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Immigrazione PrimoPiano

Permesso di soggiorno alle donne vittime di matrimoni forzati, primo sì del Parlamento

Primo via libera da parte della Camera alla proposta di legge di iniziativa parlamentare che dispone il “rilascio del permesso di soggiorno alle vittime del reato di costrizione o induzione al matrimonio”. Il testo passa ora all’esame del Senato. 

LA ‘SPINTA’ DEL CASO SAMAN
La proposta e’ stata presentata nel luglio del 2021, dopo la notizia del cosiddetto ‘caso Saman’, la ragazza di 18 anni di origini pakistane scomparsa il 1 maggio dello scorso anno da Novellara, in provincia di Reggio Emilia. Nella relazione introduttiva, Ascari spiega la ncessita’ di colmare una lacuna presente nell’ordinamento italiano: “Saman non ha potuto avere i documenti necessari ed e’ stata costretta a tornare a casa per recuperarli”. La ragazza, infatti, dopo aver denunciato i genitori a seguito del suo rifiuto a contrarre un matrimonio forzato, era stata accolta in una casa rifugio, ma i documenti erano rimasti nella casa della famiglia. “Non avere i documenti e’ un doppio colpo per queste donne: da una parte si sentono abbandonate dallo Stato in cui vivono e dall’altra hanno il timore di essere rimandate nel loro Paese, ritrovandosi cosi’ sottomesse e senza via di fuga”.

PERMESSO DI SOGGIORNO A VITTIME MATRIMONIO FORZATO
Il testo, che si compone di un unico articolo, mira ad includere il reato di matrimonio forzato (art. 558-bis del codice penale) nell’elenco dei reati che prevedono il rilascio del permesso di soggiorno per le vittime di violenza domestica, disciplinato dall’articolo 18-bis del testo unico immigrazione. 
L’articolo 558-bis c.p. (introdotto con la legge sul Codice Rosso) punisce con la reclusione da uno a cinque anni chiunque con violenza o minaccia costringe una persona a contrarre matrimonio o unione civile; approfittando delle condizioni di vulnerabilita’ o di inferiorita’ psichica o di necessita’ di una persona, con abuso delle relazioni familiari, domestiche, lavorative o dell’autorita’ derivante dall’affidamento della persona per ragioni di cura, istruzione o educazione, vigilanza o custodia, la induce a contrarre matrimonio o unione civile. L’evento del reato consiste nella contrazione del matrimonio o dell’unione civile. 

La disposizione penale stabilisce che il reato e’ punito anche quando il fatto e’ commesso all’estero da cittadino italiano o da straniero residente in Italia, ovvero in danno di cittadino italiano o di straniero residente in Italia. La pena e’ aumentata se i fatti sono commessi in danno di un minore di anni diciotto ed e’ da due a sette anni di reclusione se i fatti sono commessi in danno di un minore di anni quattordici. L’articolo 18-bis del testo unico immigrazione, prevede il rilascio del permesso di soggiorno alle vittime di atti di violenza in ambito domestico. 
La finalita’ del permesso di soggiorno e’ consentire allo straniero di sottrarsi alla violenza. Il permesso di soggiorno per le vittime di violenza domestica reca la dicitura “casi speciali” e ha la durata di un anno. Alla scadenza puo’ essere convertito in permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato o autonomo ovvero in permesso di soggiorno per motivi di studio qualora il titolare sia iscritto ad un corso regolare di studi. 

Con le nuove disposizioni, il permesso di soggiorno e’ riconosciuto anche alle vittime di matrimonio forzato, di conseguenza anche chi e’ condannato per aver commesso tale reato puo’ incorrere nella revoca del permesso di soggiorno e nell’espulsione.

PRESUPPOSTI PER RILASCIO PERMESSO SOGGIORNO
La disposizione, che ricalca il contenuto dell’articolo 18 del testo unico, relativo al soggiorno per motivi di protezione sociale, prevede il rilascio di un permesso di soggiorno allo straniero in presenza dei seguenti presupposti: Devono essere riscontrate violenze domestiche o abusi nei confronti di uno straniero nel corso di operazioni di polizia, indagini o procedimenti penali per uno dei seguenti reati: maltrattamenti contro familiari e conviventi; lesioni personali, semplici e aggravate; mutilazioni genitali femminili; sequestro di persona; violenza sessuale; atti persecutori nonche’ per uno qualsiasi dei delitti per i quali il codice di procedura penale prevede l’arresto obbligatorio in flagranza.

In alternativa alle operazioni di polizia, indagini o procedimenti penali, le violenze domestiche o gli abusi possono anche emergere nel corso di interventi assistenziali dei centri antiviolenza, dei servizi sociali territoriali o dei servizi sociali specializzati nell’assistenza delle vittime di violenza.

Da tali operazioni, indagini, procedimenti e interventi assistenziali deve emergere che il tentativo di sottrarsi alla violenza ovvero la collaborazione alle indagini preliminari o al procedimento penale espongono l’incolumita’ della persona offesa straniera ad un concreto ed attuale pericolo. In presenza di questi presupposti si apre un procedimento che contempla la proposta o il parere favorevole dell’autorita’ giudiziaria procedente al questore di rilascio del permesso di soggiorno.

Nel caso in cui le violenze o gli abusi emergano nel corso di indagini penali, sara’ l’autorita’ giudiziaria a comunicare al questore gli elementi da cui risulti la sussistenza dei presupposti per il rilascio del permesso di soggiorno, con particolare riferimento alla gravita’ e attualita’ del pericolo per l’incolumita’ personale; se, invece, la segnalazione proviene dai servizi sociali o anche dai centri antiviolenza, la sussistenza dei presupposti sara’ valutata dal questore sulla base della relazione redatta dagli stessi servizi.

Anche in questo caso e’ obbligatorio il parere dell’autorita’ giudiziaria competente. A conclusione del procedimento il questore rilascia il permesso di soggiorno se ne ricorrono i presupposti.

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Giustizia Immigrazione PrimoPiano

Decreto sicurezza: più umanità e legalità. Cancellati i decreti Salvini

Abbiamo approvato alla Camera, dopo una lunga maratona parlamentare con sedute diurne e notturne in commissione e quasi 10 giorno di blocco dell’Aula da parte delle opposizioni con tutte le tecniche ostruzionistiche possibili, il nuovo decreto sicurezza. Ora la palla passa al Senato, che lo approverà definitivamente nei prossimi giorni. Questa legge manda definitivamente in archivio la stagione dei decreti Salvini, che hanno prodotto più illegalità (con migliaia di persone che stavano seguendo percorsi di inserimento, sbattute fuori da essi dalla sera alla mattina – tra l’altro senza rimpatri) e meno sicurezza.

Una legge che ha imposto al Movimento 5 stelle una clamorosa retromarcia, visto che quel partito aveva voluto, votato e festeggiato assieme alla Lega i decreti Salvini e oggi si trova costretto a votarne la loro dismissione. Questa non è la maggioranza e il Governo dei miei sogni, ma nelle condizioni date stiamo riuscendo a spostare l’asse dell’Italia su molti temi rilevanti: Europa, sicurezza, politiche economiche e sociali.
Certo, non basta, ma senza il nostro lavoro saremmo in una condizione diversa.

Di seguito le principali novità contenute nel decreto Migranti:

STOP A MULTE MILIONARIE PER ONG E CONFISCA NAVI: si allenta la stretta sulle Ong. Il decreto infatti cancella le multe salate alle navi che violano il divieto di ingresso, transito o sosta nelle acque territoriali italiane e viene eliminata la confisca ed eventuale distruzione dell’imbarcazione. Il “divieto di navigazione” non opera nel caso in cui si svolgano attivita’ di soccorso, immediatamente comunicate alle autorita’ italiane e dello Stato di bandiera. L’inosservanza del divieto o del limite di navigazione comporta una sanzione da 10 mila a 50 mila euro. Il decreto Sicurezza del governo gialloverde prevedeva che in caso di violazione del divieto di ingresso, transito o sosta in acque territoriali italiane si applicasse al comandante della nave la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 150.000 a 1.000.000 euro (con estensione della responsabilita’ solidale all’armatore della nave). Inoltre, prevedeva che fosse sempre disposta la confisca della nave utilizzata per commettere la violazione, procedendosi immediatamente a sequestro cautelare.

STOP A TETTO MASSIMO QUOTE: il decreto interviene sulle previsioni del Testo unico immigrazione sui flussi di ingresso di stranieri non appartenenti all’Unione europea per motivi di lavoro, subordinato o autonomo. Le nuove norme dispongono che in caso di mancata pubblicazione del decreto di programmazione annuale, il presidente del Consiglio possa provvedere in via transitoria, con proprio decreto. Sono quindi soppressi il termine del 30 novembre di ciascun anno e il limite delle quote stabilite nell’ultimo decreto emanato, attualmente previsti.

PERMESSO DI SOGGIORNO: una delle novita’ introdotte dal decreto Migranti riguarda il rifiuto o la revoca del permesso di soggiorno. Con le nuove norme viene meno l’ambito di discrezionalita’ nella valutazione dei “seri motivi”, attribuita al Questore. Viene fatto salvo il rispetto degli obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano.

AMPLIATA LA CONVERSIONE DEI PERMESSI DI SOGGIORNO IN PERMESSI DI LAVORO: e’ prevista la conversione in permesso per motivi di lavoro, dei permessi di soggiorno per protezione speciale; per calamita’; per residenza elettiva; per acquisto della cittadinanza o dello stato di apolide; per attivita’ sportiva; per lavoro di tipo artistico; per motivi religiosi; per assistenza minori; per cure mediche dovute a gravi condizioni psico-fisiche o gravi patologie.

MENO POTERI A MINISTRO INTERNO: viene eliminata l’attribuzione in capo al ministro dell’Interno della competenza a limitare o vietare l’ingresso, il transito, la sosta di navi nel mare territoriale per motivi di sicurezza pubblica o di contrasto di violazioni delle leggi sull’immigrazione. La disposizione prevedeva che il titolare del Viminale potesse limitare o vietare l’ingresso, il transito o la sosta di navi nel mare territoriale (salvo che si trattasse di naviglio militare o di navi in servizio governativo non commerciale), per motivi di ordine e sicurezza pubblica.

NO ESPULSIONE PER CHI RISCHIA PERSECUZIONI PER ORIENTAMENTO SESSUALE: l’orientamento sessuale e l’identita’ di genere rientrano tra i motivi per cui non puo’ essere disposta l’espulsione. La nuova norma estende quindi l’ambito di applicazione del divieto di respingimento e di espulsione. La disposizione del Testo unico prevede divieto di respingimento e di espulsione verso Paesi nei quali lo straniero corra un rischio di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali, ovvero possa rischiare di essere rinviato verso un altro Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione. Durante l’esame in commissione, tra i motivi della persecuzione sono stati inseriti anche “l’orientamento sessuale” e “l’identita’ di genere”.

PROTEZIONE SPECIALE: passa da uno a due anni la durata del permesso di soggiorno per protezione speciale rilasciato, a determinate condizioni, a coloro cui e’ stata respinta la domanda di protezione internazionale, ma ricorrano le condizioni che vietano l’espulsione del richiedente (quali il rischio di persecuzione o di tortura).

ACCOGLIENZA, ARRIVA IL ‘SAI’: il decreto modifica nuovamente le norme sul sistema di accoglienza. Dopo l’eliminazione dello Sprar (Sistema di accoglienza per richiedenti asilo e rifugiati), attraverso i decreti Salvini, e l’istituzione del Siproimi (Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati), arriva ora il Sistema di accoglienza e integrazione-Sai. Due le novita’ principali: ampliamento della platea dei potenziali beneficiari delle prestazioni del sistema di accoglienza, che oltre ai titolari di protezione internazionale e ai minori non accompagnati, ricomprende anche i richiedenti la protezione internazionale; i titolari dei permessi di soggiorno per protezione speciale per i soggetti per i quali vige il divieto di respingimento o di espulsione; i titolari di permesso di soggiorno per cure mediche. In secondo luogo, i servizi prestati nell’ambito dei progetti degli enti locali finalizzati all’accoglienza vengono divisi in due tipologie: servizi di primo livello (tra cui assistenza sanitaria, mediazione linguistico-culturale, corsi di lingua italiana) e servizi di secondo livello (servizi aggiuntivi, finalizzati all’integrazione come l’orientamento al lavoro e la formazione professionale). Esaurito il periodo di accoglienza i soggetti vengono avviati ad ulteriori percorsi di integrazione.

CITTADINANZA: viene fissato in ventiquattro mesi, prorogabili fino a trentasei (in luogo degli attuali quarantotto mesi) il termine massimo per la conclusione dei procedimenti di riconoscimento della cittadinanza per matrimonio e per naturalizzazione.

ISCRIZIONE ANAGRAFICA: il richiedente protezione internazionale, a cui sia stato rilasciato il permesso di soggiorno per richiesta di asilo ovvero la ricevuta attestante la presentazione della richiesta di protezione internazionale, viene iscritto nell’anagrafe della popolazione residente, con il rilascio di una carta d’identita’, di validita’ limitata al territorio nazionale e della durata di tre anni.

DIVIETO CELLULARI IN CARCERE: il decreto contiene norme a contrasto dell’introduzione e utilizzo di dispositivi di comunicazione in carcere. Viene introdotto l’articolo 391-ter nel codice penale che punisce con la reclusione da 1 a 4 anni chiunque mette a disposizione di un detenuto un apparecchio telefonico. Specifiche aggravanti sono previste quando il reato e’ commesso da un pubblico ufficiale, un incaricato di pubblico servizio o un avvocato.

DASPO PER MOVIDA VIOLENTA E STRETTA SU SPACCIO, ANCHE SUL WEB: divieto di accesso a bar, pub e locali pubblici per chi vende droga, e inasprimento del carcere, anche nei confronti di chi ha preso parte a una rissa. Il decreto inasprisce il cosiddetto ‘Daspo urbano’: il Questore puo’ applicare il divieto di accesso ai locali pubblici, nonche’ a strutture scolastiche e universitarie, anche nei confronti dei soggetti che non abbiano ancora una condanna definitiva ma abbiano riportato una o piu’ denunce, negli ultimi tre anni, relativamente alla vendita o cessione di sostanze stupefacenti o psicotrope. In caso di violazione del divieto, c’e’ la reclusione da sei mesi a due anni e la multa da 8.000 a 20.000 euro. Quanto alla movida violenta, rispetto alla cosiddetta ‘norma Willy’ (cosi’ ribattezzata a seguito dell’uccisione del giovane Willy Duarte a Colleferro), si inaspriscono le pene per i soggetti coinvolti in risse, prevedendo che, qualora qualcuno resti ucciso o riporti lesioni personali, anche la sola partecipazione alla rissa viene punita con la reclusione da tre mesi a sei anni e viene aumentata la multa prevista per chi partecipa alla rissa da 309 a 2.000 euro. Stretta anche sul web: scatta l’oscuramento, gia’ previsto per il contrasto alla pedopornografia online, per quei siti che vengono utilizzati per la commissione di reati in materia di stupefacenti.

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Immigrazione Legalità PrimoPiano

Maratona giorno e notte per le modifiche ai decreti sicurezza

Alle 3.30 della notte tra mercoledì e giovedì abbiamo approvato in Commissione la legge che modifica i decreti Salvini. Una lunghissima maratona in commissione, durata settimane, a cui si è aggiunto un vasto lavoro all’interno della maggioranza di governo e di relazione con le tante organizzazioni e i soggetti coinvolti e interessati al tema.

Hanno provato a fermarci in tutti i modi: oltre 1500 emendamenti, cavilli regolamentari, blitz, cambi di sala per provare a far saltare le riunioni sfruttando la necessità della sanificazione degli ambienti. Tutto legittimo, sia chiaro: una democrazia sana e matura è fatta anche da un’opposizione che sfrutta ogni forma che i regolamenti mettono a disposizione per impedire alla maggioranza di portare avanti il proprio indirizzo politico.

Noi però andremo avanti fino alla fine. Perché per rafforzare la sicurezza di un Paese serve investire in un’integrazione basata su diritti e doveri, umanità e legalità. Non contro qualcuno, ma per i valori che stanno alla base della nostra storia, della nostra convivenza civile e dei valori per i quali abbiamo scelto di impegnarci nelle istituzioni.

> Il testo del decreto
> Il dossier di approfondimento

ECCO I PRINCIPALI CONTENUTI DEL DECRETO

Ampliamento delle ipotesi di divieto di espulsione e il nuovo permesso di soggiorno per protezione speciale.

Particolarmente rilevante l’intervento effettuato nel testo dell’articolo 19, comma 1.1, del d.lgs. n. 286/1998 che prescrive il divieto di espulsione e respingimento nel caso in cui il rimpatrio determini, per l’interessato, il rischio di tortura.  

Con il nuovo decreto si precisa che tale divieto di espulsione vige anche nei confronti di coloro per cui vi è il rischio di essere sottoposti, in caso di rimpatrio, a trattamenti inumani o degradanti e si introduce una nuova fattispecie di divieto di espulsione che consegue al rischio di violazione del diritto al rispetto della propria vita privata e familiare.

Ai fini della valutazione del rischio di tali violazione, precisa la norma, si  tiene  conto  della natura e della effettivita’ dei vincoli  familiari  dell’interessato, del suo effettivo inserimento sociale in Italia, della durata del suo soggiorno nel territorio nazionale nonche’ dell’esistenza  di  legami familiari, culturali o sociali con il suo Paese d’origine.

Nelle suddette ipotesi, viene previsto il rilascio di permesso di soggiorno per protezione speciale, previo parere della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, convertibile in lavoro

Nuove regole sull’iscrizione anagrafica

Allo scopo di meglio definire la condizione giuridica dello straniero, il nuovo decreto interviene in materia di iscrizione anagrafica, allineando il quadro normativo alla sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 9 luglio 2020. Con tale sentenza era stata dichiarata l’illegittimità dell’intero complesso normativo recato dall’articolo 13, D.L. 113/2018, che precludeva l’iscrizione anagrafica per i richiedenti asilo, Con le nuove norme viene riaffermato il diritto all’iscrizione anagrafica per i richiedenti asilo, sia nelle forme ordinarie sia nelle liste di convivenza, nel caso di richiedenti ospitati nei centri, disciplinate le relative modalità e regolato anche il rilascio della carta d’identità.

Nuove ipotesi di conversione del permesso di soggiorno

Sempre in materia di condizione giuridica dello straniero, il provvedimento affronta anche il tema della convertibilità dei permessi di soggiorni in motivi di lavoro. La soluzione adottata, individua specifiche tipologie di permessi di soggiorno per le quali è ammessa la conversione in permesso di soggiorno per motivi di lavoro, ove ne ricorrano i requisiti. Si tratta dei permessi di soggiorno per protezione speciale (ad eccezione dei casi per i quali siano state applicate le cause di diniego ed esclusione della protezione internazionale per motivi di ordine e sicurezza pubblica), per calamità, per residenza elettiva, per acquisto della cittadinanza o dello stato di apolide, per attività sportiva, per lavoro di tipo artistico, per motivi religiosi e per assistenza minori.

Le nuove ipotesi di conversione consentiranno di non vanificare percorsi di integrazione già in corso e di evitare l’incremento di situazioni di irregolarità e, quindi, di insicurezza, sul territorio nazionale e sul mercato del lavoro.

Modiche al procedimento per il riconoscimento della protezione internazionale

Il nuovo decreto apporta alcune modifiche al procedimento per il riconoscimento della protezione internazionale di cui al decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25.

In particolare vengono riscritte le norme relative all’esame prioritario e alla procedura accelerata chiarendo la diversa funzione e struttura dei due istituti: l’esame prioritario è diretto a rendere più celere il procedimento al fine di esaminare istanze che hanno una manifesta fondatezza o che sono presentate da persone vulnerabili; la procedura accelerata, invece, riguarda casi in cui può presumersi un uso strumentale della domanda e sono previsti termini precisi e più stringenti.

Riforma del sistema di accoglienza

Il provvedimento reca poi una ampia riforma del sistema di accoglienza. ripristinando la possibilità di ospitare all’interno del sistema di accoglienza anche i richiedenti asilo.

L’attuale SIPROIMI (Sistema di Protezione per Titolari di Protezione Internazionale e Minori Stranieri Non Accompagnati ) viene sostituito dal nuovo Sistema di Accoglienza e Integrazione, all’interno del quale potranno essere inseriti, oltre ai minori stranieri non accompagnati e ai titolari di protezione internazionale, anche ii richiedenti asilo ed i titolari di una serie di altri permessi di soggiorno previsti dal Testo Unico sull’immigrazione, ovvero:  protezione speciale,cure mediche, protezione sociale, (art. 18), violenza domestica (art. 18-bis), calamità (art. 20-bis), particolare sfruttamento lavorativo ‘art. 22, comma 12-quater), atti di particolare valore civile (art. 42-bis TU e casi speciali, di cui all’art. 1, comma 9, DL n.113/2018.

Il nuovo decreto prevede che la struttura del Sistema di accoglienza e integrazione si articoli in due livelli di prestazioni, di cui il primo è dedicato ai richiedenti protezione internazionale, mentre il secondo è relativo ai titolari di protezione e di altri permessi speciali e prevede servizi aggiuntivi, quali l’orientamento al lavoro e la formazione professionale  previsti dall’ente locale nei programmi dedicati all’accoglienza.

Cittadinanza

Il termine di definizione dei procedimenti aventi ad oggetto la richiesta di cittadinanza italiana, portato con il primo Decreto Sicurezza a 48 mesi, viene ridotto a 36 mesi: il nuovo termine, che è espressamente qualificato come “termine massimo” e che decorre dalla presentazione della domanda, sarà applicabile solo alle richieste di cittadinanza presentate dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge contenente la modifica normativa

 Porti e le acque territoriali

I Decreti Sicurezza, ed in particolare con il DL n.53/2019, avevano introdotto una serie di norme volte, attraverso l’estensione dei poteri di intervento del Ministero dell’Interno ed un gravoso sistema sanzionatorio, ad inibire gli spazi di agibilità nelle acque territoriali delle organizzazioni non governative impegnate sul fronte dei soccorsi in mare.

Con il nuovo decreto il potere di limitare o vietare il transito e la sosta delle navi permane nella competenza del Ministro dell’Interno, il quale viene perrò chiamato ad agire previa informazione al Presidente del Consiglio e di concerto con il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti e con il Ministro della Difesa. Nella nuova formulazione delle disposizioni di legge viene specificato che esse non trovano applicazione “nell’ipotesi di operazioni di soccorso immediatamente comunicate al centro di coordinamento competente per il soccorso marittimo e allo Stato di bandiera ed effettuate nel rispetto delle indicazioni della competente autorità per la ricerca e soccorso in mare, emesse in base agli obblighi derivanti dalle convenzioni internazionali in materia di diritto del mare nonché dello statuto dei rifugiati fermo restando quanto previsto dal Protocollo addizionale della Convenzione della nazioni unite contro la criminalità organizzata transnazionale per combattere il traffico di migranti via terra, via mare e via aria“.

Il nuovo articolo interviene anche sul trattamento sanzionatorio previsto in caso di violazione dei divieti, prevedendo una multa da10.000 ai 50.000 euro, accanto alla reclusione fino a due anni a carico del comandante dell’imbarcazione che abbia violato i divieti.

Riduzione dei termini per il trattenimento nei centri peri il rimpatrio

In materia di trattenimento dei cittadini stranieri in strutture di permanenza per il rimpatrio, il decreto appronta un’articolata serie di misure dirette, da un lato, a ridurre i tempi massimi di trattenimento (da 180 a 90 giorni, prorogabili di ulteriori 30 giorni qualora lo straniero sia cittadino di un Paese con cui l’Italia abbia sottoscritto accordi in materia di rimpatri), dall’altro a definire norme di garanzia dei diritti delle persone trattenute.

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Immigrazione PrimoPiano

Al lavoro sui nuovi decreti sicurezza: equilibrio tra diritto e doveri

Ho trascorso la gran parte della settimana in Commissione Affari costituzionali alla Camera, dove ricopro il ruolo di capogruppo, per seguire i lavori della legge che modifica i famigerati “decreti Salvini”. Un provvedimento contro il quale stanno facendo un ostruzionismo sfrenato Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia.

Quei decreti hanno generato insicurezza, illegalita? e smantellato ogni forma di equilibrata integrazione: persino la Presidenza della Repubblica ne chiese la modifica.
Con questa legge ripristiniamo legalita?, solidarieta? e umanita?: puntando a un’integrazione basata sul coretto equilibrio tra diritti e doveri.

> Qui il testo del decreto
> Qui il dossier di approfondimento

Ecco le principali novità che vanno a modificare gli articoli 131-bis e 588 del codice penale:

Protezione internazionale: «Per quanto riguarda la protezione internazionale degli stranieri, la normativa vigente prescrive il divieto di espulsione e respingimento nel caso in cui il rimpatrio determini, per l’interessato, il rischio di tortura. Con il decreto, si aggiunge a questa ipotesi il rischio che lo straniero sia sottoposto a trattamenti inumani o degradanti e se ne vieta l’espulsione anche nei casi di rischio di violazione del diritto al rispetto della sua vita privata e familiare. In tali casi, si prevede il rilascio del permesso di soggiorno per protezione speciale. Sempre in materia di condizione giuridica dello straniero, il provvedimento affronta anche il tema della convertibilità dei permessi di soggiorno rilasciati per altre ragioni in permessi di lavoro. Alle categorie di permessi convertibili già previste, si aggiungono quelle di protezione speciale, calamità, residenza elettiva, acquisto della cittadinanza o dello stato di apolide, attività sportiva, lavoro di tipo artistico, motivi religiosi e assistenza ai minori».

Accoglienza e Sprar: «Il provvedimento riforma anche il sistema di accoglienza destinato ai richiedenti protezione internazionale e ai titolari di protezione, con la creazione del nuovo “Sistema di accoglienza e integrazione”. Le attività di prima assistenza continueranno ad essere svolte nei centri governativi ordinari e straordinari. Successivamente, il Sistema si articolerà in due livelli di prestazioni: il primo dedicato ai richiedenti protezione internazionale, il secondo a coloro che ne sono già titolari, con servizi aggiuntivi finalizzati all’integrazione».

Ong. «Il testo interviene poi sulle sanzioni relative al divieto di transito delle navi nel mare territoriale. Si prevede che, nel caso in cui ricorrano i motivi di ordine e sicurezza pubblica o di violazione delle norme sul traffico di migranti via mare, il provvedimento di divieto sia adottato, su proposta del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro della difesa e con il Ministro delle infrastrutture, previa informazione al Presidente del Consiglio. Per le operazioni di soccorso, la disciplina di divieto non si applicherà nell’ipotesi in cui vi sia stata la comunicazione al centro di coordinamento ed allo Stato di bandiera e siano rispettate le indicazioni della competente autorità per la ricerca ed il soccorso in mare. In caso di violazione del divieto, si richiama la disciplina vigente del Codice della navigazione, che prevede la reclusione fino a due anni e una multa da 10.000 a 50.000 euro. Sono pertanto eliminate le sanzioni amministrative introdotte in precedenza».

Il drecreto introduce inoltre norme volte a contrastare il fenomeno dello spaccio di stupefacenti attraverso siti web e, sempre in materia di sicurezza, viene rafforzato il “Daspo urbano”: «rendendo possibile per il Questore l’applicazione del divieto di accesso nei locali pubblici anche nei confronti dei soggetti che abbiano riportato una o più denunce o una condanna non definitiva, nel corso degli ultimi tre anni, relativamente alla vendita o cessione di sostanze stupefacenti o psicotrope. Inoltre, si interviene sul trattamento sanzionatorio conseguente alla violazione del divieto, prevedendo, in particolare, la pena della reclusione da sei mesi a due anni e la multa da 8.000 a 20.000 euro».

Un’altra novità importante riguarda l’inasprimento delle pene per i soggetti coinvolti in risse, spesso determinate da uno sfondo razziale: «qualora qualcuno resti ucciso o riporti lesioni personali, il solo fatto della partecipazione alla stessa sia punibile con la reclusione da sei mesi a sei anni».

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Immigrazione PrimoPiano

SeaWatch, arma di distrazione di massa. Invertire la rotta per battere i populisti

Invidio tutti coloro che hanno certezze assolute sul caso Sea Watch 3 (come è stato definito giornalisticamente, quasi a profetizzare che ci saranno anche un quarto, un quinto, un sesto episodio e cosi via…). Le uniche due certezze che ho sono le seguenti: non c’è nessuna legge che impedisca di salvare vite umane, anzi, il diritto del mare lo impone; non c’è nessuna legge che consente a corpi dello Stato, come la Guardia di Finanza, di disobbedire agli ordini che vengono impartiti


Tutto quello che c’è in mezzo a questi due punti fermi, compresi l’idolatria del ministro Salvini da una parte e della capitana Carola Rackete dall’altra, non mi convincono e non mi interessano. 
Trovo disumano che si lascino 40 persone per una dozzina di giorni dentro ad una nave in mezzo al Mediterraneo, quando negli stessi giorni attraverso altri mezzi arrivano a Lampedusa e in Italia centinaia e centinaia di persone in maniera irregolare. 

E’ chiaro che tutto ciò, unito alla pazzesca proposta di alzare un muro al confine tra Friuli Venezia-Giulia e Slovenia, serva a distrarre l’opinione pubblica da altri temi e per accalappiare qualche consenso facendo leva sui sentimenti peggiori. 
Rientra nella strategia della tensione (comunicativa) tipica del ministro dell’Interno e alla quale bisognerebbe cercare di rispondere dettando l’agenda e non subendola ogni volta, col risultato di strumentalizzare sentimenti e valori che invece sono decisivi per la convivenza civile in un regime democratico. 


Si deve dire con chiarezza che difendere i confini nazionali è un dovere, senza il quale non esisterebbero gli Stati; ma che lo si debba fare mettendo a repentaglio vite umane per una guerra personale contro le Ong (Organizzazioni non governative) non è degno di uno dei 7 Paesi più importanti del mondo e socio fondatore dell’Unione europea. Un grande Paese che ha nel proprio Dna non il “buonismo”, ma l’umanità, l’accoglienza, l’integrazione. 


Lavoriamo piuttosto su un nuovo e più forte equilibrio tra diritti e doveri,l l’unica strada per una corretta integrazione, l’unica strada per una risposta al bisogno di protezione che ciascuno di noi avverte nella società, l’unica strada per costruire una alternativa credibile alle ricette dei nazionalpopulisti.

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Immigrazione PrimoPiano

Il ‘no’ dell’Italia al Global Compact ci isola nel mondo e aggrava i problemi

La decisione della maggioranza di non decidere sull’adesione al Global compact sulle migrazioni è un altro duro colpo assestato alla credibilità internazionale del nostro Paese. Tra ministri che dicono cose diametralmente opposte, partiti della maggioranza che evitano di entrare nel merito del documento avendo posizioni divergenti e il governo che ritira la penna della firma un attimo prima della conferenza di Marrakech dopo aver dato ampie assicurazioni, diventa davvero difficile trovare una linea chiara e comprensibile. E chi ci perde è l’Italia.

Con questa “non decisione” il nostro Paese rimane fuori, almeno per ora, da un meccanismo di accordi e alleanze per la cooperazione nella gestione dei flussi migratori che vede uniti oltre 160 stati del mondo. Difficile pensare che possano esserci benefici da un simile atteggiamento sul piano internazionale. Anche perchè i contenuti e gli obiettivi di questo accordo sancito davanti alle Nazioni Unite, sono di grande rilevanza sociale ed economica.

Gli obiettivi principali, infatti, sono la lotta alla xenofobia; la lotta allo sfruttamento; il contrasto del traffico di esseri umani; il potenziamento dei sistemi di integrazione; assistenza umanitaria; programmi di sviluppo; procedure di frontiera nel rispetto del diritto internazionale, a iniziare dalla Convenzione sui rifugiati del 1951. Argomenti sui quali l’Italia ha bisogno più di altri Paesi di stringere accordi ed essere parte di un sistema di alleanze teso a sgravare il peso che grava quasi esclusivamente sulle nostre spalle della prima accoglienza e della gestione delle emergenze, quando ci sono.

A ciò va aggiunto, poi, che il governo italiano ha scelto politicamente di avvicinarsi ed allearsi ai governi europei più sovranisti e di destra, secondo il punto di vista del ministro Salvini. In realtà, anche questo è un danno che si sta provocando all’Italia; sì, perchè proprio in ragione del sovranismo che ispira i governi di Austria, Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca, Repubblica Slovacca ed altri, nessuno di questi ‘amici’ di Salvini e Di Maio è disposto a prendersi un solo migrante o darci una mano nelle questioni economiche. E per giunta, per effetto di un accordo siglato quest’estate, il ricollocamento sono passati da obbligatori (come era riuscito a imporre il precedente governo italiano) a volontari. Con il risultato che su base volontaria nessuno vuole più darci una mano.

Al di là delle appartenenze politiche, dunque, l’atteggiamento ostile a ogni collaborazione sul terreno delle migrazioni arrecherà un danno al nostro Paese. Certo, fa presa sull’opinione pubblica individuare il “diverso” come un nemico, ma alla lunga è un atteggiamento che ci presenterà un conto salato tutti noi.

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Migranti, in Europa non ha perso il Governo Conte: ha perso l’Italia. Serve un cambio di passo

L’Italia ha perso. No, ovviamente non sto parlando dei mondiali di calcio, ma di qualcosa di più importante. La nostra posizione al Consiglio europeo di giovedì e venerdì è stata travolta dai veti e dall’isolamento in cui ci ha cacciato il Governo. Non ci trovo nulla di positivo in questo e rifuggo dalle letture di chi (anche nel mio partito) esulta per l’esito del vertice.

Cosa è successo? Sostanzialmente si sono fatti solo passi indietro rispetto ai punti di partenza (qui il documento finale approvato al termine del vertice). E’ stata eliminata qualsiasi possibilità di modificare gli accordi di Dublino che obbligano i paesi di primo approdo a farsi carico da soli della gestione dei migranti; è stato cancellato l’obbligo del ricollocamento, che ora sarà attivo solo “su base volontaria”; i migranti che si trovano in uno stato diverso da quello di primo approdo, dovranno obbligatoriamente tornare non “a casa loro” ma nel primo stato europeo in cui hanno messo piede, cioè “a casa nostra”, in Italia. Non è un caso che gli unici ad esultare davvero per l’accordo siano paesi come l’Ungheria di Orban, che ormai è sempre più lontano dall’essere uno stato democratico.

L’Italia ha bisogno non solo di un governo, ma anche di persone che abbiano la forza di farsi rispettare. Battere i pugni sul tavolo è un’espressione che fa presa sui media, ma purtroppo non funziona quando devi trattare con altri 27 stati e le decisioni si prendono all’unanimità.

Al di là delle differenti opinioni politiche e delle differenze che rimangono, da italiano spero davvero che ingranino un’altra marcia, ne va dall’interesse e del futuro della nostra comunità nazionale. Perché si può, anzi si deve fare un’opposizione senza sconti al Governo; ma non saremo mai all’opposizione dell’Italia.

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Immigrazione e sbarchi come strumento di propaganda; ma non basta dire no, serve un’alternativa basata sui doveri

Finalmente la nave-spot Aquarius è approdata a Valencia, per fortuna senza portare con sé alcuna vittima. Questa vicenda è stata utilizzata come un enorme spot elettorale (e sì, le elezioni ci sono state quasi 4 mesi fa, ma faceva comodo usarla per le campagne elettorali di molti comuni che stanno andando al voto) dal nostro nuovo ministro dell’Interno, quel Matteo Salvini che evidentemente non ha smesso i panni da comizio per indossare quelli più consoni al suo ruolo di membro del governo e vice presidente del Consiglio.

Oltre ad essere uno spot, la vicenda della nave Aquarius è risultata essere anche un grande bluff dato che, mentre Salvini sparava bordate a destra e a manca contro Francia e ONG, oltre 2000 persone venivano (fortunatamente) salvate in mare dalle nostre navi e sbarcate nei porti italiani. La prima domanda che ci è sorta è stata chiaramente sull’eticità, oltre che la regolarità, di lasciare praticamente alla deriva oltre 600 persone, donne e bambini inclusi, per poter lanciare qualche slogan e qualche tweet in rete; ma subito dopo ci siamo chiesti come mai si è giunti a questo punto e quale possa essere un’alternativa a simili “politiche” che, bisogna ammetterlo, in questo periodo fanno presa su buona parte dell’opinione pubblica.

Intanto iniziamo con il sottolineare come, nell’ultimo anno, gli arrivi di immigrati in Italia siano diminuiti del ben 82%, la rotta libica si è ridotta enormemente lasciando spazio a nuove e vecchie rotte, come quella che passa dal Senegal, attraverso la Mauritania per arrivare in Marocco e da lì, in Spagna. Un’inversione di tendenza che non ha certo origine nei 15 giorni di governo lega-5stelle, ma che è iniziata con le politiche dell’ex ministro dell’Interno Minniti e con il governo Gentiloni.
Quindi Salvini, oltre ad utilizzare la questione immigrazione per non parlare delle promesse elettorali che interessano veramente gli italiani, come la famosa flat tax, il reddito di cittadinanza, e l’abolizione della legge Fornero (sulle quali non hanno probabilmente idea di come attuarle), mente quando dice che “abbiamo fatto più noi in 15 giorni di governo che il Pd in 6 anni”.

La questione immigrazione è comunque molto complessa e ovviamente non bastano azioni simboliche e slogan per risolverla. Il lavoro che aveva iniziato a fare il governo Gentiloni sta dando i suoi frutti, gli arrivi stanno diminuendo perché diminuiscono le partenze. L’obiettivo quindi deve essere duplice: da una parte lavorare in stretta cooperazione con le autorità dei Paesi di partenza, tra cui ovviamente la Libia, in modo tale da garantire maggiori controlli sulle reti dei trafficanti e una migliore gestione dei flussi migratori; dall’altra, per coloro che arrivano nel nostro territorio, sviluppare un progetto funzionante di integrazione, responsabilizzazione e formazione che miri ad affiancare ai giusti diritti delle persone in fuga da guerre e miseria, i doveri che l’essere accolti comporta.

Coniugare diritti e doveri, rafforzando questi ultimi, è utile e importante non solo per chi accoglie; ma anche per chi arriva. Perchè l’obbligo di apprendere la lingua, imparare i rudimenti del nostro diritto e della convivenza civile, poter essere impiegati nella propria comunità con lavori e progetti di pubblica utilità, sono solo alcune delle molte ragioni che renderebbero più sostenibile e meno ‘pesante’ la gestione dei flussi. Significa favorire l’integrazione, non mortificare l’impegno degli immigrati che ci provano e si rimboccano le maniche, trasmettere messaggi positivi.

Certo è più facile lanciare la campagna #chiudiamoiporti che risolvere i problemi; anzi, questo atteggiamento rischia ancora una volta di far cadere il nostro Paese in un isolamento internazionale che non aiuterà di certo ad affrontare questioni così delicate.

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Immigrazione e sicurezza: diritti e doveri più chiari per accoglienza e integrazione

Abbiamo approvato alla Camera un decreto importante in materia di immigrazione: si potenziano gli strumenti in essere e si mette in campo una strategia organica per affrontare il fenomeno della gestione dei flussi. L’obiettivo è garantire l’accoglienza e l’asilo a chi ne ha effettivo diritto e rendere efficaci le espulsioni e i rimpatri di chi non ne ha i requisiti. Evitando le lunghe attese che spesso finiscono col mortificare la dignità umana delle persone e aumentare il rischio di favorire comportamenti criminosi.

NUOVE SEZIONI SPECIALIZZATE NEI TRIBUNALI Sezioni specializzate nei tribunali, competenti a decidere sulle richieste di protezione internazionale e sulle controversie relative all’impugnazione dei provvedimenti adottati dall’autorità che individua lo Stato competente all’esame delle domande di protezione internazionale. Più in dettaglio, le sezioni vengono istituite nei tribunali ordinari del luogo in cui ha sede la Corte d’appello e saranno 26 in tutto. Quanto alla copertura finanziaria, invece, si specifica che per attuare le disposizioni dell’articolo 1 si provvede nell’ambito delle “risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili” e senza nuovi e maggiori oneri per lo Stato. Spetta al Csm, poi, provvedere con delibera all’organizzazione delle sezioni specializzate, entro 180 giorni dall’entrata in vigore del decreto. Il dl chiarisce anche che la competenza a decidere va alla sezione specializzata nella cui circoscrizione ha sede l’autorità che ha adottato il provvedimento impugnato. Mentre sotto il profilo delle conoscenze richieste ai magistrati si prevede una formazione specifica, fornita dalla Scuola superiore della magistratura in collaborazione con l’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo (Easo). Va detto, peraltro, che i restanti ambiti relativi al diritto dell’immigrazione, fuori dal terreno della protezione internazionale, restano divisi tra giudice di pace, giudice amministrativo e giudice ordinario.

PROCEDIMENTO PIÙ RAPIDO, NESSUN APPELLO, UDIENZA IN CASI CIRCOSCRITTI Resta il procedimento davanti alla Commissione territoriale la prima tappa per l’ottenimento di una protezione internazionale da parte del migrante. Si tratta di una fase di tipo amministrativo che include l’audizione del richiedente asilo e, salvo che il richiedente opponga ragioni di privacy, prevede la videoregistrazione del colloquio svolto, con mezzi audiovisivi e con trascrizione in lingua italiana. Dopo la decisione della Commissione territoriale, come del resto già previsto, il migrante può rivolgersi al giudice. Sull’iter che si avvia a questo punto in sede giurisdizionale, però, il dl Migranti interviene in misura consistente per rendere la procedura più rapida che in passato. In particolare, la videoregistrazione già realizzata e il relativo verbale di trascrizione vengono resi disponibili all’autorità giudiziaria. La Commissione territoriale è, inoltre, tenuta a trasmettere l’intera documentazione acquisita, comprese le informazioni raccolte sulla situazione socio-politico-economica del Paese di provenienza del migrante che chiede protezione in Italia. Si stabilisce, poi, che il procedimento, un tempo trattato con rito sommario di cognizione, sia trattato in camera di consiglio.

Il testo originario del dl prevedeva casi tassativi, di fatto molto limitati, per l’udienza e dunque per il contraddittorio. La versione approvata stabilisce che il giudice disponga l’udienza anche quando la videoregistrazione fatta nella fase precedente non è disponibile, oppure su motivata richiesta del migrante nel ricorso introduttivo, se il migrante stesso ritiene la trattazione del procedimento in udienza essenziale ai fini della decisione. Una revisione che di fatto allarga gli spazi per il contraddittorio e, quindi, per l’esercizio del diritto di difesa, ma secondo alcune forze politiche opera in modo insoddisfacente, perché poco chiaro o soltanto parziale. Molto discussa, del resto, è stata anche l’eliminazione del grado d’appello nelle controversie in questione. Un punto, questo, contestato in alcuni interventi nel ciclo di audizioni svolto al Senato, ma che non è stato ritoccato. Il testo approvato esclude, dunque, per il richiedente asilo un reclamo dopo la decisione del giudice. Resta salvo, invece, il ricorso per Cassazione. Novità anche nella composizione dell’organo giudicante. Un emendamento approvato al Senato ha aperto in parte alla competenza collegiale, specificando che per la trattazione della controversia “è designato dal presidente della sezione specializzata un componente del collegio”. Il collegio stesso decide in camera di consiglio “quando ritiene che non sia necessaria ulteriore istruzione”, per controversie sulla protezione internazionale e per l’impugnazione dei provvedimenti emessi per la determinazione dello Stato competente all’esame della domanda di protezione internazionale.

NOTIFICHE DI ATTI AL MIGRANTE. IL RUOLO DEL RESPONSABILE DEI CENTRI Tra gli aspetti trattati dal decreto, anche il regime delle notificazioni di atti al migrante che ha chiesto protezione internazionale. Se quest’ultimo si trova in un centro o in una struttura di accoglienza, le notificazioni sono dirette al centro o alla struttura. Spetta, poi, al responsabile del centro consegnare al destinatario il documento informatico, sottoscritto con firma digitale, e dare comunicazione dell’avvenuta notificazione alla Commissione territoriale. Diverso il caso del migrante che si trova fuori dai centri, per cui la notificazione ha luogo nell’ultimo domicilio comunicato, a meno che non sia irreperibile, nel qual caso si provvede in questura. In quest’ultima ipotesi, decorsi venti giorni dalla trasmissione dell’atto alla questura da parte della Commissione territoriale – mediante messaggio di posta elettronica certificata – la notificazione si intende fatta.

RISCHIO ECCESSI DI CONTROVERSIE, NOVITÀ SULLA PROCURA ALLE LITI Tra le norme approvate, rientra anche la previsione secondo cui la procura alle liti per la proposizione del ricorso per Cassazione deve essere conferita, a pena di inammissibilità del ricorso, dopo la comunicazione del decreto che si intende impugnare. L’intento è, in questo caso, quello di arginare il rischio di un eccessivo aumento dei ricorsi per Cassazione, a seguito dell’eliminazione dell’appello. Un intervento che si spiega a partire dal fatto che spesso, una volta conferita la procura, questa è mantenuta per tutti i gradi di giudizio. Il che potrebbe, questo il timore alla base dell’approvazione della norma, spingere a ricorsi meramente dilatori.

 IMPUGNAZIONI DEI PROVVEDIMENTI DELL’UNITÀ DUBLINO Per quanto riguarda i provvedimenti adottati dall’Unità Dublino, che fa capo al Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministero dell’interno e ha competenza per la determinazione dello Stato che deve esaminare la domanda di protezione internazionale, il dl Migranti stabilisce che contro le decisioni di trasferimento è ammesso il ricorso al tribunale sede della sezione specializzata in materia di immigrazione che decide, se non diversamente disposto, secondo il rito camerale. Il ricorso deve essere proposto, a pena di inammissibilità, entro trenta giorni dalla notificazione della decisione di trasferimento. Viene disciplinata, inoltre, la sospensione degli effetti della decisione di trasferimento.

IMPIEGO DI MIGRANTI PER ATTIVITÀ DI PUBBLICA UTILITÀ SU BASE VOLONTARIA Via libera all’impiego del migrante in attività di pubblica utilità per le collettività locali, purché su base volontaria. Una possibilità che si realizza con il coinvolgimento di prefetti, comuni e organizzazioni del terzo settore.

ISCRIZIONE ALL’ANAGRAFE DEL MIGRANTE Il testo approvato include l’obbligatoria iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente del richiedente protezione internazionale che non vi risulti già iscritto individualmente. La disposizione introdotta pone anche l’obbligo del responsabile della convivenza di comunicare entro venti giorni all’ufficio dell’anagrafe la variazione della convivenza.

INTERVENTI SUL PERSONALE, DA MAGISTRATURA A ESPERTI DI PEDAGOGIA E MEDIATORI Diverse le norme che intervengono sul personale a vario titolo coinvolto nell’iter della protezione internazionale. Al Consiglio superiore della magistratura spetta il compito di predisporre un piano straordinario di mobilità extradistrettuale per la destinazione di un maggior numero di magistrati alle sezioni specializzate. Da realizzare anche il potenziamento degli organismi amministrativi con l’assunzione di personale qualificato da impiegare nelle commissioni territoriali e in quella nazionale. E saranno assunti funzionari della professionalità giuridico-pedagogica, di servizio sociale e di mediatore culturale per sostenere interventi educativi e programmi di inserimento lavorativo. Inclusa nel testo anche una disposizione che incrementa il contingente di personale locale delle sedi diplomatiche e consolari nel continente africano.

DAI VECCHIE CIE AI NUOVI CENTRI DI PERMANENZA PER I RIMPATRI Addio ai Centri di identificazione ed espulsione e via libera, invece, ai Centri di permanenza per i rimpatri. Un nuovo modello, per strutture più piccole rispetto alle precedenti, più numerose sul territorio nazionale e localizzata vicino agli aeroporti. In questo modo, il testo intende superare i vecchi e discussi centri e affrontare il problema del sovrannumero dei migranti lì presenti e delle limitate garanzie sul piano dei diritti fondamentali.

TRATTENIMENTO DEL MIGRANTE PER IL RESPINGIMENTO Non solo in caso di espulsione, come già previsto, ma anche in caso di provvedimento di respingimento il migrante che ha presentato domanda di protezione internazionale viene trattenuto nel centro dove è ospitato, quando vi siano fondati motivi di ritenere che la domanda sia stata presentata solo per ritardare o impedire l’esecuzione del respingimento stesso. La norma, come spiegato nella relazione tecnica, va intesa come logica conseguenza della vicinanza tra espulsioni e respingimenti, che mostrano “omogeneità contenutistica e funzionale”. L’obiettivo dichiarato è, in entrambi i casi, quello di evitare il rischio di fuga di persone che possano aver presentato richieste “pretestuose e strumentali”.

Proprio in tema di trattenimenti, il testo approvato stabilisce anche la partecipazione del richiedente ai procedimenti di convalida mediante collegamento audiovisivo. Un aspetto, questo, criticato da una parte delle opposizioni, per le quali la disposizione impedirebbe al giudice di esaminare il richiedente nel luogo in cui si trova e, quindi, di verificarne le condizioni di accoglienza. Non solo, ma costringerebbe il difensore – questo il timore – a scegliere tra due ipotesi solo in parte soddisfacenti: presenziare alla convalida con il migrante assistito oppure, invece, con il giudice che deve decidere.

RITO ABBREVIATO A ESPULSIONI PER ORDINE PUBBLICO, SICUREZZA NAZIONALE E TERRORISMO Il testo approvato include la previsione del rito abbreviato per la definizione dei ricorsi contro i provvedimenti di espulsione per motivi di ordine pubblico e sicurezza nazionale e per motivi di prevenzione del terrorismo.

IDENTIFICAZIONE DEGLI STRANIERI IRREGOLARI, PUNTI DI CRISI E RISCHIO DI FUGA In base al dl i migranti irregolari rintracciati sul territorio nazionale o soccorsi nel corso di operazioni di salvataggio in mare vengono condotti in appositi punti di crisi nei centri di prima accoglienza e lì identificati, attraverso il rilevamento fotodattiloscopico e segnaletico. Gli stessi migranti devono poter ottenere informazioni sulle procedure di protezione internazionale, sul programma di ricollocazione in altri Stati membri dell’Ue e sulla possibilità di ricorso al rimpatrio volontario assistito.

Il testo include, poi, la previsione secondo cui il reiterato rifiuto di sottoporsi al rilevamento costituisce rischio di fuga e può giustificare l’adozione della misura di trattenimento presso un Cpr. Un’indicazione, questa, criticata da chi ha ritenuto il rischio di fuga soltanto presunto.

BANCHE DATI E SCAMBIO DI INFORMAZIONI Quanto alle informazioni disponibili su ingressi, soggiorni irregolari e procedimenti per la protezione internazionale, il provvedimento include l’interconnessione del sistema informativo automatizzato del Dipartimento della pubblica sicurezza con le banche dati delle forze di polizia e con il sistema per la gestione dell’accoglienza, istituiti presso il Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del ministero dell’Interno.

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CHI NASCE IN ITALIA E’ ITALIANO

Abbiamo finalmente approvato la legge sulla cittadinanza: la si attende da oltre vent’anni. E’ un grande passo nella modernità, che finalmente introduce il principio dello ‘ius soli’ anche nel nostro ordinamento: una legge per le bambine e bambini nati e cresciuti in Italia, italiani a tutti gli effetti tranne che per il diritto.
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> La sintesi della legge sulla cittadinanza