Sono intervenuto al “Digital & Payment summit” di Roma, evento annuale dedicato all’evoluzione del sistema del digitale e dei pagamenti elettronici (cioè senza contante). Mi ha fatto molto piacere raccogliere l’invito degli organizzatori a portare il mio punto di vista sul tema, essendomene occupato più volte; è stata un’occasione molto utile anche per ascoltare il punto di vista degli operatori del mercato, delle Autorità di vigilanza e di tanti addetti ai lavori.
L’Italia sconta un ritardo strategico: siamo al di sotto della media europea e dei valori dei pagamenti digitali di molti nostri paesi partner. Ciò nonostante un incremento considerevole si è registrato negli ultimi tempi. Oltre il 15% degli acquisti online nel 2018 si svolgerà attraverso i New Digital Payment; negli ultimi due anni gli acquisti con smartphone sono aumentati del 48% e le carte contactless passano da 12 a 20 milioni. Oltre 500mila sono i POS abilitati a queste nuove forme di pagamento. Insomma, l’Italia si sta, seppur lentamente, attrezzando per accettare e vincere la sfida. Che potremmo vincerla davvero solo se cambieremo il punto di vista, trasformandolo da problema a opportunità.
Colmare questo gap è importante non tanto per risalire le statistiche, ma perchè l‘incremento dei pagamenti digitali permette maggiore trasparenza, emersione del nero, efficienza, miglior produttività. Abbiamo quindi il dovere di insistere su questo settore, sapendo che i pagamenti digitali nei prossimi anni verranno trainati soprattutto dalla diffusione dei contactless card payments (pagamenti carta con chip, sotto i 25€ senza PIN) e dai mobile payments (pagamenti da telefonini).
Uno sviluppo che sarà trainato soprattutto dalla crescita di operatori di grande dimensioni e che possono vantare dalla loro migliori di clienti attivi e potenziali perchè già fidelizzati per altre tipologie di servizi (mi riferisco a servizi come, ad esempio, ApplePay, SamsungPAY, AmazonPay, AliPay, ecc.).
Va poi considerato che oltre ai pagamenti in-store, i mobile payments abilitano il cosiddetto peer2peer (P2P) cioè lo scambio di soldi tra privati (es: per dividere il conto del ristorante). Un mercato nel quale sta per tuffarsi un altro operatore dal potenziale enorme di utilizzatori, WhatsApp.
In questo quadro il parlamento si è mosso nella scorsa legislatura assieme al Governo con il recepimento della direttiva europea sui pagamenti elettronici, la PSD2 (Payment Service Directive 2) prevedendo, nell’apposito decreto legislativo entrato in vigore a gennaio di quest’anno, misure a tutela dei consumatori e degli esercenti.
Si è posto un tetto alle commissioni interbancarie, portandolo allo 0,2% rispetto ad una media precedente dello 0,5% sulle carte di debito e al 0,3% dallo 0,7% sulle carte di credito. Mentre prima le commissioni erano modificabili dai circuiti, grazie al limite massimo che è stato introdotto si assicurano trasparenza e omogeneità, favorendo così la concorrenza sulla qualità del servizio offerto e non più (solo) sulle commissioni.
Inoltre i prestatori di servizi di pagamento sono tenuti ad applicare, per tutti i tipi di carte, commissioni di importo ridotto per i pagamenti fino a 5 euro rispetto a quelle applicate alle operazioni di importo pari o superiore, così da promuovere l’utilizzo delle carte anche per cifre molto basse
A protezione dei consumatori è previsto un regime di responsabilità ridotta nel caso di pagamenti non autorizzati; il decreto, infatti, abbassa la franchigia massima a carico degli utenti da 150 a 50 euro (salvo i casi di dolo o colpa grave).
Queste sono solo alcune delle novità introdotte. Ciò significa che il compito del legislatore si è esaurito? Assolutamente no, ma il nuovo parlamento e il nuovo governo trovano un terreno arato su cui seminare nuovi interventi di incentivazione, sostegno e promozione dei pagamenti digitali come forma di maggior trasparenza per cittadini, imprese e Stato.
Credo che un’azione importante andrebbe intrapresa sul fronte dell’educazione finanziaria, promuovendo una massiccia campagna di comunicazione sui mezzi di massa per sostenere la convenienza e l’affidabilità dei pagamenti digitali. Perchè ancora troppe persone pensano che un pagamento in contanti sia più sicuro di uno elettronico e ancora troppi operatori economici faticano a compiere il salto di qualità. A partire dal tassista che mi ha riaccompagnato in ufficio dopo il convegno, che non accettava carte di credito, bancomat o altri strumenti immateriali: a dimostrazione del fatto che non bastano le leggi, ma serve anche e soprattutto un cambio di passo culturale.