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Nuovi presidenti di Camera e Senato: il problema non è il loro passato, ma il presente e il futuro

Nessuno dei due presidenti delle Camere ha il mio apprezzamento. Se ci fosse stata una terza Camera, probabilmente non mi sarebbe piaciuto nemmeno il presidente che avrebbero scelto per quella, visti i criteri seguiti per individuare i primi due.

Tuttavia i partiti che sono stati maggiormente votati dagli italiani e che dispongono della maggioranza assoluta in parlamento, hanno scelto Ignazio La Russa e Lorenzo Fontana. Non li apprezzo, ma li rispetto per il ruolo che ricoprono.

Ritengo che quegli stessi partiti avrebbero potuto puntare su figure più autorevoli e idonee – e conoscendone alcuni so bene che esistono – a ricoprire il ruolo di seconda e terza più alta carica dello Stato (dopo il Presidente della Repubblica), ma tant’è. Avevano il diritto di scegliere, così come tutti noi abbiamo il diritto di commentare.

A me, ad esempio, preoccupa molto la posizione filo-russa del presidente Fontana sulla Russia; che non è solo un errore di gioventù, bensì una consolidata convinzione espressa fino a pochi giorni prima dell’invasione dell’Ucraina e confermata dal tacito rinnovo dell’accordo di collaborazione tra Lega e Nuova Russia (il partito di Putin) avvenuto a marzo di quest’anno, a guerra già iniziata. Fontana è, tra le altre cose, anche responsabile Esteri della Lega.

È vero che il presidente della Camera non è il ministro degli Esteri, ma chiunque conosca un poco il funzionamento delle istituzioni sa quanto sia rilevante la funzione che la diplomazia parlamentare può svolgere nel condizionare i processi decisionali e la linea di politica estera.
Nonostante le mie perplessità sui profili dei due presidenti, non condivido che si usino il dileggio, la denigrazione e lo sdegno per commentare un procedimento lineare, regolare, legittimo, previsto dalla Costituzione. Cosa ci si aspettava, l’elezione di qualche raffinato costituzionalista (peraltro quelli che c’erano non sono stati ricandidati o posti in posizioni ineleggibili dai partiti di opposizione)?

Li giudicheremo da come agiranno, dalle loro scelte, dal rispetto del ruolo dell’opposizione e della loro capacità di rappresentare tutti e non solo una solo una parte. Ma sono pur sempre i presidenti del nostro parlamento (che a sua volta, non lo si dimentichi mai, è lo specchio del Paese) e dunque il rispetto è doveroso. “Rispetto” è una parola dal significato diverso da “apprezzamento”.

Quello che lascia amarezza, piuttosto, è che i leader della destra abbiano scelto due figure marcatamente identitarie e in linea con il cliché sovranista, integralista, anti-europeista, incerto sull’adesione alla NATO. Figura ambigue nel giudizio sulla storia e sul presente: Meloni e Salvini hanno preferito marcare il territorio del proprio elettorato, soprattutto di quello più estremo, anziché dare i segnali di discontinuità promessi in campagna elettorale. Vedremo cosa accadrà con la composizione del Governo.

Ad ogni modo, La Russa e Fontana siedono su quegli scranni non a seguito di un colpo di Stato, ma perché il loro schieramento è stato votato dalla maggioranza degli elettori e li ha scelti per quei ruoli. Piacciano o meno (e a me non piacciono) è così e va accettato: si chiama democrazia.

Gli esponenti delle forze politiche che non li apprezzano ci risparmino commenti con toni da deriva autoritaria o lascino stare il ricorso all’Aventino (che è stata una scelta estrema compiuta in una fase di vere privazioni di libertà e democrazia): si organizzino, semmai, per esser più competitivi alle prossime elezioni ed avere una composizione del parlamento che ci assicuri personalità diverse ai vertici dello Stato.

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Romagna

Predappio, la ‘comfort-zone’ di tanti e l’impegno di pochi per un progetto che pensi in grande

Per fortuna c’è Predappio, con il peso della sua storia e della dannata memoria del suo cittadino più (tristemente) celebre. Una bella dichiarazione indignata contro qualche decisione controversa (come quella di negare il patrocinio ad Anpi), un post contro i nostalgici in occasione dell’anniversario della marcia su Roma o un avvertimento con il rischio di “deriva fascista” che fa sempre scena. Perchè senza Predappio e questi annessi e connessi, tanti signori e signore avrebbero ben poco da dire.

Invece più che dire, ci sarebbe tanto da fare per togliere Predappio da questo cono d’ombra, da questo conflitto permanente tra “buoni e cattivi”, da questa continua analisi del sangue di anti-fascismo: se non ti uniformi ai toni delle condanne sei poco antifascista, se non sei iscritto all’associazione o al partito “giusto” sei da guardare con sospetto, se non dici nulla sei quasi accusato di connivenza.

Così non si esce da questa gabbia ideologica, che però fa tanto comodo a benpensanti di una parte e dell’altra. Ciò che serve, invece, è agire concretamente per estrarre Predappio da questo pantano, lavorare sul suo valore simbolico per costruire un progetto culturale, educativo e storico che consenta a tutti coloro che hanno voglia di farlo di approfondire un pezzo della storia d’Italia col quale non siamo ancora riusciti a fare i conti. Nonostante siano passati più di 80 anni.

Dei tanti politici che anche in queste ore si sono espressi sul mancato riconoscimento del patrocinio all’iniziativa organizzata da Anpi per la liberazione di Predappio (un errore che si poteva e doveva evitare), pochissimi hanno visitato il paese; ancor meno hanno parlato con le persone che ci vivono; nessuno o quasi si è cimentato col difficilissimo compito di realizzare un progetto ambizioso e multidisciplinare di valorizzazione di Predappio. Una località che può diventare il simbolo di un’Italia che guarda al futuro con la consapevolezza del proprio passato.

Anzi, molti di quelli che oggi si indignano in passato hanno ostacolato i progetti di chi si è battuto per salvare Predappio dalla lotta nel fango delle accuse incrociate, del revisionismo storico, delle carnevalate dei nostalgici. Perchè a tanti fa comodo che Predappio rimanga così.

Penso, invece, che chi non si riconosce nel continuo scontro ideologico che si consuma ad ogni data-simbolo (soprattutto gli anniversari della marcia su Roma e della morte di Mussolini), abbia il dovere di unire gli sforzi e lavorare per realizzare qualcosa di alto profilo, di ambizioso, di grande. Che parta da Predappio avendo l’ambizione di parlare all’Italia, all’Europa e al mondo.

Certo per farlo occorre studiare, approfondire, cercare collegamenti con istituti di ricerca e università, coinvolgere enti pubblici e privati, avere una visione di ampio respiro e che va oltre i mandati elettorali. Servono generosità, lungimiranza e capacità mettere insieme persone che hanno posizioni politiche diverse, ma che sono unite dal medesimo obiettivo.

C’è qualcuno che ha davvero voglia di impegnarsi, concretamente, su questo? Io alzo la mano, in fondo è un lavoro che era già stato avviato e a cui avevo contribuito. Si può perfezionare, affinare, migliorare, accrescere; oppure si può lasciar cadere nel vuoto per perpetuare una condizione ormai divenuta stucchevole al punto da interessare sempre meno persone.

Mi rendo conto quanto sia più comodo e meno rischioso rimanere nella comfort-zone dei pensieri standardizzati, nelle consuetudini che da tempo chiudono Predappio in una serie di stereotipi che bloccano sul nascere la potenza di un messaggio globale che proprio da qui, invece, potrebbe partire.

E portare benefici in termini di visitatori, indotto e – per ultimo, ma a mio avviso più importante – piena consapevolezza di ciò che siamo stati, di come è stato possibile che sia avvenuto quel che Liliana Segre ha ricordato, tra gli applausi unanimi, durante il suo discorso al Senato che ha aperto questa legislatura. Una consapevolezza di cruciale importanza per una comunità che vuole costruire un solido futuro.

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Politica PrimoPiano

Finisce il mio mandato parlamentare, comincia un nuovo capitolo della mia vita

Domani, con la prima seduta di Camera e Senato, comincia formalmente la XIX legislatura della Repubblica italiana. Oggi, dunque, si conclude definitivamente il mio mandato parlamentare: 9 anni, 6 mesi e 28 giorni in cui ho cercato di adempiere al mio mandato con disciplina e onore (come prevede la Costituzione), mettendoci tutto me stesso.

È stato un onore rappresentare qui il mio territorio, quello in cui sono nato, cresciuto e vivo da sempre con la mia famiglia. Il territorio in cui ho condotto tutte le mie battaglie, da cui sono stato eletto e nel quale continuerò a essere cittadino attivo.

Ho cercato di seguire tutte le innumerevoli e variegate questioni di cui ci siamo occupati, approfondendo, studiando, girando, chiedendo e ascoltando chi ne sapeva di più.
E allo stesso ho provato a cogliere le opportunità, affrontare i problemi, dare risposte a tutti coloro che ne avevano bisogno sul mio territorio (e non solo) senza fare distinzioni di orientamento politico.

Mi sono imposto di avere uno sguardo sempre aperto all’Europa e al mondo, al posizionamento internazionale dell’Italia e alle relazioni che ho potuto direttamente contribuire a rafforzare con alcuni stati. Perché l’Italia è un grande Paese e chi la rappresenta ha il dovere di conoscere e capire cosa accade anche fuori dai nostri confini.

Sento forte l’orgoglio e la consapevolezza di aver agito sempre secondo ciò che ho ritenuto più utile all’Italia prima anziché aver seguito prediletto le mie convenienze o quelle della mia parte. E ne sono orgoglioso. Auguro a tutti i nuovi parlamentari di avere la stessa libertà, requisito fondamentale per poter agire con questo spirito. Con spirito repubblicano nell’interesse supremo dell’Italia.

Termino il mio mandato col sorriso e con gratitudine per aver avuto l’incommensurabile onore di contribuire ai massimi livelli alla vita del nostro Paese. Ma più che guardare indietro, a destra o a sinistra, mi piace guardare avanti.

La passione per la democrazia, per le istituzioni e il loro funzionamento, per la politica e l’amore per l’Italia, non si esauriscono certo con la conclusione di questo incarico.

Continuerò, dunque, a impegnarmi nelle forme in cui avrò possibilità e voglia di farlo, magari anche continuando a condividere con voi riflessioni, pensieri, opinioni.

Intanto un augurio di buon lavoro al nuovo parlamento e buona fortuna a tutti noi.
Viva l’Italia!