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Approvata la “riforma” della Giustizia: le principali novità

Con il via libera del Senato è legge la riforma dell’ordinamento giudiziario e del Consiglio superiore della magistratura. Ecco le principali norme contenute nel testo.

SISTEMA ELETTORALE CSM – Il sistema proposto è misto: binominale con quota proporzionale e prevede il sorteggio dei distretti di Corte d’Appello per formare i collegi. I collegi binominali eleggono due componenti del Csm l’uno, ma si prevede per i giudicanti una distribuzione proporzionale di 5 seggi a livello nazionale (incrementata la quota proporzionale rispetto alle proposte iniziali sul recupero dei cd ‘migliori terzi’) e per i requirenti il recupero di 1 miglior terzo.COMPOSIZIONE CSM – Il ‘nuovo’ Csm sarà composto da 30 membri (cui si aggiungono i tre componenti di diritto: presidente della Repubblica; primo Presidente di Cassazione; procuratore generale Cassazione): 20 togati (2 legittimità; 5 pm; 13 giudicanti) e 10 laici.

CANDIDATURE CSM – Non sono previste le liste. Il sistema si basa su candidature individuali. Ciascun candidato presenta liberamente la sua candidatura – anche nel suo distretto – (senza necessità di presentatori) a livello di collegio binominale. Devono esserci un minimo di 6 candidati in ogni collegio binominale, di cui almeno la metà del genere meno rappresentato. Se non arrivano candidature spontanee o non si garantisce la parità di genere si integra con sorteggio per arrivare al minimo dei candidati previsti; sorteggio previsto anche per riequilibrare le candidature del genere meno rappresentato.

STOP NOMINE A PACCHETTO – Per gli incarichi direttivi/semidirettivi, l’assegnazione degli incarichi si decide in base all’ordine cronologico delle scoperture, per evitare le cosiddette nomine a pacchetto. Il testo valorizza molto la formazione, prevedendo corsi di formazione per tutti sia prima di aver accesso alla funzione che dopo. Si valorizza nella scelta del candidato il possesso di caratteristiche rilevanti rispetto allo specifico posto messo a concorso; si rendono trasparenti le procedure di selezione, con pubblicazione sul sito del CSM di tutti i dati del procedimento e i vari curricula; si dà modo di partecipare alle scelte su direttivi e semidirettivi anche ai magistrati dell’ufficio del candidato. Si prevede l’obbligo di audizione di non meno di 3 candidati per quel posto.

‘PORTE GIREVOLI’/ELEGGIBILITÀ – Divieto di esercitare in contemporanea funzioni giurisdizionali e ricoprire incarichi elettivi e governativi, come invece possibile oggi. Lo stop vale sia per cariche elettive nazionali e locali; sia per gli incarichi di governo nazionali/regionali e locali. Previsto l’obbligo di collocarsi in aspettativa (senza assegni in caso di incarichi locali) per l’assunzione dell’incarico (oggi – almeno in alcuni casi – c’è cumulo di indennità con stipendio del magistrato). Si introducono divieti che impediscano il ripetersi di casi di magistrati che svolgano in contemporanea funzioni giurisdizionali e incarichi politici, anche se in altro territorio. In particolare, per le cariche elettive nazionali, regionali, province autonome di Trento e Bolzano, Parlamento Europeo, e per gli incarichi di assessore e sottosegretario regionale, si prevede che i magistrati non siano eleggibili nella regione, in cui è compreso in tutto o in parte l’ufficio giudiziario in cui hanno prestato servizio negli ultimi tre anni. Per le cariche di sindaco/consigliere/assessore comunale, non puoi candidarti se presti servizio o hai prestato servizio nei tre anni precedenti la data di accettazione della candidatura presso sedi o uffici giudiziari con competenza ricadente in tutto o in parte nel territorio della provincia in cui è compreso il comune o nelle province limitrofe.

‘PORTE GIREVOLI’/RICOLLOCAMENTO – Per il ricollocamento dei magistrati ordinari/amministrativi/contabili e militari si distinguono diverse ipotesi: cariche elettive; incarichi di governo (con un mandato di almeno un anno); candidati non eletti; capi di gabinetto, capi dipartimento e segretari generali ministeri. I magistrati che hanno ricoperto cariche elettive di qualunque tipo al termine del mandato non possono più tornare a svolgere alcuna funzione giurisdizionale. I magistrati ordinari vengono collocati fuori ruolo presso il ministero di appartenenza e altre amministrazioni ministeriali, oltre che presso l’Avvocatura dello Stato (ma questo ad ora è un subemendamento non ancora votato). Per i magistrati amministrativi e contabili è prevista la collocazione presso la Presidenza del Consiglio dei ministri. I magistrati che si sono candidati in competizioni elettorali e non sono stati eletti per tre anni non possono tornare a lavorare nella regione che ricomprende la circoscrizione elettorale in cui si sono candidati né in quella in cui si trova il distretto dove lavoravano, in più non possono assumere incarichi direttivi e svolgere le funzioni penali più delicate (pm e gip/gup). Se provenivano da uffici con competenza nazionale (ad esempio la cassazione), non possono svolgere funzioni direttamente giurisdizionali per tre anni. Per i magistrati con incarichi apicali, dopo un mandato di almeno un anno, restano per ancora un anno fuori ruolo – ma non in posizioni apicali – e poi rientrano, ma per tre anni non possono ricoprire incarichi direttivi.

COMMISSIONE DISCIPLINARE CSM – Si introduce l’incompatibilità, per i membri effettivi della sezione disciplinare, a partecipare alle commissioni I, III, IV e V – quelle che decidono su incarichi direttivi e semidirettivi, trasferimenti di ufficio e valutazioni di professionalità.

COLLOCAMENTO FUORI RUOLO – Riduzione del numero massimo dei magistrati fuori ruolo (oggi 200): è un principio di delega, si stabilirà poi, con i decreti attuativi, il nuovo numero ridotto dei magistrati fuori ruolo. Prevista una delega per creare una tipizzazione delle tipologie di incarichi extragiudiziari, per i quali è previsto il collocamento fuori ruolo e di quelli per cui è prevista l’aspettativa; no al collocamento fuori ruolo non prima di 10 anni di effettivo esercizio delle funzioni giurisdizionali né se c’è scopertura nell’ufficio di appartenenza. In più deve intercorrere un periodo di tempo tra un incarico di fuori ruolo e l’altro e il limite massimo è abbassato a 7 anni (con eccezione a 10 anni per organi costituzionali, di rilievo costituzionale, per organi di governo).

ACCESSO IN MAGISTRATURA – Accessibilità al concorso direttamente dopo la laurea (decade l’obbligo di frequenza delle scuole di specializzazione); valorizzazione tirocini formativi e ufficio per il processo; attribuzione alla Scuola Superiore della Magistratura dell’organizzazione di corsi di preparazione al concorso in magistratura per i tirocinanti e per chi abbia svolto funzioni nell’ufficio per il processo PNRR; previsione di tre elaborati scritti e di riduzione delle materie orali.

PASSAGGI DI FUNZIONE – Previsto un solo passaggio di funzione tra requirenti e giudicante penale entro i 10 anni dall’assegnazione della prima sede; limite che non opera per il passaggio al settore civile o dal settore civile alle funzioni requirenti nonché per il passaggio alla procura generale presso la cassazione anche qui si tratta di subemendamenti ad oggi non votati.

FASCICOLO PERSONALE MAGISTRATO – Esiste già il fascicolo di ogni toga, ora si prevede ‘l’istituzione fascicolo per la valutazione del magistrato, contenente per ogni anno di attività i dati statistici e la documentazione necessaria per valutare il complesso dell’attività svolta, inclusa quella cautelare, sotto il profilo sia quantitativo che qualitativo, la tempestività nell’adozione dei provvedimenti, la sussistenza di caratteri di grave anomalia in relazione all’esito degli atti e dei provvedimenti nelle successive fasi di giudizio’. Per via Arenula, in ogni caso, il fascicolo contiene dati, non valutazioni di merito.

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L’attualità di Falcone e Borsellino, un insegnamento che resterà per sempre nella coscienza collettiva del Paese

Su una collinetta nei pressi di Capaci, vicino a Palremo, il 23 maggio di 30 anni fa Giovanni Brusca spinse il pulsante che fece saltare per aria l’auto su cui viaggiava il giudice Giovanni Falcone. Due mesi dopo, analoga sorte toccò ad un altro magistrato impegnato in prima linea contro la criminalità organizzata, Paolo Borsellino, trucidato in via D’Amelio a Palermo. Entrambi vennero spazzati via assieme alle loro scorte. Con Falcone c’era anche la moglie Francesca Morvillo.

Sono i due attentati che hanno segnato l’epoca delle stragi, con cui la mafia sperava di fermare la lotta spietata che il pool di magistrati palermitani stava conducendo contro ‘cosa nostra’. In realtà ottennero l’effetto contrario: innescarono un moto di ribellione civile che ha portato consapevolezza, impegno, passione civica in tanti cittadini che fino ad allora avevano una visione parziale e lontana dei metodi mafiosi.

A distanza di 30 anni tendiamo a ricordare Giovanni e Paolo come eroi, vessillo di giustizia, ispirazione per quanti hanno deciso, negli anni a venire, di studiare legge e raccogliere quel testimone. Due miti per i tanti che hanno imboccato altre strade eppure sono rimasti colpiti dalla vicenda di Falcone e Borsellino. A volte ci si dimentica, però, che erano profondamente umani e come tali, pieni di fragilità, debolezze, paure. Ma ciò che li ha resi immortali è stata proprio la convinzione della dimensione umana di ogni fenomeno, anche della mafia, in quanto tale passibile di sconfitta.

Questa stessa convinzione è il regalo più grande di Falcone e Borsellino, persone normali ma con un coraggio fuori dal comune.

Non bisogna possedere superpoteri per rendere questo mondo un po’ più giusto; occorre, però, sentire forte il senso del dovere, promuovere il valore della legalità, interpretare il proprio lavoro come servire.

Significa mettere in fila tante piccole azioni quotidiane per negare cittadinanza agli abusi, alla prepotenza, all’illegalità, alle ingiustizie; significa avere sempre lo sguardo rivolto verso quel faro che è la nostra Carta Costituzionale, imperfettamente bella, che nella sua prima parte consente e non vieta, garantisce e non limita; significa impegnarsi per restituire piena dignità ai poteri dello Stato, separati, liberi nella propria autonomia; significa legiferare con ragionevolezza, indagare con lucidità, giudicare con imparzialità. Declinare la giustizia secondo i canoni costituzionali del garantismo.

E allora, 30 anni dopo, la strada da percorrere è lunga. Ma è umana e, quindi, possibile; ed è doverosa, per non disperdere quel patrimonio morale e giuridico che ci è stato lasciato in eredità

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Giustizia PrimoPiano

Approvata la non-riforma del Csm: restano irrisolti i nodi più importanti

Dalla stretta alle porte girevoli alla possibilità per i magistrati di un solo passaggio di funzioni nel corso della carriera. Ma anche il fascicolo delle performance per le valutazioni di professionalità e nuovi illeciti disciplinari per chi non rispetta la presunzione di innocenza. Nonostante il Governo si sia impegnato a non porre la fiducia sulla riforma del Csm e dell’ordinamento giudiziario, ha tuttavia richiesto ai partiti di lavorare sul testo alla Camera, senza apportare nuove modifiche al Senato ( eventualità che implicherebbe un ulteriore passaggio a Montecitorio e finirebbe per allungare i tempi previsti per l’approvazione definitiva).

Come Italia Viva non abbiamo votato a favore della riforma, astenendoci, sia perchè non condividiamo l’idea che i provvedimenti diversi dai decreti legge debbano essere esaminati da un solo ramo del parlamento; sia perchè pensiamo che il testo non si sufficiente per contrastare il potere delle corrente, valorizzare il merito, contrastare i privilegi (come ad esempio i doppi stipendi).

Vediamo le principali modifiche apportate al testo dopo l’ok alla Camera

AUMENTANO I MEMBRI DEL CSM Elevato da 24 a 30 il numero dei componenti del Csm. Tra i membri di diritto sono ricompresi il presidente della Repubblica, il primo presidente di Cassazione e il procuratore generale della Cassazione. Nel dettaglio, i componenti togati passeranno da 16 a 20, mentre i membri laici da 8 a 10. Per questi ultimi (eletti dal Parlamento), la parità di genere dovrà essere garantita al momento della candidatura e non più tra gli eletti, in base agli articoli 3 e 51 della Costituzione.

MAGGIORITARIO BINOMINALE E DEFINIZIONE COLLEGI PER DECRETO Via libera alla ridefinizione del sistema di elezione della componente togata del Consiglio superiore della magistratura, con la determinazione dei collegi che avverrà attraverso decreto del ministero della Giustizia, previo parere del Csm, al fine di “garantire che tutti i magistrati del singolo distretto di Corte d’appello siano inclusi nel medesimo collegio e che vi sia continuità territoriale tra i distretti inclusi nei singoli collegi”. Le nuove regole introducono poi un sistema misto, maggioritario binominale con quota proporzionale. I collegi binominali eleggeranno due componenti del Csm l’uno, ma sarà prevista anche una distribuzione proporzionale di 5 seggi a livello nazionale per i giudicanti, e il recupero di 1 miglior terzo per quelli requirenti. A livello di collegio binominale, le candidature individuali prenderanno il posto delle liste, per un minimo di sei candidati in ogni collegio, di cui almeno 3 del genere meno rappresentato. In caso di assenza del numero minimo dei candidati o dell’equilibrio di genere nelle candidature, si procederà con il sorteggio per arrivare al minimo dei candidati previsti; il sorteggio sarà previsto anche per riequilibrare le candidature del genere meno rappresentato.

STRETTA SULLE PORTE GIREVOLI TRA POLITICA E MAGISTRATURA I magistrati con incarichi elettivi e governativi (nazionali e locali) non potranno esercitare in contemporanea funzioni giurisdizionali. Per loro, al momento dell’assunzione di incarichi, scatterà l’obbligo di collocamento in aspettativa, senza assegni in caso di cariche locali. Per le altre, sarà conservato il trattamento economico, senza tuttavia “la possibilità di cumulo con l’indennità corrisposta in ragione della carica”. Al termine del mandato i magistrati che hanno ricoperto cariche elettive di qualunque tipo, non potranno più tornare a svolgere alcuna funzione giurisdizionale, mentre quelli che hanno svolto incarichi apicali (ad esempio capi di gabinetto, capi dipartimento e segretari generali dei ministeri) dopo un mandato di almeno un anno, resteranno per ancora un anno fuori ruolo – ma non in posizioni apicali – e poi rientreranno, ma per tre anni non potranno ricoprire incarichi direttivi. Per i magistrati candidati in competizioni elettorali e non eletti per tre anni non sarà possibile tornare a lavorare nella Regione che ricomprende la circoscrizione elettorale in cui si sono candidati, né in quella in cui si trova il distretto dove lavoravano, né potranno assumere incarichi direttivi e svolgere le funzioni penali più delicate (pm e gip/gup). Se provenienti da uffici con competenza nazionale (ad esempio la Cassazione), non potranno svolgere funzioni direttamente giurisdizionali per tre anni.

PER MAGISTRATI UN SOLO PASSAGGIO DI FUNZIONI Il passaggio da funzioni requirenti e giudicanti potrà essere effettuato una volta nel corso della carriera entro i 10 anni dall’assegnazione della prima sede (escluso quindi il periodo di tirocinio di 18 mesi). Trascorso tale periodo, sarà ancora consentito, per una sola volta: il passaggio dalle funzioni giudicanti alle funzioni requirenti, purché l’interessato non abbia mai svolto funzioni giudicanti penali; il passaggio dalle funzioni requirenti alle funzioni giudicanti civili o del lavoro, in un ufficio giudiziario diviso in sezioni, purché il magistrato non si trovi, neanche in qualità di sostituto, a svolgere funzioni giudicanti penali o miste.

FASCICOLO DELLE PERFORMANCE E VOTO AVVOCATI IN CONSIGLI GIUDIZIARI Per la valutazione di professionalità dei magistrati, il ruolo dei componenti laici dei consigli giudiziari verrà esteso, permettendo agli avvocati di esprimere voto unitario sul magistrato in verifica (sul punto è pendente il referendum abrogativo giudicato ammissibile dalla Corte costituzionale). Viene inoltre istituito il fascicolo della performance del magistrato che sarà preso in considerazione in sede di verifica della professionalità per l’attribuzione degli incarichi direttivi e semidirettivi, per la progressione economica e per l’attribuzione delle funzioni di reiterati giudizi non positivi. Il fascicolo conterrà per ogni anno di attività “i dati statistici e la documentazione necessaria per valutare il complesso dell’attività svolta, inclusa quella cautelare, sotto il profilo sia quantitativo che qualitativo, la tempestività dell’adozione dei provvedimenti, la sussistenza di caratteri di grave anomalia in relazione all’esito degli atti e dei provvedimenti nelle successive fasi o nei gradi del procedimento e del giudizio, nonché ogni altro elemento richiesto ai fini della valutazione”.

 STOP NOMINE A PACCHETTO PER INCARICHI DIRETTIVI Per evitare le cosiddette “nomine a pacchetto”, nell’assegnazione degli incarichi direttivi, si seguirà l’ordine di ‘scoperture’, salvo deroghe per gravi e giustificati motivi e ad eccezione dei posti di primo presidente e procuratore generale della Cassazione, di carattere prioritario. Tra i criteri di valutazione delle attitudini e del merito, si terrà conto delle specifiche competenze richieste per l’incarico al quale il candidato aspira, considerando le esperienze fatte in posizione di fuori ruolo, solo se idonee a favorire l’acquisizione di competenze coerenti con le funzioni direttive e semidirettive. In caso di parità nella valutazione, subentreranno due criteri residuali: anzitutto, il criterio del genere meno rappresentato (se a livello nazionale e distrettuale emerge nella copertura dei posti direttivi o semidirettivi, una significativa sproporzione tra i generi) e, infine, il criterio dell’anzianità. Per la trasparenza delle procedure di selezioni, si procederà con la pubblicazione sul sito del Csm di tutti i dati del procedimento, dando modo di partecipare alle scelte su direttivi e semidirettivi anche ai magistrati dell’ufficio del candidato e prevedendo l’obbligo di audizione di non meno di 3 candidati per quel posto. La delega, infine, impegna il Governo a ridurre il numero degli incarichi semidirettivi.

NUOVI ILLECITI DISCIPLINARI E TUTELA PRESUNZIONE INNOCENZA Tra i nuovi illeciti disciplinari vengono inserite le condotte relative alla violazione dei divieti riguardo ai rapporti tra organi requirenti ed organi di informazione. Mentre, a tutela della presunzione di innocenza, costituirà illecito “l’avere indotto l’emissione di un provvedimento restrittivo della libertà personale in assenza dei presupposti previsti dalla legge, omettendo di trasmettere al giudice, per negligenza grave ed inescusabile, elementi rilevanti”. Nell’elenco degli illeciti commessi nell’esercizio delle funzioni giudiziarie verrà considerato il mancato rispetto di misure relative alla funzionalità degli uffici e allo smaltimento dell’arretrato. Questo verrà punito con una sanzione non inferiore alla censura e, in caso di reiterazione, con “la temporanea incapacità di esercitare le funzioni direttive o semidirettive”.

CONCORSO IN MAGISTRATURA DOPO LAUREA Arrivano semplificazioni per ridurre i tempi di accesso in magistratura. Nello specifico, la norma approvata introduce la possibilità di accedere al concorso direttamente dopo la laurea, facendo decadere l’obbligo di frequenza delle scuole di specializzazione. Vengono valorizzati i tirocini formativi e attribuita alla Scuola superiore della magistratura l’organizzazione di corsi di preparazione al concorso in magistratura per i tirocinanti e per chi abbia svolto funzioni nell’ufficio per il processo del Pnrr. Inoltre, la prova scritta del concorso per magistrato ordinario consisterà in tre elaborati scritti, con la riduzione delle materie orali.

RIORDINO DISCIPLINA FUORI RUOLO PER TUTTE LE GIURISDIZIONI Via libera, infine, al riordino della disciplina del collocamento in posizione di fuori ruolo dei magistrati ordinari, contabili e amministrativi. Esclusi dalla delega i magistrati militari, considerati separatamente ai fini dell’eleggibilità e del ricollocamento. Potrà essere collocato fuori ruolo solo il magistrato che abbia svolto già per 10 anni le funzioni giudiziarie. Rientrando dopo 5 anni di fuori ruolo, il magistrato potrà essere nuovamente collocato fuori ruolo solo dopo aver svolto le funzioni giudiziarie per almeno 3 anni. Complessivamente, non potrà restare fuori ruolo per più di 7 anni, prolungati a 10 per specifici incarichi (presso gli organi costituzionali o di rilevanza costituzionale, gli organi del Governo e gli organismi internazionali). Inoltre, sarà consentito il collocamento fuori ruolo solo quando per l’incarico che il magistrato intende assumere risulti necessario il suo specifico grado di preparazione, competenza ed esperienza. Il fuori ruolo non potrà essere autorizzato se il magistrato esercita le proprie funzioni in una sede che presenta una rilevante scopertura di organico.

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Il Governo approva la riforma del Csm e dell’ordinamento giudiziario

Il Consiglio dei Ministri, in data 11 febbraio 2022, su proposta della Ministra della Giustizia, Marta Cartabia ha deciso di apportare alcune modifiche al ddl sull’ordinamento giudiziario e la modifica del Csm, già incardinato in Parlamento.

Per i membri togati del Consiglio superiore della magistratura (20), il sistema elettorale proposto si basa su collegi binominali, ma prevede cinque seggi eletti con sistema proporzionale. Non sono previste liste, ma candidature individuali.

Si introduce il divieto di esercitare in contemporanea funzioni giurisdizionali e ricoprire incarichi elettivi e governativi. Sia nazionali che locali.

Si prevede che i magistrati non siano eleggibili nelle regioni in cui è compreso l’ufficio giudiziario dove hanno prestato servizio negli ultimi tre anni. All’accettazione della candidatura, i magistrati devono essere posti in aspettativa senza assegno, con divieto di cumulo del trattamento economico con l’indennità prevista per la carica.

Quanto al ricollocamento dei magistrati ordinari/amministrativi/contabili e militari si stabilisce che:

I magistrati che hanno ricoperto cariche elettive di qualunque tipo o incarichi di governo (nazionale, regionale o locale) al termine del mandato non possono più tornare a svolgere alcuna funzione giurisdizionaleVengono collocati fuori ruolo.

I magistrati che si sono candidati in competizioni elettorali e non sono stati eletti per tre anni non possono svolgere funzioni giurisdizionali. La destinazione sarà poi individuata dai rispettivi organi di autogoverno.

La stessa disciplina – divieto di svolgere funzioni giurisdizionali per tre anni – si applica ai capi di gabinetto, ai segretari generali presso i ministeri o ai capi dipartimento.

Il Consiglio dei Ministri, in data 11 febbraio 2022, su proposta della Ministra della Giustizia, Marta Cartabia ha deciso di apportare alcune modifiche al ddl sull’ordinamento giudiziario e la modifica del Csm, già incardinato in Parlamento.

Per i membri togati del Consiglio superiore della magistratura (20), il sistema elettorale proposto si basa su collegi binominali, ma prevede cinque seggi eletti con sistema proporzionale. Non sono previste liste, ma candidature individuali.

Si introduce il divieto di esercitare in contemporanea funzioni giurisdizionali e ricoprire incarichi elettivi e governativi. Sia nazionali che locali.

Si prevede che i magistrati non siano eleggibili nelle regioni in cui è compreso l’ufficio giudiziario dove hanno prestato servizio negli ultimi tre anni. All’accettazione della candidatura, i magistrati devono essere posti in aspettativa senza assegno, con divieto di cumulo del trattamento economico con l’indennità prevista per la carica.

Quanto al ricollocamento dei magistrati ordinari/amministrativi/contabili e militari si stabilisce che:

I magistrati che hanno ricoperto cariche elettive di qualunque tipo o incarichi di governo (nazionale, regionale o locale) al termine del mandato non possono più tornare a svolgere alcuna funzione giurisdizionaleVengono collocati fuori ruolo.

I magistrati che si sono candidati in competizioni elettorali e non sono stati eletti per tre anni non possono svolgere funzioni giurisdizionali. La destinazione sarà poi individuata dai rispettivi organi di autogoverno.

La stessa disciplina – divieto di svolgere funzioni giurisdizionali per tre anni – si applica ai capi di gabinetto, ai segretari generali presso i ministeri o ai capi dipartimento.

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Decreto proroghe: dalla questione referendum all’uso dei “trojan”

Aumentano gli obblighi di motivazione in caso di utilizzo delle “nuove” intercettazioni giudiziarie, ovvero i captatori informatici (cosiddetti Trojan), proroga della scadenza per la consegna delle firme per i referendum, modifica della nomina a capo di stato maggiore della Difesa e proroga del versamento dell’Irap. Sono questi i contenuti principali del dl Proroghe-Irap approvate in via definitiva dal Senato dopo il via libera della Camera.
Vediamo nel dettaglio tutti i contenuti.

TABULATI TELEFONICI Il primo articolo del testo modifica il Codice della privacy, per circoscrivere l’accesso ai dati di traffico telefonico e telematico a fini delle indagine penali, consentendolo solo per gravi o specifici reati e richiedendo sempre l’autorizzazione o la convalida del giudice. L’intervento normativo dà seguito a una sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea. Durante l’esame in commissione Affari costituzionali alla Camera sono state introdotte alcune modifiche al testo, inserendo una disposizione che sanziona con l’inutilizzabilità l’acquisizione dei dati di traffico in violazione di legge ed introducendo una disciplina transitoria relativa ai dati di traffico acquisiti prima dell’entrata in vigore del decreto-legge, prevedendo che tali dati potranno essere utilizzati a carico dell’imputato solo unitamente ad altri elementi di prova e per l’accertamento dei gravi o specifici reati. Un’ulteriore modifica riguarda il contenuto del decreto del giudice che autorizza le intercettazioni mediante captatore informatico (cosiddetti trojan), prevedendo che le ragioni che rendono necessaria tale modalità per lo svolgimento delle indagini, debbano essere “specifiche”.

 DIFESA Il provvedimento rivede anche il Codice dell’ordinamento militare riguardo ai presupposti per la nomina a capo di stato maggiore della Difesa, per consentire il conferimento dell’incarico anche ai capi di stato maggiore di Forza armata che nel corso del triennio di comando abbiano raggiunto i limiti di età e pertanto stiano completando il mandato in posizione di richiamo in servizio “automatico”. Con una modifica introdotta nel corso dei lavori della I commissione, vengono ridotti, relativamente agli anni 2021, 2022 e 2023, i periodi minimi di comando necessari per l’inserimento del personale militare nelle aliquote di valutazione per l’avanzamento degli ufficiali.

REFERENDUM Uno degli argomenti che più hanno fatto discutere sicuramente è quello relativo al tema dei referendum Il provvedimento governativo, fin da subito, ha prorogato dal 30 settembre al 31 ottobre 2021 il termine per il deposito delle sottoscrizioni e dei certificati elettorali dei sottoscrittori presso la Corte di Cassazione da parte dei promotori delle richieste di referendum abrogativi annunciate nella Gazzetta ufficiale dal 15 giugno 2021 al 30 settembre 2021. Una norma che riguarda in particolare il referendum sulla legalizzazione della cannabis. Durante i lavori della commissione a Montecitorio sia la Lega sia Fratelli d’Italia ha chiesto di stralciare la disposizione presentando un emendamento soppressivo, respinto dopo un lungo dibattito. Inoltre, il decreto differisce di un mese anche i termini per le connesse verifiche di regolarità delle sottoscrizioni e di ammissibilità del quesito referendario.

 ASSEGNO TEMPORANEO L’articolo 4 del dl Proroghe-Irap dispone la proroga dal 30 settembre 2021 al 31 ottobre 2021 di un termine temporale specifico nell’ambito della disciplina delle domande relative all’assegno temporaneo per i figli minori, ovvero la disposizione transitoria in essere dal 1° luglio 2021 al 31 dicembre di quest’anno. Il termine oggetto di proroga è stato deciso al fine del riconoscimento anche delle mensilità arretrate dell’assegno, mentre, nei casi di presentazione della domanda oltre tale termine, l’assegno sarà riconosciuto esclusivamente dal mese di presentazione della domanda. 

IRAP Infine, l’ultimo articolo del provvedimento proroga dal 30 settembre al 30 novembre 2021 il termine per il versamento, senza sanzioni e interessi, dell’Irap non versata e sospesa ai sensi dell’articolo 24 del decreto-legge n. 34 del 2020 (il cosiddetto dl Rilancio), in caso di errata applicazione delle disposizioni relative alla determinazione dei limiti e delle condizioni previsti dalla comunicazione della commissione europea sul “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del Covid-19”.

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Giustizia PrimoPiano

Riforma del Penale, si chiude l’era del giustizialismo. La sintesi di tutti i contenuti

Col voto di domenica pomeriggio alla Camera si sono respinte le pregiudiziali di costituzionalità sul disegno di legge delega per la modifica del processo penale presentato dall’ex Guardasigilli Alfonso Bonafede durante il governo Conte II e profondamente modificato dagli emendamenti dell’attuale Ministra Marta Cartabia.

Il cambio di passo è radicale, tanto che possiamo dire definitivamente archiviata l’impostazione dell’ex ministro, di stampo giustizialista e che tendeva al processo infinito. Con l’avvento del Governo Draghi e di una personalità come Cartabia a guidare quel ministero (è stata giudice e componente della Corte costituzionale) si ripristinano finalmente norme di civiltà e rispondenti ai criteri dello stato di diritto.

Trattandosi di legge delega, entro un anno il governo dovrà approvare i decreti attuativi, eccezion fatta per le norme sulla prescrizione che entrano immediatamente in vigore.

Di seguito le principali novità

PRESCRIZIONE E IMPROCEDIBILITA’
La riforma Cartabia riguarda solo i reati commessi dopo il primo gennaio 2020. E’ confermata l’attuale disciplina della prescrizione, che prevede lo stop alla prescrizione dopo la sentenza di primo grado (sia in caso di condanna sia in caso di assoluzione). Tuttavia la mancata definizione del giudizio di appello entro il termine di due anni e del giudizio di Cassazione entro un anno costituisce causa di improcedibilità dell’azione penale. I reati puniti con l’ergastolo restano esclusi dalla disciplina dell’improcedibilità. L’improcedibilità non ha luogo quando l’imputato chiede la prosecuzione del processo.

PROROGHE
Quando il giudizio di impugnazione è particolarmente complesso i termini di due anni in appello e un anno in Cassazione sono prorogati, con ordinanza motivata del giudice, per un periodo non superiore a un anno nel giudizio di appello e sei mesi in Cassazione. Ulteriori proroghe possono essere disposte quando si procede per alcuni gravi reati: associazione di stampo mafioso, voto di scambio politico-mafioso, terrorismo, violenza sessuale e associazione criminale finalizzata al traffico di stupefacenti. Per questi reati, non c’è un limite al numero di proroghe, che vanno però sempre motivate dal giudice sulla base della complessità concreta del processo. 

REATI CON AGGRAVANTE MAFIOSA
Per i reati con aggravante mafiosa relativi all’articolo 416 bis.1 primo comma del codice penale i periodi di proroga non possono superare complessivamente tre anni in appello e un anno e sei mesi in Cassazione. Quindi il processo potrà durare fino a 5 anni in appello e a 2 anni e mezzo in Cassazione. RICORSI Contro l’ordinanza che dispone la proroga l’imputato e il suo difensore possono proporre ricorso in Cassazione entro cinque giorni dalla lettura dell’ordinanza. Il ricorso non ha effetto sospensivo, la Corte decide entro trenta giorni. La decisione della Corte non è impugnabile. 

NORMA TRANSITORIA
La riforma entra in vigore gradualmente, per consentire agli uffici giudiziari di organizzarsi; anche tenendo conto dell’arrivo dei 16.500 assistenti dei magistrati, previsti dall’Ufficio del processo; e dei circa 5mila per il personale amministrativo (vengono immesse oltre 20mila persone). Quindi per le impugnazioni proposte entro il 31 dicembre 2024, i termini saranno più lunghi per tutti i processi: 3 anni in appello e 1 anno e 6 mesi in Cassazione. Ci sarà una possibilità di proroga portando a 4 anni l’appello (3 anni più uno di proroga) e a 2 anni la Cassazione (1 anno e 6 mesi più 6 mesi di proroga) per tutti i processi in via ordinaria. Per i reati con aggravante mafiosa questo vuol dire che i processi potranno durare fino a sei anni in Appello e tre anni in Cassazione. 

OSSERVATORIO
Si prevede che un apposito Comitato tecnico scientifico istituito presso il Ministero della giustizia ogni anno riferisca in ordine all’evoluzione dei dati sullo smaltimento dell’arretrato pendente e sui tempi di definizione dei processi. Il Comitato monitora l’andamento dei tempi nelle varie Corti d’appello e riferisce al Ministero, per i provvedimenti necessari sul fronte dell’organizzazione e del funzionamento dei servizi. I risultati del monitoraggio saranno trasmessi al Csm, per le valutazioni di competenza.

DIGITALIZZAZIONE E PROCESSO PENALE TELEMATICO.
Si delega il governo a rendere più efficiente e spedita la giustizia penale attraverso la digitalizzazione e le tecnologie informatiche. Si prevede tra l’altro che il deposito degli atti e le notifiche possano essere effettuate per via telematica. 

UTILIZZO DELLE VIDEOREGISTRAZIONI E DEI COLLEGAMENTI A DISTANZA
Prevedere la registrazione audiovisiva come forma ulteriore di documentazione dell’interrogatorio che non si svolga in udienza e della prova dichiarativa; prevedere i casi in cui debba essere prevista almeno l’audioregistrazione dell’assunzione di informazioni delle persone informate sui fatti senza obbligo di trascrizione; individuare i casi in cui con il consenso delle parti la partecipazione all’atto del procedimento o all’udienza possa avvenire a distanza. 

INDAGINI PRELIMINARI
Si stabilisce che il pubblico ministero chieda l’archiviazione ‘quando gli elementi acquisiti nelle indagini preliminari non consentono una ragionevole previsione di condanna’. 

CRITERI PIU’ STRINGENTI PER RIAPERTURA INDAGINI
Nell’esercizio della delega sulla riforma del processo penale il governo deve ‘prevedere criteri più stringenti ai fini del provvedimento di riapertura delle indagini di cui all’articolo 414 del codice di procedura penale’ secondo il quale dopo il provvedimento di archiviazione ‘il giudice autorizza con decreto motivato la riapertura delle indagini su richiesta del pubblico ministero motivata dalla esigenza di nuove investigazioni’. 

TERMINI DI DURATA DELLE INDAGINI E DISCOVERY
Si rimodulano i termini di durata massima delle indagini rispetto alla gravità del reato. Inoltre, alla scadenza del termine di durata massima delle indagini, fatte salve le esigenze specifiche di tutela del segreto investigativo, si prevede un meccanismo di discovery degli atti, a garanzia dell’indagato e della vittima. 

CRITERI DI PRIORITA’
Gli uffici del pubblico ministero, per garantire l’efficace e uniforme esercizio dell’azione penale, nell’ambito di criteri generali indicati con legge dal Parlamento, dovranno individuare criteri di priorità trasparenti e predeterminati, da indicare nei progetti organizzativi delle Procure, al fine di selezionare le notizie di reato da trattare con precedenza rispetto alle altre, tenendo conto anche del numero degli affari da trattare e dell’utilizzo efficiente delle risorse disponibili. 

EFFETTI DELL’ISCRIZIONE DELLA NOTIZIA DI REATO.
In linea con il principio costituzionale della presunzione di non colpevolezza, si prevede che la mera iscrizione del nominativo della persona nel registro delle notizie di reato non possa determinare effetti pregiudizievoli sul piano civile e amministrativo. 

UDIENZA PRELIMINARE
Si limita la previsione dell’udienza preliminare a reati di particolare gravità e, parallelamente, si estendono le ipotesi di citazione diretta a giudizio. Il giudice dovrà pronunciare sentenza di non luogo a procedere quando gli elementi acquisiti non consentano una ragionevole previsione di condanna.

APPELLO
Si conferma in via generale la possibilità – tanto del pubblico ministero, quanto dell’imputato – di presentare appello contro le sentenze di condanna e proscioglimento. Si recepisce il principio giurisprudenziale dell’inammissibilità dell’appello per aspecificità dei motivi. Si prevedono limitate ipotesi di inappellabilità delle sentenze di primo grado, per esempio in caso di proscioglimento per reati puniti con pena pecuniaria e di condanna al lavoro di pubblica utilità. 

CASSAZIONE
Si introduce un nuovo mezzo di impugnazione straordinario davanti alla Cassazione, per dare esecuzione alle sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo. Inoltre, si prevede la trattazione dei ricorsi con contradditorio scritto, salva la richiesta formulata dalle parti di discussione orale in pubblica udienza o camera di consiglio partecipata. 

PROCEDIMENTI SPECIALI
In caso di patteggiamento si prevede che, quando la pena detentiva da applicare supera i due anni (c.d. patteggiamento allargato), l’accordo tra imputato e pubblico ministero possa estendersi alle pene accessorie e alla loro durata, nonché alla confisca facoltativa e alla determinazione del suo oggetto e ammontare; in caso di giudizio abbreviato si prevede, tra l’altro, che la pena inflitta sia ulteriormente ridotta di un sesto, nel caso di mancata proposizione di impugnazione da parte dell’imputato. 

MUTAMENTO DEL GIUDICE
Nell’ipotesi di mutamento del giudice o di uno o più componenti del collegio, il giudice dispone, in caso di testimonianza acquisita con videoregistrazione, la riassunzione della prova solo quando lo ritenga necessario sulla base di specifiche esigenze. 

QUERELA
Si delega il Governo ad estendere la procedibilità a querela a specifici reati contro la persona e contro il patrimonio con pena non superiore nel minimo a due anni, salva la procedibilità d’ufficio, se la vittima è incapace per età o infermità.

PENA PECUNIARIA
Si mira a razionalizzare e semplificare il procedimento di esecuzione delle pene pecuniarie; a rivedere, secondo criteri di equità, efficienza ed effettività, i meccanismi e la procedura di conversione della pena pecuniaria in caso di mancato pagamento per insolvenza o insolvibilità del condannato; a prevedere procedure amministrative efficaci, che assicurino l’effettiva riscossione e conversione della pena pecuniaria in caso di mancato pagamento.

PENE SOSTITUTIVE DELLE PENE DETENTIVE BREVI
Si delega il Governo a effettuare una riforma organica della legge 689 del 1981, prevedendo l’applicazione, a titolo di pene sostitutive, del lavoro di pubblica utilità e di alcune misure alternative alla detenzione, attualmente di competenza del Tribunale di sorveglianza. Le nuove pene sostitutive (detenzione domiciliare, semilibertà, lavoro di pubblica utilità e pena pecuniaria) saranno direttamente irrogabili dal giudice della cognizione, entro il limite di quattro anni di pena inflitta. E’ esclusa la sospensione condizionale. In questo modo, si garantisce maggiore effettività all’esecuzione della pena.

PARTICOLARE TENUITA’ DEL FATTO
Per evitare di celebrare processi per fatti bagatellari, si delega il Governo a estendere l’ambito di applicazione della causa di non punibilità, di cui all’articolo 131 bis del Codice penale, ai reati puniti con pena edittale non superiore nel minimo a due anni. Con l’approvazione di un emendamento M5s è stato stabiliro che non potranno mai rientrare tra le cause di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto i reati riconducibili alla Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, meglio nota come la Convenzione di Istanbul del 2011. 

SOSPENSIONE DEL PROCEDIMENTO CON MESSA ALLA PROVA DELL’IMPUTATO
Per valorizzare un istituto che ha avuto una felice applicazione nella prassi (22.271 applicazioni al giugno 2021), si delega il governo a estendere l’ambito di applicazione dell’articolo 168 bis del codice penale a specifici reati, puniti con pena detentiva non superiore a 6 anni, che si prestino a percorsi di riparazione. Si prevede che la richiesta di messa alla prova dell’imputato possa essere proposta anche dal pubblico ministero. La messa alla prova comporta la prestazione di lavoro di pubblica utilità e la partecipazione a percorsi di giustizia riparativa. giustizia

RIPARATIVA
Si delega il Governo a disciplinare in modo organico la giustizia riparativa, nel rispetto di una direttiva europea (2012/29/UE) e nell’interesse sia della vittima che dell’autore del reato. Si prevede l’accesso ai programmi di giustizia riparativa in ogni fase del procedimento, su base volontaria e con il consenso libero e informato della vittima e dell’autore e della positiva valutazione del giudice sull’utilità del programma in ambito penale. Si prevede la ritrattabilità del consenso, la confidenzialità delle dichiarazioni rese nel corso del programma di giustizia riparativa e la loro inutilizzabilità nel procedimento penale. 

ARRESTO IN FLAGRANZA PER CHI VIOLA PROVVEDIMENTI ALLONTANAMENTO
Grazie all’approvazione di un emendamento a prima firma della deputata di Italia Viva Lucia Annibali, viene introdotta nel codice penale una norma a tutela delle vittime di maltrattamenti e di atti persecutori colmando un vulnus del codice rosso: diventa obbligatorio l’arresto in flagranza per i reati di violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare o di divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa. 

DIRITTO ALL’OBLIO PER ASSOLTI
Il governo nell’esercizio della delega dovrà ‘prevedere che il decreto di archiviazione, la sentenza di non luogo a procedere o di assoluzione, costituiscano titolo per l’emissione del provvedimento di deindicizzazione che , nel rispetto della normativa europea in materia di dati personali, garantisca in modo effettivo il diritto all’oblio degli indagati o imputati’.

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Giustizia PrimoPiano

Riforma della Giustizia, va in archivio la stagione giustizialista

1. Il Consiglio dei Ministri ha approvato giovedì scorso all’unanimità gli emendamenti del Governo al disegno di legge recante “delega al Governo per l’efficienza del processo penale e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari pendenti presso le corti d’appello” (A.C. 2435), proposti dalla Ministra della Giustizia, Marta Cartabia. In attesa della pubblicazione del testo degli emendamenti, che sarà inviato al Parlamento per il successivo iter, se ne anticipano di seguito in forma sintetica i principali contenuti.

2. Preliminarmenteva ricordato che il d.d.l. A.C. 2435 è stato presentato il 13 marzo 2020 dall’allora Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. Il d.d.l. faceva seguito all’impegno di accompagnare al blocco della prescrizione del reato dopo il primo grado, realizzato con la l. 9 gennaio 2019, n. 3, una riforma del processo penale capace di assicurare la celere definizione dei procedimenti nei giudizi di impugnazione, privati del metronomo rappresentato dalla prescrizione del reato (la nostra Rivista ha pubblicato un commento al d.d.l., a firma di M. Gialuz e J. Della Torre). L’impegno, come si ricorderà, era stato accompagnato dalla scelta del Parlamento di differire al 1° gennaio 2020 l’entrata in vigore della riforma della prescrizione del reato. Note vicissitudini politiche e istituzionali hanno fatto sì che il d.d.l. 2435 – comprensivo di una proposta di correttivo della disciplina della prescrizione del reato (c.d. lodo Conte) – sia ancora, in prima lettura, all’esame della Camera dei Deputati, dove è ora atteso l’esame degli emendamenti, parlamentari e governativi, da parte della Commissione Giustizia. Si tratta di un disegno di legge-delega, da attuarsi nel termine di un anno, eccezion fatta per la riforma della prescrizione del reato, destinata invece a entrare in vigore subito dopo l’approvazione del disegno di legge.

Il contesto nel quale si inserisce il d.d.l. è peraltro nel frattempo ulteriormente mutato: non solo per il cambio del Governo e della maggioranza che lo sostiene, ma per l’approvazione del PNRR, che impone l’obiettivo della riduzione del 25% dei tempi del giudizio penale, anche e proprio nei giudizi di impugnazione, privati del metronomo-prescrizione (v., in questa Rivista, il testo dell’intervento della Ministra Cartabia in occasione della presentazione dei lavori della Commissione Lattanzi ai capigruppo nella Commissione Giustizia della Camera).

3. Veniamo ora agli emendamenti governativi, che presentiamo qui in forma sintetica, corredati dal numero dell’articolo del d.d.l. 2435 che si propone di modificare/sostituire o aggiungere. Per comodità di lettura, l’ordine di esposizione raggruppa le proposte per temi, senza seguire l’articolato del d.d.l. Tra parentesi vengono indicati i numeri degli articoli del d.d.l. Le proposte emendative sono state elaborate anche tenendo conto dei lavori della Commissione di studio (Pres. Lattanzi), incaricata dalla Ministra Cartabia, nonché delle interlocuzioni con le forze politiche.

4. Prescrizione del reato (art. 14). Viene confermata la regola – e la scelta di fondo – introdotta con la l. n. 3/2019, secondo la quale il corso della prescrizione del reato si blocca con la sentenza di primo grado, sia essa di assoluzione o di condanna. La disciplina, oggi contenuta nell’art. 159, co. 2 c.p. (del quale propone l’abrogazione) viene però riformulata e trasferita in un nuovo art. 161 bis c.p. (Cessazione del corso della prescrizione): “Il corso della prescrizione cessa definitivamente con la pronuncia della sentenza di primo grado”. La nuova collocazione topografica si spiega in ragione del fatto che non si tratta di un’ipotesi di sospensione del corso della prescrizione, bensì di una vera e propria cessazione definitiva (il dies ad quem).

Rispetto alla disciplina introdotta con la l. n. 3/2019, si esclude tuttavia che il decreto penale di condanna, emesso fuori dal contraddittorio delle parti, produca lo stesso effetto; conseguentemente si propone di reinserire il decreto penale di condanna tra gli atti interruttivi della prescrizione del reato, nell’art. 160, co. 1 c.p.

Si prevede poi espressamente che se la sentenza viene annullata, con regressione del procedimento al primo grado o ad una fase anteriore, la prescrizione riprende il suo corso dalla pronuncia definitiva di annullamento.

La riforma della disciplina della prescrizione del reato viene proposta – come già nel d.d.l. 2435 –  in forma di disposizione immediatamente prescrittiva (non di criterio di delega).

5. Improcedibilità per superamento dei termini di durata dei giudizi di impugnazione (art. 14 bis). Per assicurare tempi certi e ragionevoli ai giudizi di impugnazione, si propone di introdurre nel codice di procedura penale, nella parte che disciplina le condizioni di procedibilità, un nuovo art. 344 bis c.p.p. (Improcedibilità per superamento dei termini di durata massima del procedimento penale). La proposta anche in questo caso mira a introdurre disposizioni immediatamente prescrittive.

Si prevede che la mancata definizione del giudizio di appello entro il termine di due anni, e del giudizio di cassazione entro il termine di un anno, costituiscano cause di improcedibilità dell’azione penale. Ciò significa che il giudice d’appello, o la Cassazione, accertato il superamento di detti termini, dovranno in riforma o previo annullamento della sentenza impugnata dichiarare di non doversi procedere. La sentenza di improcedibilità, una volta definitiva, travolge quindi la sentenza impugnata, sia essa di condanna o di assoluzione.

I termini di durata – corrispondenti a quelli di ragionevole durata previsti dalla legge Pinto per i rispettivi gradi di giudizio – decorrono dal novantesimo giorno successivo alla scadenza del termine per il deposito della sentenza previsto dall’art. 544 c.p.p., eventualmente prorogato ai sensi dell’art. 154 disp. att. c.p.p. La decorrenza dei termini di durata dei giudizi di impugnazione viene così fissata tra un minimo di tre mesi dopo la pronuncia della sentenza (in caso di motivazione contestuale) a un massimo di nove mesi (in caso di termine massimo per il deposito, pari a novanta giorni, che sia stato prorogato nella misura massima prevista dalla legge, pari sempre a novanta giorni).

I termini di durata dei giudizi di impugnazione possono essere prorogati per un periodo non superiore a un anno nel giudizio di appello e a sei mesi nel giudizio di legittimità. La proroga è disposta con ordinanza del giudice procedente, in presenza di due condizioni concorrenti:

a) che si tratti di procedimenti per i delitti di cui all’art. 407, co. 2, lett. a) c.p.p. o dei delitti di cui agli artt. 317, 318, 319, 319 bis, 319 ter, 319 quater, 320, 321, 322, 322 bis c.p.;

b) che si tratti di giudizi particolarmente complessi in ragione del numero delle parti o delle imputazioni o del numero o della complessità delle questioni di fatto o di diritto da trattare.

I termini di durata massima del processo sono sospesi, con effetto per tutti gli imputati, negli stessi casi in cui è prevista la sospensione della prescrizione del reato (art. 159, co. 1 c.p.). Inoltre, nel giudizio d’appello è prevista la sospensione per il tempo occorrente per la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale; in questo caso il periodo di sospensione tra un’udienza e l’altra non può comunque eccedere i sessanta giorni.

La declaratoria di improcedibilità non ha luogo quando l’imputato chiede la prosecuzione del processo.

In caso di annullamento della sentenza con rinvio al giudice competente per l’appello decorre un nuovo termine di due anniprorogabile alle condizioni di cui si è detto e pur sempre soggetto a sospensione. ll termine di durata massima del giudizio di rinvio decorre dal novantesimo giorno successivo alla scadenza del termine per il deposito della sentenza da parte della Corte di cassazione (art. 617 c.p.p.).

La disciplina dell’improcedibilità per superamento dei termini di durata massima dei giudizi di impugnazione non si applica ai delitti puniti con l’ergastolo, anche come effetto dell’applicazione di circostanze aggravanti.

Viene infine proposta una modifica dell’art. 578 c.p.p.: in caso di condanna alle restituzioni o al risarcimento del danno in favore della parte civile, seguita da una declaratoria di improcedibilità, il giudice d’appello e la Corte di cassazione, nel dichiarare improcedibile l’azione penale per il superamento dei termini di durata massima del giudizio di impugnazione, rinviano per la prosecuzione al giudice civile competente per valore in grado d’appello, che decide valutando le prove acquisite nel processo penale.

Disciplina transitoria: le disposizioni in materia di improcedibilità per superamento dei termini di durata massima, secondo la proposta del Governo, si applicano solo nei procedimenti di impugnazione che hanno ad oggetto reati commessi a far data dal 1° gennaio 2020 (data di entrata in vigore della l. n. 3/2019, nella parte in cui ha comportato il blocco della prescrizione del reato nei giudizi di impugnazione). Se i relativi procedimenti sono già pervenuti al giudice d’appello o alla Corte di cassazione, i termini massimi di durata del processo decorrono dalla data di entrata in vigore della legge che introduce la nuova ipotesi di improcedibilità. 

6. Comitato tecnico-scientifico per il monitoraggio sull’efficienza della giustizia penale, sulla ragionevole durata del procedimento e sulla statistica giudiziaria (art. 15 bis). Se ne propone l’istituzione con un’altra disposizione immediatamente prescrittiva.

7. Vittime di reato (artt. 9 bis e 14 bis). Si delega al Governo a definire la vittima del reato come la persona fisica che ha subito un danno, fisico, mentale o emotivo, o perdite economiche che sono state causate direttamente da un reato. La delega prevede che venga considerata vittima del reato anche il familiare di una persona la cui morte è stata causata da un reato e che ha subito un danno in conseguenza della morte di tale persona. Si propone inoltre di estendere la portata delle norme introdotte con la legge sul Codice rosso, in tema di violenza domestica e di genere (l. n. 69/2019) al tentato omicidio e, in genere, ai delitti commessi in forma tentata (es. violenza sessuale). Si tratta di modifiche imposte dall’esigenza di conformarsi al diritto UE.

8. Giustizia riparativa (art. 9 bis). Si prevede una delega al Governo per introdurre, nel rispetto della Direttiva 2012/29/UE che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato e dei principi sanciti a livello internazionale, una disciplina organica della giustizia riparativa quanto a nozione, principali programmi, criteri di accesso, garanzie, persone legittimate a partecipare, modalità di svolgimento dei programmi e valutazione dei suoi esiti, nell’interesse della vittima e dell’autore del reato, nelle diverse fasi del procedimento penale. Tra gli aspetti oggetto della disciplina vi sono la formazione e l’accreditamento dei mediatori esperti in programmi di giustizia riparativa.

9. Digitalizzazione e processo penale telematico (art. 2 bis, 16 bis, 16 ter)Immediatamente prescrittive sono anche le disposizioni oggetto delle proposte emendative che prevedono l’introduzione di un Piano triennale per la transizione digitale dell’amministrazione della giustizia e un Comitato tecnico-scientifico per la digitalizzazione del processo. Oggetto di criteri di delega sono invece alcune disposizioni in materia di deposito degli atti e notificazioni.Le proposte mirano a rendere più efficiente e spedita la giustizia penale attraverso la digitalizzazione e le tecnologie informatiche. Si prevede tra l’altro che il deposito degli atti e le notificazioni possano essere effettuate per via telematica.

10. Videoregistrazioni e collegamento a distanza (art. 2 quater).Si delega il Governo a prevedere la possibilità della registrazione audiovisiva o dell’audioregistrazione per documentare l’interrogatorio o l’assunzione di informazioni, ovvero la testimonianza. Si delega inoltre il Governo a individuare i casi in cui, con il consenso delle parti, la partecipazione all’atto del procedimento o all’udienza possa avvenire a distanza o da remoto.

11. Indagini preliminari e udienza preliminare (art. 3).

a) Regola di giudizio per l’archiviazione. il p.m. deve chiedere l’archiviazione quando gli elementi acquisiti nelle indagini preliminari non consentono una ragionevole previsione di condanna

b) Termini di durata delle indagini. Vengono rimodulati: 6 mesi per le contravvenzioni, un anno per i delitti, un anno e mezzo per alcuni gravi delitti (art. 407, co. 2 c.p.p.). E’ prevista la possibilità di una proroga di sei mesi, giustificata dalla complessità delle indagini. In caso di  superamento del termine massimo di durata delle indagini si prevede che il pm debba effettuare una discovery degli atti d’indagine, che vengono a conoscenza dell’indagato e della persona offesa, le quali possano chiedere al gip di intervenire per indurre il pm a prendere le sue determinazioni (archiviazione o esercizio dell’azione penale). Si introduce così un inedito controllo giurisdizionale sulla stasi del procedimento in fase d’indagine.

c) Criteri di priorità. Siprevede che gli uffici del pubblico ministero, per garantire l’efficace e uniforme esercizio dell’azione penale, nell’ambito dei criteri generali indicati con legge del Parlamento, individuino criteri di priorità trasparenti e predeterminati, da indicare nei progetti organizzativi delle procure della Repubblica, al fine di selezionare le notizie di reato da trattare con precedenza rispetto alle altre, tenendo conto anche del numero degli affari da trattare e dell’utilizzo efficiente delle risorse disponibili. La procedura di approvazione dei progetti organizzativi delle procure della Repubblica viene allineata a quella delle tabelle degli uffici giudicanti, prevedendo un intervento del CSM.

d) Effetti della iscrizione della notizia di reato. Si prevede che la mera iscrizione del nominativo della persona nel registro delle notizie di reato non possa determinare effetti pregiudizievoli sul piano civile e amministrativo.

e) Retrodatazione dell’iscrizione della notizia di reato. Si prevede cheil giudice, su richiesta motivata dell’interessato, accerti la tempestività dell’iscrizione nell’apposito registro della notizia di reato e del nome della persona alla quale lo stesso è attribuito e la retrodati nel caso di ingiustificato ed inequivocabile ritardo.

f) Udienza preliminare. Si propone di limitarne la previsione estendendo il catalogo dei reati con citazione diretta davanti al tribunale in composizione monocratica, individuandoli tra quelli puniti con pena della reclusione non superiore nel massimo a sei anni, anche se congiunta alla pena della multa, che non presentino rilevanti difficoltà di accertamento. Si modifica inoltre la regola di giudizio prevedendo che il giudice pronunci sentenza di non luogo a procedere quando gli elementi acquisiti non consentono unaragionevole previsione di condanna.

12. Perquisizioni (art. 11).Si delega il Governo a introdurre un inedito rimedio, affidato al giudice per le indagini preliminari, che consenta all’indagato o agli interessati di proporre opposizione avverso il decreto di perquisizione cui non consegua un provvedimento di sequestro.

13. Compiuta identificazione dell’indagato e dell’imputato (art. 14 bis).Alcune disposizioniimmediatamente prescrittive, imposte da esigenze di adeguamento al diritto UE, riguardanola compiuta identificazione dell’indagato e dell’imputato ai fini del casellario giudiziale (utilizzo di un codice identificativo sulla base delle impronte digitali).

14. Processo in assenza (art. 2 ter). Gli interventi, oggetto di criteri di delega, mirano ad adeguare la disciplina in materia al diritto UE. Si può procedere in assenza dell’imputato solo quando si ha la certezza che la mancata partecipazione al processo è volontaria. Si prevede che quando non si ha quella certezza il giudice pronunci sentenza inappellabile di non doversi procedere e che si dia corso alle ricerche dell’imputato. Se questi viene rintracciato, la sentenza di non luogo a procedere viene revocata e il giudice fissa una nuova udienza per la prosecuzione del processo. Il tempo trascorso per le ricerche dell’imputato assente non rileva ai fini della prescrizione del reato. Un’altra proposta riguarda le impugnazioni: il difensore dell’imputato assente potrà impugnare la sentenza solo se munito di specifico mandato rilasciato dopo la pronuncia della sentenza. Si assicura così la certezza della conoscenza della sentenza da parte dell’imputato e si evitano inutili processi, destinati alla rescissione del giudicato quando si accerti che in realtà l’imputato non era a conoscenza della sentenza.  

15. Procedimenti speciali (art. 4).

a) Patteggiamento. Si delega il Governo a prevedere che, quando la pena detentiva da applicare supera due anni (c.d. patteggiamento allargato), l’accordo tra imputato e pubblico ministero possa estendersi alle pene accessorie e alla loro durata, nonché alla confisca facoltativa e alla determinazione del suo oggetto e ammontare. Si propone poi di ridurre gli effetti extra-penali della sentenza di patteggiamento, che non potrà avere efficacia di giudicato nel giudizio disciplinare e in altri casi.

b) Giudizio abbreviato: si delega il Governo a modificare le condizioni per l’accoglimento della richiesta di giudizio abbreviato subordinata a un’integrazione probatoria (c.d. abbreviato condizionato), prevedendone l’ammissibilità solo se l’integrazione risulta necessaria ai fini della decisione e se il procedimento speciale produce un’economia processuale in rapporto ai tempi di svolgimento del giudizio dibattimentale. Si prevede inoltre che la pena inflitta sia ulteriormente ridotta di un sesto nel caso di mancata proposizione di impugnazione da parte dell’imputato, stabilendo che la riduzione sia applicata dal giudice dell’esecuzione.

16. Giudizio (mutamento del giudice o del collegio) (art. 4). Si prevede, attraverso un criterio di delega, che, nell’ipotesi di mutamento del giudice o di uno o più componenti del collegio, il giudice disponga, a richiesta di parte, la riassunzione della prova dichiarativa già assunta; tuttavia,quando la prova dichiarativa è stata verbalizzata tramite videoregistrazione, nel dibattimento svolto innanzi al giudice diverso o al collegio diversamente composto, nel contraddittorio con la persona nei cui confronti le dichiarazioni medesime saranno utilizzate, il giudice dispone la riassunzione della prova solo quando lo ritenga necessario sulla base di specifiche esigenze.

17. Udienza-filtro nei procedimenti davanti al tribunale in composizione monocratica (art. 6)Nei procedimenti a citazione diretta viene introdotta un’udienza predibattimentale in camera di consiglio, innanzi a un giudice diverso da quello davanti al quale, eventualmente, dovrà celebrarsi il dibattimento; la regola di giudizio, per proseguire, è sempre quella della ragionevole previsione di condanna, sulla base degli elementi acquisiti. L’intervento è oggetto di un criterio di delega.

18. Appello (art. 7).Si confermano, come previsto dal d.d.l. 2435 (con limitate modifiche): l’inappellabilità delle sentenze di proscioglimento e di non luogo a procedere relative a reati puniti con la sola pena pecuniaria o con pena alternativa; l’inappellabilità delle sentenze di condanna al lavoro di pubblica utilità (che presuppone il consenso del condannato). Si introduce la previsione dell’appello con rito camerale non partecipato salva richiesta dell’imputato o del suo difensore. Si recepisce un principio giurisprudenziale (SU Galtelli, 2017): inammissibilità dell’appello per aspecificità dei motivi. Si introduce, nel caso di appello contro una sentenza di proscioglimento, un limite alla rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale (la condizione è che si tratti di prove dichiarative già assunte in primo grado). Non si prevedono: l’inappellabilità delle sentenze di condanna e di proscioglimento da parte del pm (proposta dalla Commissione Lattanzi); la composizione monocratica della corte d’appello nei procedimenti con citazione diretta (proposta dal d.d.l. 2435); l’appello a critica vincolata (proposto dalla Commissione Lattanzi). Tutti gli interventi sono oggetto di altrettanti criteri di delega.

19. Cassazione (art. 7). Udienza cartolare: si prevede che la trattazione dei ricorsi davanti alla Corte di cassazione avvenga con contraddittorio scritto senza l’intervento dei difensori, salva la richiesta delle parti di discussione orale in pubblica udienza o in camera di consiglio partecipata; si introduce una procedura senza formalità per dichiarare l’inammissibilità del ricorso o la sua manifesta fondatezza, consentendo l’opposizione, che non sospende tuttavia l’esecuzione della ordinanza di inammissibilità. Si prevede inoltre che il giudice chiamato a decidere una questione concernente la competenza per territorio, possa, anche su istanza di parte, rimettere la decisione alla Corte di cassazione, che provvede in camera di consiglio non partecipata. Se la Corte di cassazione dichiara l’incompetenza del giudice, ordina la trasmissione degli atti al giudice competente. Si introduce infine un mezzo di impugnazione straordinario davanti alla Corte di cassazione al fine di dare esecuzione alla sentenza definitiva della Corte europea dei diritti dell’uomo, proponibile dal soggetto che abbia presentato il ricorso. Tutti gli interventi sono oggetto di altrettanti criteri di delega.

20. Amministrazione dei beni in sequestro ed esecuzione della confisca (art. 7 bis)Si delega il Governo a prevedere che l’esecuzione della confisca per equivalente, quando non ha ad oggetto beni mobili o immobili già sottoposti a sequestro, avvenga con la modalità dell’esecuzione delle pene pecuniarie e che la vendita dei beni confiscati a qualsiasi titolo nel processo penale avvenga con le forme di cui agli articoli 534-bis e 591-bis del codice di procedura civile. Si delega il Governo a disciplinare l’amministrazione dei beni sottoposti a sequestro e dei beni confiscati in conformità alle previsioni di cui all’articolo 104-bis delle disposizioni di attuazione al codice di procedura penale.

21. Condizioni di procedibilità (art. 8).Si delega il Governo a prevedere il regime di procedibilità a querela per tutte le ipotesi di lesioni personali stradali di cui all’art. 590 bis, comma 1 c.p., nonché ad estendere la querela a specifici reati contro la persona e contro il patrimonio con pena non superiore nel minimo a due anni, salva la procedibilità d’ufficio se la vittima è incapace per età o infermità.

22. Pena pecuniaria (art. 9).Si delega il Governo a razionalizzare e semplificare il procedimento di esecuzione delle pene pecuniarie; a rivedere, secondo criteri di equità, efficienza ed effettività, i meccanismi e la procedura di conversione della pena pecuniaria in caso di mancato pagamento per insolvenza o insolvibilità del condannato; a prevedere procedure amministrative efficaci, che assicurino l’effettiva riscossione e conversione della pena pecuniaria in caso di mancato pagamento.

23. Pene sostitutive delle pene detentive brevi (art. 9 bis).Si delega il Governo a riformare la disciplina delle sanzioni sostitutive di cui alla l. n. 689/1981 applicabili dal giudice di cognizione, con sentenza di condanna o di patteggiamento, in luogo della pena detentiva. Si propone di modificare il catalogo e l’ambito di applicazione delle sanzioni, che vengono denominate “pene sostitutive”. Si aboliscono la semidetenzione e la libertà controllata. Si porta da sei mesi a un anno di pena inflitta il limite di pena detentiva sostituibile con la pena pecuniaria; si prevede che la pena fino a tre anni possa essere sostituita con il lavoro di pubblica utilità; si prevede che la pena fino a quattro anni possa essere sostituita con la semilibertà o con la detenzione domiciliare applicate a titolo di pene sostitutive dal giudice di cognizione. Le pene sostitutive non saranno sospendibili condizionalmente e potranno applicarsi solo quando favoriscano la rieducazione del condannato e non vi sia pericolo di recidiva.

24. Esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 9 bis).Si delega il Governo a intervenire sulla disciplina della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis c.p in tre direzioni: a) prevedere comelimite all’applicabilità dell’istituto,in luogo della pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, la pena detentiva non superiore nel minimo a due anni, sola o congiunta a pena pecuniaria; b)ampliare conseguentemente, se ritenuto opportuno sulla base di evidenze empirico-criminologiche o per ragioni di coerenza sistematica, il novero delle esclusioni, cioè delle ipotesi in cui, ai sensi del secondo comma dell’articolo 131-bis del codice penale, l’offesa non può essere ritenuta di particolare tenuità; c) dare rilievo alla condotta susseguente al reato (es., alla riparazione del danno) ai fini della valutazione del carattere di particolare tenuità dell’offesa.

25. Sospensione del procedimento con messa alla prova dell’imputato (art. 9 bis). Si delega il Governo a estendere l’ambito di applicabilità dell’art. 168 bis c.p. a specifici reati, puniti con pena edittale detentiva non superiore nel massimo a sei anni, che si prestino a percorsi risocializzanti o riparatori, da parte dell’autore, compatibili con l’istituto. Si prevede inoltre che la richiesta di messa alla prova dell’imputato possa essere proposta anche dal pubblico ministero.

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Giustizia Immigrazione PrimoPiano

Decreto sicurezza: più umanità e legalità. Cancellati i decreti Salvini

Abbiamo approvato alla Camera, dopo una lunga maratona parlamentare con sedute diurne e notturne in commissione e quasi 10 giorno di blocco dell’Aula da parte delle opposizioni con tutte le tecniche ostruzionistiche possibili, il nuovo decreto sicurezza. Ora la palla passa al Senato, che lo approverà definitivamente nei prossimi giorni. Questa legge manda definitivamente in archivio la stagione dei decreti Salvini, che hanno prodotto più illegalità (con migliaia di persone che stavano seguendo percorsi di inserimento, sbattute fuori da essi dalla sera alla mattina – tra l’altro senza rimpatri) e meno sicurezza.

Una legge che ha imposto al Movimento 5 stelle una clamorosa retromarcia, visto che quel partito aveva voluto, votato e festeggiato assieme alla Lega i decreti Salvini e oggi si trova costretto a votarne la loro dismissione. Questa non è la maggioranza e il Governo dei miei sogni, ma nelle condizioni date stiamo riuscendo a spostare l’asse dell’Italia su molti temi rilevanti: Europa, sicurezza, politiche economiche e sociali.
Certo, non basta, ma senza il nostro lavoro saremmo in una condizione diversa.

Di seguito le principali novità contenute nel decreto Migranti:

STOP A MULTE MILIONARIE PER ONG E CONFISCA NAVI: si allenta la stretta sulle Ong. Il decreto infatti cancella le multe salate alle navi che violano il divieto di ingresso, transito o sosta nelle acque territoriali italiane e viene eliminata la confisca ed eventuale distruzione dell’imbarcazione. Il “divieto di navigazione” non opera nel caso in cui si svolgano attivita’ di soccorso, immediatamente comunicate alle autorita’ italiane e dello Stato di bandiera. L’inosservanza del divieto o del limite di navigazione comporta una sanzione da 10 mila a 50 mila euro. Il decreto Sicurezza del governo gialloverde prevedeva che in caso di violazione del divieto di ingresso, transito o sosta in acque territoriali italiane si applicasse al comandante della nave la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 150.000 a 1.000.000 euro (con estensione della responsabilita’ solidale all’armatore della nave). Inoltre, prevedeva che fosse sempre disposta la confisca della nave utilizzata per commettere la violazione, procedendosi immediatamente a sequestro cautelare.

STOP A TETTO MASSIMO QUOTE: il decreto interviene sulle previsioni del Testo unico immigrazione sui flussi di ingresso di stranieri non appartenenti all’Unione europea per motivi di lavoro, subordinato o autonomo. Le nuove norme dispongono che in caso di mancata pubblicazione del decreto di programmazione annuale, il presidente del Consiglio possa provvedere in via transitoria, con proprio decreto. Sono quindi soppressi il termine del 30 novembre di ciascun anno e il limite delle quote stabilite nell’ultimo decreto emanato, attualmente previsti.

PERMESSO DI SOGGIORNO: una delle novita’ introdotte dal decreto Migranti riguarda il rifiuto o la revoca del permesso di soggiorno. Con le nuove norme viene meno l’ambito di discrezionalita’ nella valutazione dei “seri motivi”, attribuita al Questore. Viene fatto salvo il rispetto degli obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano.

AMPLIATA LA CONVERSIONE DEI PERMESSI DI SOGGIORNO IN PERMESSI DI LAVORO: e’ prevista la conversione in permesso per motivi di lavoro, dei permessi di soggiorno per protezione speciale; per calamita’; per residenza elettiva; per acquisto della cittadinanza o dello stato di apolide; per attivita’ sportiva; per lavoro di tipo artistico; per motivi religiosi; per assistenza minori; per cure mediche dovute a gravi condizioni psico-fisiche o gravi patologie.

MENO POTERI A MINISTRO INTERNO: viene eliminata l’attribuzione in capo al ministro dell’Interno della competenza a limitare o vietare l’ingresso, il transito, la sosta di navi nel mare territoriale per motivi di sicurezza pubblica o di contrasto di violazioni delle leggi sull’immigrazione. La disposizione prevedeva che il titolare del Viminale potesse limitare o vietare l’ingresso, il transito o la sosta di navi nel mare territoriale (salvo che si trattasse di naviglio militare o di navi in servizio governativo non commerciale), per motivi di ordine e sicurezza pubblica.

NO ESPULSIONE PER CHI RISCHIA PERSECUZIONI PER ORIENTAMENTO SESSUALE: l’orientamento sessuale e l’identita’ di genere rientrano tra i motivi per cui non puo’ essere disposta l’espulsione. La nuova norma estende quindi l’ambito di applicazione del divieto di respingimento e di espulsione. La disposizione del Testo unico prevede divieto di respingimento e di espulsione verso Paesi nei quali lo straniero corra un rischio di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali, ovvero possa rischiare di essere rinviato verso un altro Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione. Durante l’esame in commissione, tra i motivi della persecuzione sono stati inseriti anche “l’orientamento sessuale” e “l’identita’ di genere”.

PROTEZIONE SPECIALE: passa da uno a due anni la durata del permesso di soggiorno per protezione speciale rilasciato, a determinate condizioni, a coloro cui e’ stata respinta la domanda di protezione internazionale, ma ricorrano le condizioni che vietano l’espulsione del richiedente (quali il rischio di persecuzione o di tortura).

ACCOGLIENZA, ARRIVA IL ‘SAI’: il decreto modifica nuovamente le norme sul sistema di accoglienza. Dopo l’eliminazione dello Sprar (Sistema di accoglienza per richiedenti asilo e rifugiati), attraverso i decreti Salvini, e l’istituzione del Siproimi (Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati), arriva ora il Sistema di accoglienza e integrazione-Sai. Due le novita’ principali: ampliamento della platea dei potenziali beneficiari delle prestazioni del sistema di accoglienza, che oltre ai titolari di protezione internazionale e ai minori non accompagnati, ricomprende anche i richiedenti la protezione internazionale; i titolari dei permessi di soggiorno per protezione speciale per i soggetti per i quali vige il divieto di respingimento o di espulsione; i titolari di permesso di soggiorno per cure mediche. In secondo luogo, i servizi prestati nell’ambito dei progetti degli enti locali finalizzati all’accoglienza vengono divisi in due tipologie: servizi di primo livello (tra cui assistenza sanitaria, mediazione linguistico-culturale, corsi di lingua italiana) e servizi di secondo livello (servizi aggiuntivi, finalizzati all’integrazione come l’orientamento al lavoro e la formazione professionale). Esaurito il periodo di accoglienza i soggetti vengono avviati ad ulteriori percorsi di integrazione.

CITTADINANZA: viene fissato in ventiquattro mesi, prorogabili fino a trentasei (in luogo degli attuali quarantotto mesi) il termine massimo per la conclusione dei procedimenti di riconoscimento della cittadinanza per matrimonio e per naturalizzazione.

ISCRIZIONE ANAGRAFICA: il richiedente protezione internazionale, a cui sia stato rilasciato il permesso di soggiorno per richiesta di asilo ovvero la ricevuta attestante la presentazione della richiesta di protezione internazionale, viene iscritto nell’anagrafe della popolazione residente, con il rilascio di una carta d’identita’, di validita’ limitata al territorio nazionale e della durata di tre anni.

DIVIETO CELLULARI IN CARCERE: il decreto contiene norme a contrasto dell’introduzione e utilizzo di dispositivi di comunicazione in carcere. Viene introdotto l’articolo 391-ter nel codice penale che punisce con la reclusione da 1 a 4 anni chiunque mette a disposizione di un detenuto un apparecchio telefonico. Specifiche aggravanti sono previste quando il reato e’ commesso da un pubblico ufficiale, un incaricato di pubblico servizio o un avvocato.

DASPO PER MOVIDA VIOLENTA E STRETTA SU SPACCIO, ANCHE SUL WEB: divieto di accesso a bar, pub e locali pubblici per chi vende droga, e inasprimento del carcere, anche nei confronti di chi ha preso parte a una rissa. Il decreto inasprisce il cosiddetto ‘Daspo urbano’: il Questore puo’ applicare il divieto di accesso ai locali pubblici, nonche’ a strutture scolastiche e universitarie, anche nei confronti dei soggetti che non abbiano ancora una condanna definitiva ma abbiano riportato una o piu’ denunce, negli ultimi tre anni, relativamente alla vendita o cessione di sostanze stupefacenti o psicotrope. In caso di violazione del divieto, c’e’ la reclusione da sei mesi a due anni e la multa da 8.000 a 20.000 euro. Quanto alla movida violenta, rispetto alla cosiddetta ‘norma Willy’ (cosi’ ribattezzata a seguito dell’uccisione del giovane Willy Duarte a Colleferro), si inaspriscono le pene per i soggetti coinvolti in risse, prevedendo che, qualora qualcuno resti ucciso o riporti lesioni personali, anche la sola partecipazione alla rissa viene punita con la reclusione da tre mesi a sei anni e viene aumentata la multa prevista per chi partecipa alla rissa da 309 a 2.000 euro. Stretta anche sul web: scatta l’oscuramento, gia’ previsto per il contrasto alla pedopornografia online, per quei siti che vengono utilizzati per la commissione di reati in materia di stupefacenti.

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Esteri Giustizia PrimoPiano

Morte di Giulio Regeni, la commissione d’inchiesta va avanti

Sulla vicenda di Giulio Regeni vogliamo andare fino in fondo, continueremo a batterci in tutte le forme consentite per chiedere e cercare verità sulla sua uccisione. Per questo abbiamo approvato alla Camera la proroga della Commissione d’inchiesta, che continuerà a lavorare per cercare e chiedere la verità. Lo dobbiamo a Giulio, alla sua famiglia, al rispetto che si deve al nostro Paese.

La proroga si è resa necessaria dalla riduzione delle attività di inchiesta imposta dalla pandemia, dall’evoluzione dell’inchiesta giudiziaria della Procura di Roma e dagli sviluppi della relazione bilaterale tra l’Italia e l’Egitto. Come è ormai noto, a giorni la Procura di Roma completerà le indagini, probabilmente rinviando a giudizio i cinque indagati, tutti membri delle forze di sicurezza egiziane.

È interessante notare come la fase di maggior cooperazione giudiziaria da parte del Cairo abbia coinciso con la fase di maggior pressione politica esercitata dall’Italia, ovvero nei mesi successivi al richiamo dell’ambasciatore, a prova del fatto che l’Italia ha tanti strumenti a disposizione per esercitare una pressione vera, dall’Unione Europea fino alla possibilità di ricorrere alla Corte di Giustizia internazionale in ottemperanza all’articolo 30 della Convenzione internazionale contro la tortura.

In questo momento, dopo ormai un anno senza cooperazione giudiziaria da parte dell’Egitto, serve un segnale politico forte per uscire da questo stallo, magari nominando un inviato speciale del governo sul caso.

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dichiarazioni Diritti Giustizia Politica PrimoPiano Romagna

Giustizia e prescrizione, l’incontro con le Camere penali della Romagna

Lunedì ho incontrato insieme a Lucia Annibali, capogruppo della Commissione Giustizia della Camera, il presidente e il vice presidente dell’Unione delle Camere penali della Romagna, Carlo Benini e Alessandro Monteleone. Al centro del confronto ci sono state le tematiche relative al tema della prescrizione, la cui abolizione è contenuta nel decreto spazza-corrotti varato del precedente governo ed è entrata in vigore dal 1° gennaio. 
Abbiamo ribadito il massimo impegno nostro e del nostro gruppo parlamentare nel portare avanti in parlamento ogni sforzo per sanare quella che, in assenza di un intervento, sarebbe una grave violazione di uno dei principi cardine di ogni democrazia liberale. Così come avviene a livello nazionale, anche sul territorio continuerà il confronto con l’Unione delle Camere penali e con tutti i soggetti interessati all’argomento e che condividono questa posizione. Nella convinzione che non si tratti di una questione che riguarda gli operatori del diritto, ma ogni singolo cittadino che in questo modo corre il rischio di trovarsi coinvolto in processi infiniti e perpetui.