi di voto che fanno ampio uso (esclusivo o parziale) di liste bloccate; è il caso, solo per citare due esempi, di Germania e Spagna, i cui deputati non vengono mai definiti ‘nominati’, ma eletti. Nel caso dell’Italicum, ossia di questa legge elettorale, oltre all’elezione dei capilista, molti altri parlamentari saranno scelti attraverso le preferenze dentro al proprio collegio.

A ciò aggiungiamo la garanzia di equilibrio di rappresentanza tra uomini e donne garantito dall’alternanza in lista tra i due generi, dalla doppia preferenza, dal limite massimo del 60% di capilista dello stesso sesso per ciascuna lista.

Si poteva fare meglio? Probabilmente sì. Tuttavia come ben sa chi da più anni ha l’onore di sedere in questi banchi e forse ha anche avuto qualche occasione per provare a fare meglio, ogni legge è figlia della realtà in cui viene concepita. E’ così dai tempi dell’Assemblea costituente (il cui risultato fu frutto di estenuanti mediazioni dentro e fra i partiti) ed è così da quanto esiste la democrazia.

Siamo convinti che dopo i tentativi falliti in passato e soprattutto nelle condizioni e con i numeri di questo parlamento, questa sia la proposta di legge elettorale migliore possibile  e capace di garantire al cittadino, come amava sostenere il senatore Roberto Ruffilli che ha dedicato la vita alla riforma dello Stato, il ruolo di arbitro.

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dichiarazioni Memoria

Memoria e Responsabilità per festeggiare il 25 aprile

Riscoprire i valori che sono alla base della nostra democrazia, comprendere la sofferenza e il sacrificio di quell’epoca, contrastare ogni forma di revisionismo e negazionismo, trasmettere la memoria di ciò che fu e che vogliamo non torni mai ad essere; ma soprattutto festeggiare. Questo deve essere il 25 aprile. Una giornata di festa perchè l’anniversario della Liberazione è, dal mio punto di vista, la più importante tra le feste laiche nel nostro calendario. Una festa che riguarda tutti, perchè grazie alle battaglie delle donne e degli uomini della Resistenza, assieme all’impegno delle truppe alleate, oggi godiamo di libertà fondamentali che erano state violate e che ancora oggi in alcune parti del mondo sono lontane dall’essere conquistate.

Ciò che deve impegnarci più di ogni altra cosa è l’impegno per trasmettere la memoria, per trasmettere i valori che diedero via alla Resistenza, che la resero eroica e vincente sul male. Raccontare i fatti, trasmettere le sensazioni dei testimoni oculari di allora e che sono ancora oggi tra noi, visitare i luoghi simbolici, far cogliere tutta la profondità di quella stagione è decisivo affinchè i valori per cui si è combattutto rimangano attuali.

Troppo spesso, anche recentemente, sentiamo utilizzare nel dibattito pubblico italiano termini impegnativi con una disinvoltura preoccupante. Per muovere delle critiche (per quanto del tutto legittime e talvolta persino condivisibili) si afferma di essere di fronte alla violazione di diritti fondamentali, a una deriva autoritaria, a un indebolimento della democrazia a delle “deportazioni”. Attenzione: il linguaggio è materiale delicato, da maneggiare con cura, specie quando si fa ricorso a termini che hanno un significato così importante, che hanno trovato purtroppo piena cittadinanza in quei drammatici anni ’30 e ’40, dove le privazioni e le violenze erano reali, dolorose, drammatiche, quotidiane. La disinvoltura con cui si fa ricorso a quei termini, rischia di indebolire e offuscare la memoria di ciò che è successo oltre 70 anni fa nel nostro Paese e in larga parte dell’Europa tramite i soprusi, l’autoritarismo, la violenza e la cancellazione di ogni istituto democratico imposti dai regimi totalitari dell’epoca.

Josè Saramago ha scritto:

“Noi siamo la memoria che abbiamo e la responsabilità che ci assumiamo. Senza memoria non esistiamo e senza responsabilità forse non meritiamo di esistere”.

La memoria di ciò che è successo e al responsabilità di conservare e promuovere ciò che è stato ottenuto deve essere l’impegno quotidiano di ciascuno di noi, senza distinzioni. W la Liberazione, W la Resistenza e buon 25 aprile!

Marco

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Economia e Finanza

Aumentano i contratti: sul lavoro la strada è quella giusta, avanti con le riforme

A cura dell’ufficio stampa

Cresce il numero di contratti attivato a marzo, mese di debutto del Jobs Act. Si tratta di dati ancora parziali e suscettibili di verifiche, come spiega lo stesso Ministero del Lavoro che li ha diffusi. Intanto, si registra che il numero di attivazioni di nuovi contratti di lavoro è pari a 641.572, in aumento rispetto ai 620mila circa dello stesso mese del 2014. Se si considera che nello stesso mese le cessazioni sono state 549.273, si ha un saldo positivo di 92.299 unità.
Tra le attivazioni, 162.498 contratti sono a tempo indeterminato (a marzo 2014 erano stati 108.647).

“I dati resi noti dal ministero del Lavoro che evidenziano un saldo attivo dei nuovi contratti, dimostrano che la strada intrapresa dal governo con il Jobs Act e’ quella giusta. Finalmente le cifre del mercato del lavoro in Italia iniziano ad essere positive, cosa che fino a soli pochi mesi fa sembrava lontana dal raggiungimento. Adesso si tratta di proseguire su questa strada che viene confermata anche dalle riforme messe in campo dal governo con il Def”. Lo ha detto Marco Di Maio, componente dell’ufficio di presidenza del gruppo Pd alla Camera e componente della commissione Finanze.

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dichiarazioni

Legge elettorale: riflessioni e spiegazioni sulle sostituzioni in commissione

Testo a cura di Davide Ragone

Mi accodo e scrivo anche io qualche riflessione (politica e giuridica) sulla questione della sostituzione in commissione Affari costituzionali dei deputati PD che hanno dichiarato che non voteranno la legge elettorale.

Parto dall’articolo 19 del Regolamento della Camera, che al comma 1 dice che “ciascun Gruppo parlamentare, subito dopo la costituzione, DESIGNA i propri componenti nelle Commissioni permanenti…”.
In materia di SOSTITUZIONE lo stesso articolo 19 evidenzia 3 casi:
1) deputati sostituiti perché membri del GOVERNO (comma 3): “ogni gruppo sostituisce i propri deputati che facciano parte del Governo in carica con altri appartenenti a diversa Commissione”;
2) deputati sostituiti per uno specifico PROGETTO DI LEGGE (comma 3): “ogni gruppo può, per un determinato progetto di legge, sostituire un commissario con altro di diversa Commissione, previa comunicazione al presidente della Commissione”;
3) deputati sostituiti per una SEDUTA (comma 4): “un deputato che non possa intervenire ad una seduta della propria Commissione può essere sostituito, per l’intero corso della seduta, da un collega del suo stesso gruppo, appartenente ad altra Commissione ovvero facente parte del Governo in carica”.
Il caso 2) sembra decisamente simile a quello in esame. Fin qui, quindi, tutto chiaro, ma è “solo” una procedura, che non tiene conto della politica etc. etc.

A me allora sorge una domanda ingenua: ma che cos’è un gruppo parlamentare?
Prendo volontariamente la definizione da wikipedia, che riporta quella elaborata dal prof. Giuseppe Ugo Rescigno (non esattamente un conservatore, un giovane turco o un renziano): il gruppo parlamentare è “l’unione dei membri di un ramo del Parlamento appartenenti allo stesso partito che si costituiscono in unità politica con una organizzazione stabile ed una disciplina costante”.

Prendo poi un estratto dall’articolo del prof. Salvatore Curreri, redatto in occasione dell’approvazione del testo al Senato, che tiene assieme l’aspetto giuridico con la dimensione politica:
“Il confronto in commissione è confronto non tra singoli parlamentari ma tra rappresentanti dei gruppi (e non a caso, come detto, il regolamento qualifica così i componenti delle commissioni). Il che non significa reprimere il dissenso ma evitare che, per CIRCOSTANZE FORTUITE (il fatto ad esempio che i senatori dissenzienti nel gruppo si ritrovino in maggioranza in commissione) questo possa pesare politicamente di più in commissione di quanto effettivamente valga in Assemblea, con la conseguenza che si possa respingere in sede referente un progetto che invece riscuote il consenso della maggioranza del gruppo in Assemblea.”

Nel momento in cui la decisione presa sia in sede di governo che in sede di partito (direzione PD) che in sede di gruppo parlamentare (riunione ad hoc) è quella di approvare un determinato testo di legge (sul quale, peraltro, aveva votato favorevolmente anche parte dell’opposizione), quali sono le altre possibilità rispetto alla sostituzione?
Me ne vengono in mente solo di peggiori:
– approvazione di un testo voluto da minoranza e opposizioni (da modificare poi in aula),
– approvazione del testo della maggioranza con voto favorevole forzato da parte di persone qualificate che hanno un’idea differente e non negoziabile di legge elettorale (che potranno poi esprimere in aula ex art. 67 Cost.),
– espulsione dal gruppo parlamentare o dal partito.
La soluzione della sostituzione dei membri in Commissione appare, quindi, non solo legittima da un punto di vista procedurale, ma anche fondamentalmente ragionevole, rappresentando in qualche modo anche una exit strategy per quei deputati finiti in un cul de sac.

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Giustizia

Il ‘divorzio breve’ è legge: per i divorzi consensuali solo 6 mesi e meno burocrazia

Una legge di civiltà, da lungo tempo attesa e che ci avvicina all’Europa. E’ quella sul cosiddetto “divorzio breve”, approvata in via definitiva mercoledì sera alla Camera. Per le coppie che chiederanno il divorzio ‘consensualmente’ serviranno solamente 6 mesi; per quelle che invece ricorreranno al giudice, 12 mesi. Non saranno, dunque, più necessari tre anni per mettere fine al matrimonio. Dopo 40 anni dalla legge Fortuna-Baslini vengono modificate le norme sul divorzio.

DIVORZIO BREVE La norma sul ‘taglio’ dei tempi, tra la separazione e la richiesta di divorzio, prevede che dai tre anni previsti dalla precedente legge si passa a 12 mesi; 6 mesi per la separazione consensuale. Tra le novità, il fatto che la decorrenza del tempo non partirà dalla prima udienza di fronte al presidente del tribunale, ma dal deposito della domanda di divorzio.

AFFIDAMENTO FIGLI La sentenza del giudice – sull’affidamento dei figli e il loro mantenimento – varrà anche dopo “l’estinzione del processo, fino a che non sia sostituita – si legge nel testo del ddl – da un altro provvedimento emesso a seguito di nuova presentazione del ricorso per separazione personale dei coniugi” o a seguito di ricorso per il divorzio.

SEPARAZIONE BENI DA QUANDO SI VIVE SEPARATI Anticipo della separazione dei beni. Fino a ora il momento effettivo di scioglimento della comunione dei beni tra marito e moglie si verifica quindi ‘ex nunc’, solo con il passaggio in giudicato della sentenza di separazione personale. La nuova legge prevede invece che, nel caso di separazione personale, la comunione venga meno prima, nel momento in cui il giudice li autorizza a vivere separati, ovvero alla data di sottoscrizione del processo verbale di separazione consensuale. L’ordinanza con la quale sempre i coniugi sono autorizzati a vivere separati è comunicata all’ufficiale di stato civile ai fini dell’annotazione dello scioglimento della comunione.

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Romagna

25 aprile, gli eventi a Forlì e dintorni

Di seguito alcuni appuntamenti sul territorio forlivese e cesenate per il week-end del 25 aprile.

23 Aprile – “OCCHI CHE HANNO VISTO” inaugurazione mostra fotografica
ore 19.30 Sala mostre Chiostro di San Mercuriale
ore 20.30 IL VECCHIO E IL BAMBINO E L’ESTATE DEL 44 Teatro Apollo – Via Mentana 8 – Forlì
Scrittura teatrale e regia: Denio Derni e Fabrizio Sirotti
Locandina

24 Aprile – Presentazione del libro “Sovversive” di Alba Piolanti e concerto dei “Punto e Virgola” 
ore 20.45 Teatro Verdi -p.zza Fratti – FORLIMPOPOLI

25 Aprile – “Resistendo – Per ricordare insieme il 25 aprile”
Forlimpopoli
Manifesto

25 Aprile – “FESTA DELLA LIBERAZIONE E DELLA RESISTENZA”
Cesena
Manifesto

25 Aprile – “Festa della Liberazione alla Rocca Malatestiana”
Laboratori, testimonianze, attività per l’infanzia, enogastronomia a cura del Centro per la Pace e di Rocca Malatestiana Bene Comune.
Programma

25 Aprile – “MARCIA DELLA PACE E DELLA MEMORIA”
Tavolicci Fragheto
Programma

25 Aprile – “70° anniversario della Liberazione”
Gambettola
Locandina

26 Aprile – “Primavera di Liberazione”
Valpisella
Programma

FORLÌ: INAUGURAZIONE MOSTRA FOTOGRAFICA IN OCCASIONE DEL SETTANTESIMO DELLA LIBERAZIONE Giovedì 23 aprile 2015, ore 17.30, centro Puntadiferro, inaugurazione della mostra fotografica frutto della collaborazione tra Gabriele Zelli, curatore e autore dei testi, e i fotografi Fabio Blaco e Genny Cangini, che hanno realizzato l’allestimento in occasione del settantesimo della Liberazione. Immagini originali in bianco e nero, alcune inedite, della storia di Forlì che va dall’8 settembre 1943 al 25 aprile 1945.

FORLÌ: IL VECCHIO E IL BAMBINO E L’ESTATE DEL ’44 Giovedì 23 aprile 2015, ore 20.30, teatro Apollo, via Mentana, Forlì, spettacolo teatrale “Il vecchio e il bambino e l’estate del ’44”, regia di Denio Derni e Fabrizio Sirotti.
Ingresso libero.

FORLÌ: UNA MONTAGNA DI… IMMAGINI Giovedì 23 aprile 2015, ore 21.00, Sala San Francesco, via Marcolini 4, Forlì, proiezione del documentario “La via italiana al Cervino” che illustra la salita al Cervino per il versante italiano. L’iniziativa è promossa dal Club Alpino Italiano di Forlì.
Ingresso libero.

FORLÌ: I FORLIVESI E LA GRANDE GUERRA Venerdì 24 aprile 2015, ore 17.00, Palazzo del Monte di Pietà, corso Garibaldi 37, Forlì, inaugurazione della mostra “I Forlivesi e la Grande Guerra”. Interverranno: Roberto Pinza, presidente della Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì, Davide Drei, sindaco di Forlì, e, a nome dei curatori della mostra, Giovanni Tassani.
Ingresso libero

FORLÌ: UNA SERATA A CASA SAFFI TRA STORIA, CULTURA, ARTE E MUSICA Venerdì 24 aprile 2015, ore 20.30, via Albicini 25 Forlì, apertura straordinaria di Casa Saffi in occasione del settantesimo della Liberazione. La serata, promossa dall’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea, inizierà con la visita guidata alla mostra permanente di Francesco Olivucci condotta da Flavia Bugani. Seguirà alle ore 21.15 la tavola rotonda con Maurizio Ridolfi su “Colori e passioni della politica nella storia d’Italia”. L’incontro proseguirà con la musica del Trio Iftode, che proporrà brani della tradizione risorgimentale e della Resistenza, e il brindisi di mezzanotte al 25 aprile.
Ingresso libero.

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Romagna

Fusioni, infrastrutture, ambiente, rapporto con la Regione, rifiuti: l’intervista al “Resto del Carlino”

Di seguito una intervista pubblicata lunedì 20 aprile sull’edizione di Forlì de “Il Resto del Carlino”. Molti gli argomenti trattati, dalle questioni legate all’ambiente allo sviluppo locale, dalle grande infrastrutture alla legge elettorale.

Scarica l’intervista