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Coronavirus, dimezzare le rette di marzo per asili nido e scuole dell’infanzia

Dopo la seconda settimana di chiusura, è necessario che ogni istituzione faccia la propria parte per venire incontro alle esigenze delle famiglie. Per questo è opportuno che in tutte le scuole del territorio si prenda in considerazione il dimezzamento della retta mensile di marzo per le famiglie che hanno figli alla scuola dell’infanzia o negli asili nido comunali.

Oltre allo straordinario lavoro che stanno svolgendo i professionisti della sanità e tutti coloro che sono impegnati nella gestione dell’emergenza va detto che senza il contributo delle singole famiglie non sarebbe possibile gestire questa difficilissima fase. La riduzione della quota si può applicare in maniera automatica e valere sulla retta effettivamente versata in base ai parametri previsti nelle scuole comunali nei singoli comuni, senza ulteriori passaggi burocratici a carico dei genitori.

Non può certo pesare solo sui Comuni lo sforzo di queste settimane: è chiaro che il dimezzamento della retta di un mese comporta un peso importante per un bilancio comunale, ma è uno sforzo necessario per mandare un segnale di attenzione. Serve anche che la Regione e il Governo mettano in campo misure straordinarie di compensazione alle famiglie e di supporto ai Comuni che dovessero prendere decisioni come queste. A tal proposito, a livello nazionale abbiamo avanzato alcune proposte al Governo, tra cui l’ipotesi di estendere l’importo del “bonus asili” e di introdurre da subito l’assegno unico per le famiglie.

D’altra parte chiunque sia a contatto con le persone sa che la giusta scelta di chiusura delle scuole per contenere la diffusione del virus, ha provocato maggiori costi per le famiglie che hanno dovuto, ad esempio, pagare una baby sitter e la retta scolastica senza usufruire del servizio; o che hanno dovuto prendere giorni di ferie dal lavoro; o che hanno dovuto stravolgere i piani e la programmazione familiare.

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Coronavirus, 12 proposte per aiutare aziende e lavoratori

Abbiamo esaminato alla Camera il decreto-legge per affrontare l’emergenza sanitaria dovuta alla diffusione in Italia del virus COVID-19. Un pericolo legato non soltanto alla salute dei cittadini, ma anche alle ripercussioni che potrebbe avere sull’economia del nostro Paese. No agli allarmismi e alla diffusione di false notizie: in questo momento ogni nostro sforzo deve essere concentrato sull’arrestarsi della diffusione del virus e sul contenimento degli impatti negativi.

Ora dobbiamo concentrarci anche sul sostegno al nostro sistema produttivo, in preda alle convulsioni mediatiche e psicologiche. A questo proposito abbiamo presentato 12 proposte da inserire nei prossimi provvedimenti che saranno al vaglio del governo e del parlamento:

1) adottare tutte le azioni e misure possibili, nelle opportune sedi istituzionali europee ed internazionali, al fine di contrastare blocchi alla circolazione di merci e persone, al fine di preservare il principio della libera circolazione;

2) valutare l’opportunità di una più estesa sospensione degli adempimenti tributari e contributivi, che vada oltre i soli comuni considerati “zona rossa”, nonché di una sospensione degli adempimenti relativi a riscossione e definizione agevolata, delle rate dei mutui bancari e del pagamento delle utenze, nelle regioni coinvolte dall’emergenza;

3) una revisione ad hoc e temporalmente definita degli ISA per le attività economiche colpite;

4) adottare le misure necessarie al fine di abbreviare l’accesso agevolato ai Fondi di Garanzia per le attività che, a seguito dell’entrata in vigore del presente decreto, subiscono effetti negativi, quali a titolo esemplificativi il calo e la disdetta delle prenotazioni turistiche o dei servizi di trasporto;

5) valutare l’opportunità di introdurre misure finalizzate all’accesso agevolato al credito per le imprese o i lavoratori autonomi coinvolti all’emergenza;

6) adottare ulteriori strumenti a sostegno dei lavoratori e delle imprese a vario titolo colpiti dalle misure di contenimento, anche in forma di benefici fiscali e accesso alla cassa integrazione;

7) prevedere misure a sostegno delle imprese che fanno ricorso a lavoratori stagionali e, ove necessario, degli stessi lavoratori, in considerazione degli effetti economici derivanti dall’applicazione delle misure dì contenimento del contagio, con particolare riguardo al comparto turistico-ricettivo;

8) adottare, compatibilmente con le risorse disponibili, misure di sostegno per le imprese che effettuano investimenti finalizzati ad attivare o ampliare le possibilità di telelavoro per i propri dipendenti;

9) introdurre ulteriori misure, una volta terminato il periodo emergenziale, di sostegno per le imprese, anche in termini di sgravi tributari o contributivi per il lavoro straordinario necessario al recupero dei livelli di produzione;

10) introdurre, compatibilmente con le risorse disponibili, specifiche misure di supporto per i comparti del mondo dello spettacolo dal vivo, del teatro, della cultura e dell’intrattenimento, nonché del settore fieristico;

11) misure finalizzate all’ampliamento eccezionale dell’ambito del FIS (di cui all’art.29 del d.lgs. n. 148/2015) per la causale COVID-19, ai fini dell’ottenimento dell’assegno ordinario di cui all’art. 30 del medesimo decreto, a prescindere dal limite dimensionale;

12) monitorare l’andamento dei prezzi dei dispositivi di protezione personale di cui alle circolari e ordinanze del Ministero della salute, valutando anche di attivare misure di calmierazione

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Medicina in Romagna: sostegno totale al progetto, anche dall’opposizione

Da anni lavoriamo per questo risultato: ed ora diventa realtà. Con l’approvazione all’unanimità da parte del Senato accademico, si è chiusa l’istruttoria per portare i corsi di laurea di Medicina e chirurgia a Forlì e Ravenna. Una svolta per la presenza universitaria in Romagna, paragonabile solo a quella impressa dai primi insediamenti dell’ateneo nelle nostre province, ormai 30 anni fa.

Per questo motivo Italia Viva sostiene convintamente il progetto, che è nato e si è sviluppato quando a guidare la città era il sindaco Davide Drei, ma soprattutto perché lo riteniamo un progetto valido, utile e di prospettiva ultradecennale. La coerenza con l’enorme impegno messo in questi anni non poteva portarci a votare diversamente che a favore, in Consiglio comunale. Con buona pace di chi si scandalizza se una forza di opposizione vota con la maggioranza: se un progetto è giusto, per lo più se completa un percorso voluto, pensato e attuato da noi, una opposizione che vuole essere costruttiva deve comportarsi così. Non giudichiamo le scelte di altri, ci accontentiamo di rivendicare le nostre.

Dietro a questa iniziativa ci sono persone, studenti, insegnanti, economia, cultura, investimenti privati, opportunità di crescita culturale, sociale ed economica. Fermarsi adesso o aggrapparsi ad aspetti formali per il solo fatto che a guidare l’Amministrazione comunale c’è un sindaco di una parte politica diversa, significa non guardare al futuro di una città ma ad equilibri interni. 

Dunque grazie a tutti coloro che hanno lavorato per questo scopo e a chi ha saputo far prevalere l’interesse del territorio a quelli di parte. Ci aspettiamo che anche il sindaco abbia il medesimo atteggiamento e non si avventuri in polemiche politiche inutili in questa fase. Ora la priorità è dare piena attuazione al progetto Romagna Salute, che vede Forlì come perno centrale di un impianto che coinvolge anche Ravenna, Cesena e Rimini, verso l’obiettivo dei prossimi anni di realizzare un Policlinico della Romagna

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Aree interne, rurali, montane: un fondo contro il dissesto, meno tasse sulle imprese e piena attuazione della legge esistente

Le aree interne, i comuni collinari e montani, i piccoli borghi sono una risorsa vera per l’Italia: un potenziale di crescita, di opportunità e di attrazione di investimenti che non va disperso. Ciò richiede, però, un sostegno più forte da parte dello Stato, a partire dal dare attuazione alla legge sui piccoli comuni approvata nella scorsa legislatura, istituire un fondo specifico contro il dissesto idrogeologico e prendere esempio dall’Emilia-Romagna dimezzando l’Irap per le imprese che operano in montagna. Sono queste le richieste che ho fatto alla Camera durante la discussione della mozione di cui ero co-firmatario approvata a Montecitorio che riguardava iniziative per la salvaguardia, la valorizzazione e lo sviluppo delle aree interne, rurali e montane.

Le Aree interne interessano 4.216 Comuni, pari a circa il 52% del totale, e in essi vive circa il 22% della popolazione totale su una superficie pari al 60% del territorio nazionale. Non bastano le parole, ma serve un cambio di passo nelle politiche di sostegno. Gli strumenti ci sono: bisogna dare attuazione alla legge n. 158 del 2017 sui piccoli comuni, emanando rapidamente i decreti attuativi, sbloccando le risorse previste, incrementando il fondo previsto dalla medesima legge.

Sono zone fondamentali per tutto il territorio anche le aree di pianura; ecco perché è necessario sostenere le popolazioni di quelle zone anche investendo in uno specifico fondo per il contrasto al dissesto idrogeologico, solo per le aree collinari e montane, solo per le aree lontane dai centri urbani, che abbia una programmazione pluriennale per permettere di pianificare interventi di lungo periodo, che vadano oltre la gestione dell’emergenza.

Si copino, poi, le misurano che funzionano prendendo esempio dall’Emilia-Romagna, dove il presidente Bonaccini ha dimezzato l’Irap per aziende, commercianti, artigiani, professionisti e lavoratori autonomi delle aree montane, per sostenere chi fa impresa o esercita una attività nell’Appennino emiliano-romagnolo. Non potendolo fare direttamente, essendo l’Irap un’imposta statale, è intervenuto sotto forma di rimborsi; ma si potrebbe immaginare una norma nazionale analoga per le aree interne più svantaggiate e in maggiore difficoltà.

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L’approdo di Medicina a Forlì e l’obiettivo del Policlinico della Romagna

L’approdo del corso di laurea di Medicina a Forlì e Ravenna (cui fanno il paio i nuovi insediamenti su Cesena e Rimini), sono per la nostra terra una pietra miliare, che ora apre nuovi scenari per l’università e la sanità romagnole. E’ il modo migliore per celebrare i 30 anni della presenza universitaria in Romagna, gettando le basi per progetti lungimiranti che guardino ai prossimi decenni, come quello di un Policlinico della Romagna.

Servono obiettivi ambiziosi e dunque la prospettiva di realizzare un Policlinico della Romagna, anche in ragione degli importanti insediamenti che si stabiliranno a Cesena con l’investimento su ingegneria biomedicale e a Rimini sul fronte dei servizi innovativi e della prevenzione, deve essere un obiettivo attorno al quale tutti si sentano impegnati concretamente e senza inutili gelosie territoriali. 

L’approdo massiccio di Medicina in Romagna è il frutto di un lavoro di squadra, talvolta anche faticoso, ma la cui positiva conclusione apre opportunità nuove per tutti i cittadini. Ora si lavori per attuare questo progetto nei tempi prefissati, puntando ad attrarre i migliori professionisti delle diverse discipline e rafforzando la capacità di collaborare dei diversi territori romagnoli.

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Riforme costituzionali, riprendiamo il percorso interrotto nel 2016

E’ stata approvata la legge che prevede il taglio dei parlamentari da 630 a 400 alla Camera e da 315 a 200 al Senato. Un taglio che se rimanesse fine a se stesso sarebbe irricevibile perché la legge non affronta nessuno dei problemi di funzionamento delle nostre istituzioni: ma accanto a questa legge, grazie ad uno scrupoloso lavoro fatto negli ultimi giorni a cui ho avuto il piacere di contribuire, si è sottoscritto un accordo tra tutti i gruppi di maggioranza per affrontare altri punti fondamentali.

L’accordo prevede che da subito si lavori per una serie di provvedimenti che realizzano una diversa struttura del rapporto di fiducia tra governo e parlamento; una modifica dei regolamenti parlamentari; una nuova legge elettorale (che tra l’altro assicuri esatta parità di genere); una legge che assicuri il diritto di voto per i fuori sede e semplifichi quello per i 6 milioni di connazionali che vivono all’estero.

Questo voto favorevole è un investimento sulla fiducia che si possano riprendere i temi per i quali ci siamo strenuamente battuti col referendum del 2016 e che si rivelano ogni giorno sempre più attuali.

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Aeroporto di Forlì, passi in avanti per la riapertura

Sull’aeroporto di Forlì, purtroppo quanto dichiarato da esponenti del precedente governo (“è conclusa l’istruttoria tecnica che consentirà all’aeroporto di Forlì di rientrare nella tabella A”) non corrisponde al vero. Ad una mia interrogazione urgente ha risposto direttamente il Ministero dell’Interno smentendo l’affermazione.

La buona notizia, invece, è che con il cambio di governo e il lavoro che si sta svolgendo in maniera informale con i vertici del ministero, ci si sta finalmente impegnando concretamente per reperire i soldi necessari a pagare i Vigili del Fuoco (circa 3 milioni di euro, da “coprire” con riduzioni di spesa su altri capitoli del Bilancio dello Stato) necessari per riaprire l’aeroporto: questione fondamentale per poter procedere in parallelo alla emanazione del decreto per l’inserimento del “Ridolfi” nella tabella A dell’apposito decreto legislativo. 

Continuiamo a lavorare per contribuire al raggiungimento del risultato senza amor di polemica e senza inutili fughe in avanti, in stretta relazione con la società concessionaria, con l’amministrazione comunale e con coloro che hanno il desiderio di collaborare fattivamente. Ora l’unica cosa che conta è questa.

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Perché ho votato la fiducia al governo Conte 2

Lunedì ho votato la fiducia al nuovo Governo (che ha giurato al Quirinale, qui la composizione). Una scelta non semplice ma necessaria per mettere in sicurezza l’Italia da aumento dell’Iva e delle accise, blocco degli investimenti, isolamento internazionale e una tempesta finanziaria che era alle porte. E che appare per ora allontanata, come hanno dimostrato tutti gli indicatori di mercato (spread e tassi di interesse sul debito, mai così bassi: sostanzialmente significa che per vendere i nostri titoli di Stato, paghiamo molto meno rispetto a prima).

Votare la fiducia a questo governo è una scelta che comporta anche qualche rospo da ingoiare, ma che ci serve anche per non perdere ruolo e peso in Europa, dove eravamo totalmente isolati. Nemmeno un mese fa, l’Italia avrebbe nominato come proprio rappresentante nella Commissione Europea un sovranista e anti-Euro. Oggi, invece, abbiamo scelto un grande europeista apprezzato a livello internazionale come Paolo Gentiloni. Una bella notizia per l’Italia, che finalmente torna a sedersi ai tavoli con credibilità e rispetto.

Ho votato la fiducia anche per difendere un principio cardine della Repubblica e di ogni stato liberale: la democrazia rappresentativa e parlamentare. Che è l’antidoto migliore (per quanto imperfetto) ai colpi di testa di qualche leader di turno che si fa prendere la mano dalla tentazione di usare le istituzioni solo per i propri calcoli, magari chiedendo a gran voce pieni poteri. E’ successo in Italia con Matteo Salvini (campione di incapacità politica, come hanno dimostrato i fatti, al di là dei comizi da spiaggia) ed è successo nel Regno Unito, dove il premier Boris Johnson ha provato a esautorare il parlamento e fare come se non ci fossero altri poteri; ma è stato costretto a fermarsi, grazie ai pesi e contrappesi previsti dal ruolo centrale dei rappresentanti eletti dai cittadini.

So che è una scelta che non trova piena condivisione tra le persone che mi seguono; ma quando si ha un ruolo di rappresentanza non ci si può lavare le mani nelle situazioni scomode, nascondersi o lasciare che decidano gli altri e poi “commentare” come se si fosse altrove. Ecco perché ho voluto affrontare questi temi in occasioni pubbliche, confrontandomi con le persone, da solo o assieme a miei autorevoli colleghi. Non è il momento di chiudersi, magari dentro ai palazzi, ma di affrontare la situazione a viso aperto, con dignità e con la forza delle proprie idee. Ne approfitto per ringraziare le tantissime persone che hanno partecipato agli eventi di Villagrappa e di Forlimpopoli con Marco Minniti, oltre che tutti i volontari che faticano per organizzare feste e occasioni pubbliche di incontro. 

Provarci, dunque, è un dovere morale per chi ha a cuore l’Italia e anche il proprio territorio. Proviamo solo a pensare ai tantissimi nodi irrisolti o addirittura peggiorati dal precedente Governo, ne cito alcuni: dall’aeroporto di Forlì alla E45, dagli investimenti deliberati e bloccati al nuovo carcere di Forlì nuovamente impantanato (ed è incredibile pensando che avevamo un sottosegretario dedicato a questo), dalle Foreste Casentinesi da un anno e mezzo senza risposte a tante altre situazioni piccole e grandi che sono ferme o abbandonate.

Non sarà semplice, ma come sempre sarò in prima linea e sarà fondamentale la vostra presenza: per criticare, suggerire o applaudire a seconda delle situazione.

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E45, il governo emani il decreto di ripartizione delle risorse

Dopo l’accordo sottoscritto tra i sindacati e la Regione sugli aiuti per i lavoratori che hanno subito un danno a seguito della chiusura del viadotto Puleto, adesso è il Governo che deve fare il passo successivo, emanando il decreto di ripartizione delle risorse fra le Regioni interessate. Una cifra pari a 10 milioni di euro che verranno suddivisi tra Emilia-Romagna, Toscana e Umbria.

Non si deve perdere tempo. Ce n’è già voluto troppo per stanziare quei soldi: ho presentato una interrogazione al premier Conte per sollecitarlo, con spirito collaborativo, a fare presto. Ulteriori esitazioni o lungaggini non farebbero altro che ricadere ulteriormente su cittadini e imprese che hanno già subito gravissime ripercussioni sul piano economico e lavorativo.

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Con il dl crescita il governo costringe le imprese a fare da banca

Dopo l’approvazione lo scorso 27 giugno al Senato, il dl crescita del governo Conte è legge. Alcune norme contenute nel provvedimento tuttavia sono dannose per alcuni comparti della nostra economia. In particolare, nel decreto legge sono state introdotte delle novità sul versante degli ecobonus e dei sismabonus: l’articolo 10, infatti, permette ai cittadini che eseguono lavori di efficientamento energetico o di messa in sicurezza sismica del proprio immobile, di chiedere al fornitore, in alternativa alla detrazione fiscale dal 50% all’85% in 10 anni, uno sconto immediato sulla fattura pari all’importo della detrazione stessa. 
Con questa norme le imprese del settore edile sono chiamare a fare da banca: non è così che si sostiene il mondo produttivo. Per questo avevo promosso anche una proposta di legge alternativa in proposito. In questo modo si rischia di mettere in crisi ulteriore un settore che negli ultimi anni ha già dovuto affrontare serie difficoltà che hanno inciso molto negativamente sui ricavi.

A parole tutti vogliono aiutare gli artigiani e le piccole e medie imprese, ma queste normative vanno nella direzione opposta, avvantaggiando le imprese più redditizie e di grandi dimensioni, provocando una distorsione della concorrenza che penalizza le imprese di dimensioni ridotte.

Il governo non lasci cadere nel vuoto anche questo appello e corregga una normativa che rischia seriamente di danneggiare le PMI. Faremo proposte per modificare questo intervento inutile e dannoso, ma anche per offrire una alternativa per rendere più fruibili gli ecobonus.