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Esteri PrimoPiano

La Turchia saluta la democrazia: la UE interrompa il processo di adesione

La Pasqua ci consegna una Turchia che scivola fuori dai confini della democrazia “tradizionale”, come abbiamo avuto la fortuna di conoscerla da questa parte del mondo. Il presidente Recep Tayyip Erdogan ha ottenuto il proprio obiettivo: la vittoria degli evet (sì in turco) al referendum sulla nuova costituzione ha confermato il voto del parlamento e consegnato al presidente poteri quasi assoluti. Il referendum si è svolto in condizioni di grande tensione, dato il perdurare dello “stato d’emergenza” dichiarato il 15 luglio 2016 (quando si verificò il fallito colpo di Stato) e da allora mai cessato, anzi.

La Turchia si trasforma così da repubblica parlamentare a repubblica presidenziale. Il presidente sarà anche capo del governo perché la riforma, tra le altre cose, elimina la figura del primo ministro; nominerà e revocherà a suo piacimento i ministri; potrà con decreti presidenziali intervenire su molte materie senza passare dal parlamento; potrà nominare direttamente i vertici dell’esercito e dei servizi segreti, i rettori delle università, i dirigenti della pubblica amministrazione, buona parte dei giudici.

Basterebbe questo per rendere allarmante la situazione, ma c’è dell’altro. Dal giorno del fallito (finto?) colpo di stato l’attuale presidente Erdogan e il governo turco hanno arrestato 43mila persone, sequestrato 800 società, chiuso giornali ed emittenti televisive, mandato in carcere 150 giornalisti (per 16 è stato chiesto l’ergastolo), allontanato dal lavoro 140mila dipendenti pubblici (tra cui funzionari, dirigenti, giudici, poliziotti). Con una complessa rete di relazioni, poi, il presidente turco controlla anche le principiali aziende del paese. Una riforma in senso presidenziale proposta da una guida politica che ha fatto tutto questo, non può che spaventare.

Per l’Europa e “l’Occidente” si pongono molti interrogativi sull’atteggiamento da tenere con la Turchia, che non solo è membro della NATO (dal 1952), non solo è un “cuscinetto” tra noi e il caos mediorientale, ma è anche uno stato che per lungo tempo Europa e Stati Uniti hanno corteggiato illudendola addirittura di poter diventare l’avamposto dell’occidente in Medio Oriente.

Erdogan, salvo colpi di scena, rimarrà in carica fino al 2029: lo farà grazie al fatto che sì, rimane il limite dei due mandati, ma l’approvazione di una nuova costituzione azzera il “conteggio” e dalle presidenziali del 2019 il presidente in carica potrà ricandidarsi e farlo successivamente anche nel 2024. Non si potrà rimanere indifferenti di fronte alle prevaricazioni portate avanti dal suo regime, ma purtroppo Erdogan sarà un difficile e obbligato interlocutore per tutti.
A maggior ragione l’Europa non può pensare di rispondere con un ritorno ritorno agli Stati-nazione come vorrebbero i vari Grillo, Salvini, Le Pen, Orban, May. Serve più Europa, serve un’Europa più compatta, capace di progredire nel processo di integrazione portando con sè tutti i paesi membri; ma impedendo a chi non ci vuol stare di bloccare tutti gli altri.

C’è una cosa che si potrebbe fare subito e che darebbe un “segnale” importante: l’interruzione del negoziato (per me poco sensato) avviato nel 2005 per l’adesione della Turchia all’Unione europea. Sarebbe un atto di difesa dei valori democratici e liberali che assegnerebbe autorevolezza a chi lo promuovesse.

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Immigrazione PrimoPiano

Immigrazione e sicurezza: diritti e doveri più chiari per accoglienza e integrazione

Abbiamo approvato alla Camera un decreto importante in materia di immigrazione: si potenziano gli strumenti in essere e si mette in campo una strategia organica per affrontare il fenomeno della gestione dei flussi. L’obiettivo è garantire l’accoglienza e l’asilo a chi ne ha effettivo diritto e rendere efficaci le espulsioni e i rimpatri di chi non ne ha i requisiti. Evitando le lunghe attese che spesso finiscono col mortificare la dignità umana delle persone e aumentare il rischio di favorire comportamenti criminosi.

NUOVE SEZIONI SPECIALIZZATE NEI TRIBUNALI Sezioni specializzate nei tribunali, competenti a decidere sulle richieste di protezione internazionale e sulle controversie relative all’impugnazione dei provvedimenti adottati dall’autorità che individua lo Stato competente all’esame delle domande di protezione internazionale. Più in dettaglio, le sezioni vengono istituite nei tribunali ordinari del luogo in cui ha sede la Corte d’appello e saranno 26 in tutto. Quanto alla copertura finanziaria, invece, si specifica che per attuare le disposizioni dell’articolo 1 si provvede nell’ambito delle “risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili” e senza nuovi e maggiori oneri per lo Stato. Spetta al Csm, poi, provvedere con delibera all’organizzazione delle sezioni specializzate, entro 180 giorni dall’entrata in vigore del decreto. Il dl chiarisce anche che la competenza a decidere va alla sezione specializzata nella cui circoscrizione ha sede l’autorità che ha adottato il provvedimento impugnato. Mentre sotto il profilo delle conoscenze richieste ai magistrati si prevede una formazione specifica, fornita dalla Scuola superiore della magistratura in collaborazione con l’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo (Easo). Va detto, peraltro, che i restanti ambiti relativi al diritto dell’immigrazione, fuori dal terreno della protezione internazionale, restano divisi tra giudice di pace, giudice amministrativo e giudice ordinario.

PROCEDIMENTO PIÙ RAPIDO, NESSUN APPELLO, UDIENZA IN CASI CIRCOSCRITTI Resta il procedimento davanti alla Commissione territoriale la prima tappa per l’ottenimento di una protezione internazionale da parte del migrante. Si tratta di una fase di tipo amministrativo che include l’audizione del richiedente asilo e, salvo che il richiedente opponga ragioni di privacy, prevede la videoregistrazione del colloquio svolto, con mezzi audiovisivi e con trascrizione in lingua italiana. Dopo la decisione della Commissione territoriale, come del resto già previsto, il migrante può rivolgersi al giudice. Sull’iter che si avvia a questo punto in sede giurisdizionale, però, il dl Migranti interviene in misura consistente per rendere la procedura più rapida che in passato. In particolare, la videoregistrazione già realizzata e il relativo verbale di trascrizione vengono resi disponibili all’autorità giudiziaria. La Commissione territoriale è, inoltre, tenuta a trasmettere l’intera documentazione acquisita, comprese le informazioni raccolte sulla situazione socio-politico-economica del Paese di provenienza del migrante che chiede protezione in Italia. Si stabilisce, poi, che il procedimento, un tempo trattato con rito sommario di cognizione, sia trattato in camera di consiglio.

Il testo originario del dl prevedeva casi tassativi, di fatto molto limitati, per l’udienza e dunque per il contraddittorio. La versione approvata stabilisce che il giudice disponga l’udienza anche quando la videoregistrazione fatta nella fase precedente non è disponibile, oppure su motivata richiesta del migrante nel ricorso introduttivo, se il migrante stesso ritiene la trattazione del procedimento in udienza essenziale ai fini della decisione. Una revisione che di fatto allarga gli spazi per il contraddittorio e, quindi, per l’esercizio del diritto di difesa, ma secondo alcune forze politiche opera in modo insoddisfacente, perché poco chiaro o soltanto parziale. Molto discussa, del resto, è stata anche l’eliminazione del grado d’appello nelle controversie in questione. Un punto, questo, contestato in alcuni interventi nel ciclo di audizioni svolto al Senato, ma che non è stato ritoccato. Il testo approvato esclude, dunque, per il richiedente asilo un reclamo dopo la decisione del giudice. Resta salvo, invece, il ricorso per Cassazione. Novità anche nella composizione dell’organo giudicante. Un emendamento approvato al Senato ha aperto in parte alla competenza collegiale, specificando che per la trattazione della controversia “è designato dal presidente della sezione specializzata un componente del collegio”. Il collegio stesso decide in camera di consiglio “quando ritiene che non sia necessaria ulteriore istruzione”, per controversie sulla protezione internazionale e per l’impugnazione dei provvedimenti emessi per la determinazione dello Stato competente all’esame della domanda di protezione internazionale.

NOTIFICHE DI ATTI AL MIGRANTE. IL RUOLO DEL RESPONSABILE DEI CENTRI Tra gli aspetti trattati dal decreto, anche il regime delle notificazioni di atti al migrante che ha chiesto protezione internazionale. Se quest’ultimo si trova in un centro o in una struttura di accoglienza, le notificazioni sono dirette al centro o alla struttura. Spetta, poi, al responsabile del centro consegnare al destinatario il documento informatico, sottoscritto con firma digitale, e dare comunicazione dell’avvenuta notificazione alla Commissione territoriale. Diverso il caso del migrante che si trova fuori dai centri, per cui la notificazione ha luogo nell’ultimo domicilio comunicato, a meno che non sia irreperibile, nel qual caso si provvede in questura. In quest’ultima ipotesi, decorsi venti giorni dalla trasmissione dell’atto alla questura da parte della Commissione territoriale – mediante messaggio di posta elettronica certificata – la notificazione si intende fatta.

RISCHIO ECCESSI DI CONTROVERSIE, NOVITÀ SULLA PROCURA ALLE LITI Tra le norme approvate, rientra anche la previsione secondo cui la procura alle liti per la proposizione del ricorso per Cassazione deve essere conferita, a pena di inammissibilità del ricorso, dopo la comunicazione del decreto che si intende impugnare. L’intento è, in questo caso, quello di arginare il rischio di un eccessivo aumento dei ricorsi per Cassazione, a seguito dell’eliminazione dell’appello. Un intervento che si spiega a partire dal fatto che spesso, una volta conferita la procura, questa è mantenuta per tutti i gradi di giudizio. Il che potrebbe, questo il timore alla base dell’approvazione della norma, spingere a ricorsi meramente dilatori.

 IMPUGNAZIONI DEI PROVVEDIMENTI DELL’UNITÀ DUBLINO Per quanto riguarda i provvedimenti adottati dall’Unità Dublino, che fa capo al Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministero dell’interno e ha competenza per la determinazione dello Stato che deve esaminare la domanda di protezione internazionale, il dl Migranti stabilisce che contro le decisioni di trasferimento è ammesso il ricorso al tribunale sede della sezione specializzata in materia di immigrazione che decide, se non diversamente disposto, secondo il rito camerale. Il ricorso deve essere proposto, a pena di inammissibilità, entro trenta giorni dalla notificazione della decisione di trasferimento. Viene disciplinata, inoltre, la sospensione degli effetti della decisione di trasferimento.

IMPIEGO DI MIGRANTI PER ATTIVITÀ DI PUBBLICA UTILITÀ SU BASE VOLONTARIA Via libera all’impiego del migrante in attività di pubblica utilità per le collettività locali, purché su base volontaria. Una possibilità che si realizza con il coinvolgimento di prefetti, comuni e organizzazioni del terzo settore.

ISCRIZIONE ALL’ANAGRAFE DEL MIGRANTE Il testo approvato include l’obbligatoria iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente del richiedente protezione internazionale che non vi risulti già iscritto individualmente. La disposizione introdotta pone anche l’obbligo del responsabile della convivenza di comunicare entro venti giorni all’ufficio dell’anagrafe la variazione della convivenza.

INTERVENTI SUL PERSONALE, DA MAGISTRATURA A ESPERTI DI PEDAGOGIA E MEDIATORI Diverse le norme che intervengono sul personale a vario titolo coinvolto nell’iter della protezione internazionale. Al Consiglio superiore della magistratura spetta il compito di predisporre un piano straordinario di mobilità extradistrettuale per la destinazione di un maggior numero di magistrati alle sezioni specializzate. Da realizzare anche il potenziamento degli organismi amministrativi con l’assunzione di personale qualificato da impiegare nelle commissioni territoriali e in quella nazionale. E saranno assunti funzionari della professionalità giuridico-pedagogica, di servizio sociale e di mediatore culturale per sostenere interventi educativi e programmi di inserimento lavorativo. Inclusa nel testo anche una disposizione che incrementa il contingente di personale locale delle sedi diplomatiche e consolari nel continente africano.

DAI VECCHIE CIE AI NUOVI CENTRI DI PERMANENZA PER I RIMPATRI Addio ai Centri di identificazione ed espulsione e via libera, invece, ai Centri di permanenza per i rimpatri. Un nuovo modello, per strutture più piccole rispetto alle precedenti, più numerose sul territorio nazionale e localizzata vicino agli aeroporti. In questo modo, il testo intende superare i vecchi e discussi centri e affrontare il problema del sovrannumero dei migranti lì presenti e delle limitate garanzie sul piano dei diritti fondamentali.

TRATTENIMENTO DEL MIGRANTE PER IL RESPINGIMENTO Non solo in caso di espulsione, come già previsto, ma anche in caso di provvedimento di respingimento il migrante che ha presentato domanda di protezione internazionale viene trattenuto nel centro dove è ospitato, quando vi siano fondati motivi di ritenere che la domanda sia stata presentata solo per ritardare o impedire l’esecuzione del respingimento stesso. La norma, come spiegato nella relazione tecnica, va intesa come logica conseguenza della vicinanza tra espulsioni e respingimenti, che mostrano “omogeneità contenutistica e funzionale”. L’obiettivo dichiarato è, in entrambi i casi, quello di evitare il rischio di fuga di persone che possano aver presentato richieste “pretestuose e strumentali”.

Proprio in tema di trattenimenti, il testo approvato stabilisce anche la partecipazione del richiedente ai procedimenti di convalida mediante collegamento audiovisivo. Un aspetto, questo, criticato da una parte delle opposizioni, per le quali la disposizione impedirebbe al giudice di esaminare il richiedente nel luogo in cui si trova e, quindi, di verificarne le condizioni di accoglienza. Non solo, ma costringerebbe il difensore – questo il timore – a scegliere tra due ipotesi solo in parte soddisfacenti: presenziare alla convalida con il migrante assistito oppure, invece, con il giudice che deve decidere.

RITO ABBREVIATO A ESPULSIONI PER ORDINE PUBBLICO, SICUREZZA NAZIONALE E TERRORISMO Il testo approvato include la previsione del rito abbreviato per la definizione dei ricorsi contro i provvedimenti di espulsione per motivi di ordine pubblico e sicurezza nazionale e per motivi di prevenzione del terrorismo.

IDENTIFICAZIONE DEGLI STRANIERI IRREGOLARI, PUNTI DI CRISI E RISCHIO DI FUGA In base al dl i migranti irregolari rintracciati sul territorio nazionale o soccorsi nel corso di operazioni di salvataggio in mare vengono condotti in appositi punti di crisi nei centri di prima accoglienza e lì identificati, attraverso il rilevamento fotodattiloscopico e segnaletico. Gli stessi migranti devono poter ottenere informazioni sulle procedure di protezione internazionale, sul programma di ricollocazione in altri Stati membri dell’Ue e sulla possibilità di ricorso al rimpatrio volontario assistito.

Il testo include, poi, la previsione secondo cui il reiterato rifiuto di sottoporsi al rilevamento costituisce rischio di fuga e può giustificare l’adozione della misura di trattenimento presso un Cpr. Un’indicazione, questa, criticata da chi ha ritenuto il rischio di fuga soltanto presunto.

BANCHE DATI E SCAMBIO DI INFORMAZIONI Quanto alle informazioni disponibili su ingressi, soggiorni irregolari e procedimenti per la protezione internazionale, il provvedimento include l’interconnessione del sistema informativo automatizzato del Dipartimento della pubblica sicurezza con le banche dati delle forze di polizia e con il sistema per la gestione dell’accoglienza, istituiti presso il Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del ministero dell’Interno.

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Lavoro PrimoPiano

Voucher e appalti, approvata la soppressione: impegno per nuovi strumenti sul lavoro accessorio

Il disegno di legge di conversione, approvato alla Camera, prevede all’articolo 1 la soppressione della disciplina del lavoro accessorio, prevedendo un regime transitorio per i buoni già richiesti fino al 17 marzo 2017 (data di entrata in vigore del decreto legge), i quali possono essere utilizzati fino al 31 dicembre 2017. I dubbi circa la disciplina da applicare durante la fase transitoria sono stati chiariti con un comunicato del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, del 21 marzo 2017, che ha specificato che l’utilizzo dei buoni, nel periodo transitorio, dovrà essere effettuato nel rispetto delle disposizioni in materia di lavoro accessorio previste nelle norme oggetto di abrogazione da parte del decreto.

Viene, inoltre, modificata la disciplina della responsabilità solidale negli appalti al fine di elevare ulteriormente l’efficacia delle tutele in favore dei lavoratori in coerenza con la recente evoluzione della disciplina in materia di contratti pubblici L’articolo 2dispone l’abrogazione delle disposizioni dell’articolo 29, comma 2, del decreto legislativo 276/2003 relative: a) alla possibilità, per i contratti collettivi, di derogare al principio della responsabilità solidale tra committente e appaltatore, nel caso in cui, attraverso la contrattazione collettiva, si individuino metodi e procedure di controllo e di verifica della regolarità complessiva degli appalti; b) alla preventiva escussione del patrimonio dell’appaltatore (ferma restando la responsabilità solidale per cui committente e appaltatore sono convenuti in giudizio congiuntamente), ovvero la possibilità di intentare l’azione esecutiva nei confronti del committente solo dopo l’infruttuosa escussione del patrimonio dell’appaltatore e degli eventuali subappaltatori.

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Giustizia PrimoPiano

Risarcimento del danno patrimoniale, ok della Camera alle nuove norme

Il risarcimento del danno non patrimoniale avverrà con valutazione equitativa del giudice sulla base delle tabelle elaborate dallOsservatorio sulla giustizia civile di Milano. È questa la principale novità contenuta nella pdl sul risarcimento del danno non patrimoniale, approvata in prima lettura dall’aula della Camera.

Attualmente, come rileva il dossier della Camera, il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale è previsto dall’articolo 2059 del codice civile (che la pdl punta a sostituire), che si limita a prevedere che il danno non patrimoniale debba essere risarcito nei soli casi previsti dalla legge. Dunque, molto, in questi anni, è stato fatto dalla giurisprudenza. Allo stesso modo per procedere ai risarcimenti si è fatto ricorso a “una notevole diversità dei criteri di valutazione da parte degli uffici giudiziari sul territorio, con il risultato sia di una estrema incertezza nell’individuazione di parametri oggettivi di riferimento sia di un’applicazione della legge lesiva della parità di trattamento tra i cittadini”. Con l’adozione delle cosiddette Tabelle di Milano l’obiettivo è creare, su tutto il territorio, una omogeneità dei criteri di valutazione del danno. La pdl nasce da una proposta del Movimento 5 stelle ma nel corso dell’esame in commissione Giustizia è stata di fatto riscritta dall’approvazione di una serie di emendamenti Pd.

LIQUIDAZIONE DANNO SU BASE TABELLE MILANO Il danno non patrimoniale per lesioni dellintegrità psico-fisica e per perdita del rapporto di tipo familiare deve essere liquidato dal giudice con valutazione equitativa in base alle tabelle di Milano (le tabelle elaborate dallOsservatorio sulla giustizia civile di Milano).

RISARCIMENTO AUMENTABILE Il giudice può aumentare fino al 50 per cento lammontare della liquidazione tenuto conto delle condizioni soggettive del danneggiato.

AGGIORNAMENTO ANNUALE TABELLE Gli importi indicati nelle tabelle sono aggiornati annualmente in misura corrispondente alle variazioni degli indici Istat dei prezzi al consumo.

AMBITO DI APPLICAZIONE Le nuove regole, una volta in vigore, si applicheranno ai procedimenti in corso, a meno che il risarcimento del danno non sia già stato determinato in via transattiva oppure non sia già stato liquidato con sentenza (anche non definitiva).

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Legalità PrimoPiano

Sicurezza, col nuovo decreto più potere ai sindaci e misure anti-degrado

È molto importante il decreto che abbiamo votato alla Camera a proposito di sicurezza e contrasto al degrado urbano. Un testo a cui assieme ai miei colleghi della commissione Affari costituzionali ho lavorato intensamente in queste settimane e che ora va al Senato per l’ok definitivo.

Si prevede l’istituzione di un daspo urbano sul modello di quello adottato per gli stadi; nuove misure contro i writers; divieto di accesso ai pub e agli altri locali pubblici per chi è stato condannato per droga; l’arresto in flagranza differita; più strumenti ai sindaci per ordinanze in materia di sicurezza con particolare riferimento agli orari di vendita e di somministrazione di bevande alcoliche; norme più chiare sulle occupazioni abusive di immobili. Azioni concrete che potranno essere adottate anche in ambito locale.

> Il dossier di approfondimento

OK A TURNOVER POLIZIA LOCALE: 80% DA QUEST’ANNO Via libera ai Comuni in regola con i saldi di finanza pubblica di assumere personale di polizia locale già nel 2017 in sostituzione di quello cessato dal servizio. In particolare, si consente ai Comuni di assumere personale di polizia locale a tempo indeterminato nel limite di un contingente corrispondente all’80% della spesa relativa allo stesso personale cessato nell’anno precedente per il 2017 e 100% per il 2018. Rimane l’obbligo di non superare il tetto della spesa di personale stabilito dalla normativa in vigore. Con l’intervento, in sostanza si consente di anticipare dal 2019 al 2017 il ritorno alla disciplina prevista a regime nel 2014 e sospesa per il triennio 2016-18. L’intervento non comporta nuovi o maggiori oneri a carico dello Stato, ma “solo una mera ricomposizione tra le voci di spesa dei bilanci degli enti sottoposti agli obiettivi del pareggio di bilancio”, spiega la relazione tecnica.

EQUO INDENNIZZO PER LA MUNICIPALE (MA NO PENSIONE PRIVILEGIATA) Ok all’equo indennizzo per la polizia municipale così come al rimborso delle spese di degenza per causa di servizio. La modifica approvata prevede l’allargamento dei benefici alla municipale dell’equo indennizzo e del rimborso delle spese di degenza per causa di servizio, ma non la pensione privilegiata. Gli oneri previsti sono stabiliti in 2,5 milioni l’anno dal 2017.

7 MLN A COMUNI PER TELECAMERE. 30 PER 2018-19 L’aula della Camera ha poi approvato un emendamento in base al quale si stabilisce che “per l’istallazione di sistemi di videosorveglianza da parte dei Comuni è autorizzata la spesa di 7 milioni di euro per l’anno 2017 e di 15 per ciascuno degli anni 2018 e 2019”. Sarà un decreto del ministero dell’Interno, di concerto con il Mef, a definire le modalità presentazione delle richieste da parte dei Comuni interessati e i criteri di ripartizione delle risorse.

POSSIBILI SCONTI IMU-TASI PER VIDEOSORVEGLIANZA CON VIDEO-ALERT Approvato un emendamento per favorire la diffusione di telecamere di sorveglianza innovative prevedendo benefici fiscali per chi si fa carico dell’investimento. La norma, contenuta in un emendamento a prima firma Domenico Menorello (Ci) e modificata dalle commissioni, stabilisce che i Comuni possano deliberare detrazioni Imu o Tasi per categorie specifiche che si fanno carico dell’investimento. La categorie sono: enti gestori di edilizia residenziale, amministratori di condomini, imprese, anche individuali, dotate di almeno dieci impianti, nonché associazioni di categoria ovvero consorzi o comitati costituiti fra imprese, professionisti o residenti. Il beneficio però non sarà per tutti i sistemi di sorveglianza, ma solo quelli tecnologicamente avanzati, cioè dotati di software di analisi video per il monitoraggio attivo con invio di allarmi automatici a centrali delle forze dellordine o di istituti di vigilanza convenzionati.

TORNA FLAGRANZA DIFFERITA PER REATO DA STADIO (E NON SOLO) Torna l’arresto con flagranza differita per chi commette reati da stadio. La misura era scaduta il 30 giugno 2016. Con la modifica approvata la possibilità sarà in vigore dall’entrata in vigore del dl fino al 30 giugno 2020. L’arresto legato a reati in occasione di manifestazioni sportive sarà quindi considerato in flagranza anche se effettuato dopo 48 ore dai fatti.

ANCHE PER MANIFESTAZIONI DI PIAZZA Ok alla possibilità di arresto in flagranza differita anche per le manifestazioni di piazza. Nello specifico, con l’emendamento frutto di una riformulazione di un emendamento a prima firma Mara Carfagna (FI), si prevede che “nel caso di reati commessi con violenza alle persone o alle cose, compiuti alla presenza di più persone anche in occasioni pubbliche, per i quali è obbligatorio l’arresto, quando non è possibile procedere immediatamente all’arresto per ragioni di sicurezza o incolumità pubblica, si considera comunque in flagranza” l’arrestato “sulla base di documentazione video fotografica dalla quale emerga inequivocabilmente il fatto, ne risulta autore, sempre che l’arresto sia compiuto non oltre il tempo necessario alla sua identificazione e, comunque, entro le 48 ore dal fatto”. In sostanza, quindi, si allarga la possibilità della flagranza differita (che lo stesso dl ha reintrodotto per i reati da stadio, di cui abbiamo già parlato) per le manifestazioni di piazza. Anche per questa fattispecie la norma entra in vigore con la legge fino al 30 giugno 2020.

DASPO SPACCIATORI VICINO A SCUOLE Allargato il Daspo per gli spacciatori. Il provvedimento originaria prevedeva che il questore può disporre il divieto di accesso ai locali pubblici o a esercizi analoghi, o lo stazionamento nelle immediate vicinanze dove si è commesso il reato di spaccio (certificato con sentenza definitiva o confermata in grado di appello). La modifica intervenuta ha compreso tra i luoghi interessati al Daspo anche quelli vicino a scuole, plessi scolastici e sedi universitarie. Il divieto di accesso – è stato specificato – è disposto individuando modalità applicative con le esigenze di mobilità, salute, lavoro e studio del destinatario.

DM VIMINALE SU ACCESSO BANCHE DATI A MUNICIPALE. MA SENZA ONERI Il decreto del ministro dell’Interno che dovrà determinare i criteri per favorire il rafforzamento della cooperazione, informativa e operativa, tra le Forze di polizia e la Polizia municipale (già presente nel provvedimento) dovrà riguardare anche l’accesso alle banche dati. Lo prevede un emendamento al dl Sicurezza delle commissioni Giustizia e Affari costituzionali approvato in aula alla Camera. Un altro dm, sempre dell’Interno, definirà i livelli di accesso alle bacnhe dati anche per “assicurare il rispetto della clausola di invarianza finanziaria”.

OK A CONCORSI PER 112 MA SE IN REGIONE NON C’È MOBILITÀ Ok a bandi regionali per l’assunzione di personale per la gestione del numero unico europeo 112 per le emergenze, ma solo se in Regione non c’è personale in mobilità che possa assolvere al compito. Nello specifico, si prevede che per le attività connesse al numero unico europeo 112, le Regioni che hanno rispettato gli obiettivi del pareggio di bilancio possono bandire concorsi per l’assunzione a tempo indeterminato (in rapporto al numero di abianti). Le procedure concorsuali sono, però, “subordinate alla verifica dell’assenza di personale in mobilità o in esubero nell’ambito della medesima amministrazione con caratteristiche professionali adeguate alle mansioni richieste”.

PATTI SICUREZZA PIÙ LARGHI Rivisti, e allargati, gli obiettivi dei Patti per la sicurezza, quelli sottoscritti tra il prefetto e il sindaco, su proposta del ministro dell’Interno, con accordo sancito in sede di Conferenza Stato-città e autonomie locali, per individuare epecifici interventi per la sicurezza urbana. Tra gli obiettivi rintrano: prevenzione e contrasto (quest’ultima fattispecie è stata aggiunta) dei fenomeni di criminalità diffusa e predatoria, attraverso servizi e interventi di prossimità, in particolare a vantaggio delle zone maggiormente interessate da fenomeni di degrado, anche coinvolgendo (ed è un’altra novità), mediante appositi accordi, le reti territoriali di volontari per la tutela e la salvaguardia dell’arredo urbano, delle aree verdi e dei parchi cittadini, nonché attraverso l’installazione di sistemi di videosorveglianza; promuovere l’inclusione, della protezione e della solidarietà sociale mediante azioni e progetti per l’eliminazione di fattori di marginalità, anche valorizzando la collaborazione con enti o associazioni operanti nel privato sociale, in coerenza con le finalità del Piano nazionale per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale. E ancora: promozione del rispetto del decoro urbano anche nelle arre in cui insistono plessi scolastici e sedi universitarie, oltre che musei, aree e parchi archeologici, complessi monumentali a prescindere dal flusso turistico di cui sono interessati.

RIMODULATO (A RIBASSO) STOP LICENZA A CHI VENDE ALCOL A MINORI Rimodulati termini della sospensione della licenza per chi non rispetta, per più volte, il divieto di vendita di alcolici ai minorenni. La normativa attuale prevede che se il fatto è commesso più di una volta si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 2.000 euro con la sospensione dell’attività per tre mesi. Con un emendamento approvato nelle commissioni, a firma Pd, si stabilisce che la sospensione può avere una durata da 15 giorni a tre mesi.

POSSIBILE SOSPENSIONE LICENZA IN LOCALI ‘PERICOLOSI’ Il questore potrà sospendere la licenza di un esercizio nel quale siano avvenuti tumulti o gravi disordini, o che sia abituale ritrovo di persone pregiudicate o pericolose o che, comunque, costituisca un pericolo per l’ordine pubblico, per la moralità pubblica e il buon costume o per la sicurezza dei cittadini. Con la modifica intervenuta alla Camera, si estende il potere del questore di sospensione della licenza, attualmente rivolto ai pubblici esercizi, anche agli esercizi di vicinato.

MULTE (SALATE) PER PARCHEGGIATORI ABUSIVI, MA NIENTE CARCERE Fino a 3.500 euro di multa per i parcheggiatori abusivi, che possono arrivare a 7mila in caso di reiterazione o se sono impiegati minori. Lo prevede un emendamento al dl Sicurezza approvato in aula alla Camera. La modifica approvata, presentata dalla commissione Giustizia, prevede nello specifico la sanzione amministrativa da 1.000 a 3.500 per chi svolge l’attività di parcheggiatore abusivo. Se nell’attività sono impiegati minori o in caso di reiterazione la sanzione è raddoppiata. In ogni caso scatta la confisca delle somme percepite attraverso l’attività. Escluso (anche se richiesto da più parti) il carcere.

MENO SEVERITÀ SE IN CASA OCCUPATA C’È MINORE Meno severità per chi occupa case se sono presenti minorenni o persone meritevoli di tutela. L’aula della Camera ha approvato un emendamento, a firma Pd, al dl Sicurezza che interviene su un decreto del 2014 sull’emergenza abitativa (riguardava pure Expo). Il provvedimento del 2014 aveva disposto che chi occupa abusivamente un immobile senza titolo non possa chiedere la residenza nè l’allacciamento a pubblici servizi (cioè acqua, luce, gas, telefonia) in relazione all’immobile stesso. Inoltre, sempre in relazione agli occupanti, si era stabilita l’impossibilità di partecipare alle procedure di assegnazione di alloggi della stessa natura per i cinque anni successivi alla data di accertamento dell’occupazione abusiva. Con il dl Sicurezza si sancisce che il sindaco, in presenza di persone minorenni o meritevoli di tutela, può dare disposizioni in deroga a queste previsioni.

NO INTERVENTO SU SLOT Non è passato l’emendamento al dl Sicurezza che avrebbe assegnato al sindaco la competenza sugli orari di apertura delle sale giochi. Nello specifico, la proposta di modifica avrebbe previsto che le ordinanze del sindaco, per superare “situazioni di grave incuria o degrado del territorio o di pregiudizio del decoro e della vivibilità urbana”, sarebbero potute intervenire in materia di orari di apertura delle sale gioco. Le ordinanze sarebbero potute intervenire anche sull’orario di esercizio delle slot machine qualora fossero posizionate in luoghi diversi dalle sale gioco, tipo in un bar. E ancora, la proposta di modifica avrebbe previsto la possibilità di limitare, attraverso regolamenti comunali, la distribuzione sul territorio delle sale “attraverso l’imposizione di distanze minime da scuole o altri luoghi frequentati da minori”.

E NIENTE CODICE IDENTIFICATIVO POLIZIA Presentato eppoi ritirato l’emendamento per introdurre il codice identificativo sulle divise della polizia. Il codice non sarebbe stato personale (non sarebbe stato possibile risalire al singolo poliziotto), ma avrebbe permesso di riconoscere il reparto di appartenenza (formato da circa 40 uomini, variabile a seconda dei casi). La norma avrebbe stabilito anche il divieto al personale in servizio di ordine pubblico di usare caschi e uniformi assegnati ad operatori di altri reparti. In caso di mancato rispetto della disposizione sarebbe scattata una sanzione di 2.500 euro oltre la sanzione disciplinare. L’emendamento per introdurre il codice identificativo dei reparti di polizia è stato ritirato “per mere ragioni tecniche. La volontà del Governo è introdurlo e nel proseguo del percorso di conversione del decreto sarà cura dell’Esecutivo agire perchè quella norma possa essere inserita in questo provvedimento”, ha spiegato il vice ministro all’Interno, Filippo Bubbico, durante i lavori d’aula.
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dichiarazioni Economia e Finanza News PrimoPiano

Approvata la legge che tutela i lavoratori autonomi

Approvate alla Camera le misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato.

Il disegno di legge si compone di due insiemi di norme complementari:

  • introdurre un sistema di interventi finalizzati al rafforzamento delle tutele sul piano economico e sociale per i lavoratori autonomi (Capo I)
  •  sviluppare, all’interno dei rapporti di lavoro subordinato, modalità flessibili di esecuzione delle prestazioni lavorative (smart working), allo scopo di promuovere l’incremento della produttività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro (Capo II).

L’art. 1 individua l’ambito applicativo delle disposizioni della prima parte del provvedimento, riferite ai rapporti nei quali il lavoratore si obbliga a compiere, verso un corrispettivo, un’opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente, con l’esclusione degli imprenditori, ivi compresi i piccoli imprenditori di cui all’articolo 2083 del codice civile (i coltivatori diretti del fondo, gli artigiani, i piccoli commercianti e coloro che esercitano un’attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia).

Tra le tutele previste per tali lavoratori figurano: le garanzie contro i ritardi nei pagamenti dei corrispettivi(art. 2);  l’impossibilità per il committente di modificare unilateralmente le condizioni del contratto o, nel caso di contratto avente ad oggetto una prestazione continuativa, di recedere senza congruo preavviso, nonché imporre clausole con le quali le parti concordano termini di pagamento superiori a sessanta giorni dalla richiesta di pagamento, o ancora il rifiuto del committente di stipulare il contratto in forma scritta (art. 3); il riconoscimento al lavoratore autonomo del diritto di utilizzazione economica relativa ad apporti originali e a invenzioni realizzati nell’esecuzione del contratto, salvo il caso in cui l’attività inventiva sia prevista come oggetto del contratto di lavoro e a tale scopo compensata (art. 4).

L’art. 5, inserito al Senato, reca una delega al Governo in materia di rimessione di atti pubblici alle professioni ordinistiche. Nel corso dell’esame della XI Comm. la disposizione è stata significativamente modificata circoscrivendone l’oggetto alla sola possibilità di rimettere alle professioni organizzate in ordini e collegi atti di pubbliche amministrazioni, laddove sia assicurata la terzietà dei professionisti incaricati e l’esclusione di potenziali situazioni di conflitto di interessi, nonché il rispetto della tutela dei dati personali nell’esercizio di tali funzioni. Con un articolo aggiuntivo (14-bis) è stato integrato il testo licenziato dal Senato con la disciplina delle procedure di adozione dei decreti delegati dell’articolo 5, così come degli articoli 6 e 10 ed il relativo meccanismo di coinvolgimento dei rispettivi livelli istituzionali.

L’art. 6 reca un’altra delega finalizzata al rafforzamento delle prestazioni di sicurezza e di protezione sociale dei professionisti iscritti a ordini e a collegi, a valere sulle risorse di detti enti e finanziati da apposita contribuzione aggiuntiva, per coloro che abbiano subito una significativa riduzione del reddito professionale per ragioni non dipendenti dalla loro volontà o che siano stati colpiti da gravi patologie. Nel corso di esame presso la XI Commissione è stata introdotta un’ulteriore delega finalizzata a incrementare le prestazioni a favore degli iscritti alla gestione separata INPS, finanziate da un incremento delle quote contributive, in materia di maternità e malattia.

Con l’art. 6-bis, anch’esso introdotto dalla XI Comm., si determinano le condizioni per rendere strutturale la Dis-Coll, ovvero l’indennità di disoccupazione per i lavoratori con contratti di collaborazione coordinata e continuativa.

Con gli artt. 7 e 8 si dispongono una serie di misure di carattere fiscale, sociale e di deducibilità delle spese di formazione. Mentre l’art. 9 reca disposizioni volte a favorire l’accesso dei lavoratori autonomi alle informazioni sul mercato e ai servizi di politica attiva del lavoro.

L’art. 10 delega il Governo al riassetto delle disposizioni vigenti in materia di sicurezza e tutela della salute dei lavoratori applicabili agli studi professionali e l’art. 11 reca una serie di misure per facilitare la partecipazione dei professionisti  alle gare e ai bandi indetti dalle pubbliche amministrazioni.
Gli artt. 12 e 13 prevedono rispettivamente l’eliminazione dell’obbligo di astensione dall’attività lavorativa per potere usufruire dell’indennità di maternità nel periodo di congedo obbligatorio e l’introduzione di ulteriori misure per la tutela della maternità, della malattia e dell’infortunio.

L’art. 14, chiarisce che l’elemento caratterizzante della collaborazione coordinata è costituito dall’autonoma organizzazione del lavoro da parte del collaboratore, nel rispetto delle modalità di coordinamento stabilite di comune accordo dalle parti, in linea con quanto previsto al riguardo dall’articolo 2 del decreto legislativo n.?81 del 2015.

 

Come detto, le disposizioni del Capo II, disciplinano il lavoro agile (smart working), chiarendo in primo luogo che tale istituto non costituisce una nuova tipologia contrattuale, ma solo una particolare modalità di svolgimento della prestazione di lavoro subordinato, basata sulla flessibilità di orari e di sede e caratterizzata, principalmente, da una maggiore utilizzazione degli strumenti informatici e telematici e delle possibilità tecnologiche esistenti, nonché dall’assenza di una postazione fissa durante i periodi di lavoro svolti al di fuori dei locali aziendali (art. 15).  Le modalità di redazione dell’accordo relativo al lavoro agile, il suo contenuto nonché le modalità di formalizzazione del recesso sono regolate dall’art. 16, mentre l’art. 17 disciplina il trattamento economico e normativo del lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile, stabilendo che questi abbia diritto ad un trattamento non inferiore a quello complessivamente applicato ai lavoratori che svolgono le medesime mansioni esclusivamente all’interno dell’azienda, secondo quanto previsto dalla contrattazione collettiva. Il successivo art. 18 disciplina l’esercizio del potere di controllo del datore di lavoro nel rispetto di quanto disposto dall’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori per l’individuazione delle condotte che danno luogo all’applicazione di sanzioni disciplinari, mentre l’art. 19dispone che il datore di lavoro garantisce la salute e la sicurezza del lavoratore, consegnando annualmente al lavoratore e al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza una informativa scritta che individua i rischi generali e specifici connessi alla particolare modalità di esecuzione del rapporto di lavoro. L’art. 20, infine, dispone, la comunicazione obbligatoria dell’accordo per lo svolgimento dell’attività lavorativa in modalità di lavoro agile e delle sue modificazioni al Centro per l’impiego territorialmente competente e il diritto del lavoratore alla tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali dipendenti dai rischi connessi alla prestazione lavorativa resa all’esterno dell’azienda.

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Parte il sisma-bonus: prevenire è meglio che ricostruire

sisma-bonusSono state emanate le linee guida per la classificazione del rischio sismico delle costruzioni che, permetteranno di attivare il cosiddetto “Sismabonus” cioè gli incentivi fiscali per gli interventi di adeguamento alle tecnologie antisismiche degli edifici. Si tratta di detrazioni importanti di cui abbiamo parlato anche nel corso di un convegno organizzato da Confedilizia a Forlì venerdì scorso (qui il video del mio intervento). Dal 1° marzo e fino al 2021 si potrà così accedere agli importanti incentivi fiscali, fino ad un massimo di credito di imposta dell’85 per cento, in relazione alle classi di rischio sismico dell’edificio considerato.

MATERIALI
DECRETO SISMA BONUS.pdf
allegato_a.pdf
allegato_b.pdf
20170228 Classi Rischio Sismico e Sismabonus – slide.pdf

Il Sismabonus come occasione per un piano nazionale di prevenzione e di valutazione sismica degli edifici

La Legge di Stabilità 2017, approvata il 21 dicembre 2016,  ha inteso fare del Sismabonus l’occasione per un piano volontario dei cittadini, con forti incentivi statali, di valutazione e prevenzione nazionale del rischio sismico degli edifici.

Lo strumento attuativo è il decreto del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, da adottare entro oggi, 28 febbraio 2017, sentito il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, con cui sono stabilite le Linee Guida per la classificazione di rischio sismico delle costruzioni nonché le modalità per l’attestazione, da parte di professionisti abilitati, dell’efficacia degli interventi.

Il decreto, con le Linee Guida allegate, firmato oggi  dal Ministro e pubblicato sul sito del Mit, avrà efficacia da domani, 1° marzo 2017, consentendo di avviare progettazioni e pratiche edilizie.

Un passaggio fondamentale  per la conoscenza del patrimonio edilizio e la cultura della prevenzione

I numerosi eventi sismici che si sono verificati negli ultimi decenni hanno comportato per la collettività enormi costi sociali in termini di vittime e di incidenza sulla vita delle comunità  e costi economici sostenuti per l’emergenza e la ricostruzione.

Negli ultimi 50 anni si valutano: circa 5.000 vittime, spesa annua media di circa tre miliardi di euro per emergenza e ricostruzione.

Ciò è dovuto fondamentalmente, oltre alla sismicità tipica del Paese, alla elevata vulnerabilità del nostro patrimonio edilizio.

Le Linee Guida nascono dalla necessità di affrontare la mitigazione del rischio sismico in tutte le zone sismiche del Paese, promuovendo una cultura della conoscenza e della prevenzione.

Le Linee Guida e l’unità di misura per prevenire: il Rischio Sismico

Le Linee Guida sono state approvate all’unanimità dal Consiglio superiore dei lavori Pubblici il 20 febbraio scorso. Dal punto di vista dei contenuti tecnici, le Linee guida sono uno strumento di semplificazione che permettono di dare attuazione alla Legge di Bilancio 2017, senza richiedere strumenti e concetti diversi da quelli già utilizzati dai professionisti nell’applicazione delle vigenti Norme Tecniche per le Costruzioni.

Affrontano, con un nuovo approccio, il tema della   classificazione del Rischio Sismico delle costruzioni esistenti coniugando: il rispetto del valore della salvaguardia della vita umana (mediante i livelli di sicurezza previsti dalla Vigenti Norme Tecniche per le Costruzioni) e la considerazione delle possibili perdite economiche e delle perdite sociali (in base a robuste stime convenzionali basate anche sui dati della Ricostruzione post Sisma Abruzzo 2009).

Il Rischio Sismico: è la misura matematica/ingegneristica per valutare il danno (perdita) atteso a seguito di un possibile evento sismico.

Dipende da un’interazione di fattori messi in relazione: pericolosità (zone sismiche) vulnerabilità (capacità degli edifici) esposizione (contesti).

Otto classi di Rischio Sismico per valutare le costruzioni

Le Linee Guida consentono di attribuire ad un edificio una specifica Classe di Rischio Sismico, mediante un unico parametro che tenga conto sia della sicurezza sia degli aspetti economici.

Per attivare i benefici fiscali occorre quindi fare riferimento alla classificazione prevista dalle nuove Linee guida, con le quali si attribuisce ad un edificio una specifica Classe di rischio sismico. Sono state individuate otto classi di rischio sismico: da A+ (meno rischio), ad A, B, C, D, E, F e G (più rischio).

Le linee guida  forniscono due metodologie per la valutazione, di cui una semplificata per lavori minori e il miglioramento di una sola classe di rischio,  l’indirizzo di massima su come progettare interventi di riduzione del rischio per portare la costruzione ad una o più classi superiori.

Il Sismabonus rafforzato previsto in Stabilità

La Stabilità 2017 ha quindi previsto misure rafforzate per il Sismabonus, in particolare:

Estensione alle zone sismiche 1, 2 e 3, buona parte del territorio nazionale a rischio (in precedenza, solo 1 e 2).

Stabilizzazione per 5 anni, tra il 1 gennaio 2017 e il 31 dicembre 2021

Riguarda gli immobili adibiti a abitazioni, seconde case e ad attività produttive.

Detrazioni in 5 anni (anziché 10)

Detrazioni premianti, maggiore è l’efficacia dell’intervento

Nei condomini, cessione del credito ai fornitori per chi non può sostenere la spesa (con successivo provvedimento dell’Agenzia delle Entrate).

Detrazioni premianti con il Sismabonus della Stabilità 2017

Rispetto alle ristrutturazioni antisismiche senza variazione di classe (50%) le detrazioni per la prevenzione sismica aumentano notevolmente qualora si migliori l’edificio di una o due classi di Rischio Sismico.

Per abitazioni, prime e seconde case, e edifici produttivi

  • detrazione al 70% se migliora di 1 classe di rischio
  • detrazione all’80% se migliora di 2 o più classi di rischi

Per condomini parti comuni

  • detrazione al 75% se migliora di 1 classe di rischio
  • detrazione all’85% se migliora di 2 o più classi di rischio

L’ammontare delle spese è non superiore a euro 96.000 per ciascuna delle unità immobiliari.

Una Commissione permanente di monitoraggio

Il Decreto Ministeriale di approvazione prevede, fra l’altro, l’istituzione, presso il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, di una Commissione permanente di monitoraggio, incaricata di valutare l’efficacia dell’azione di prevenzione sismica sul patrimonio edilizio.

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dichiarazioni PrimoPiano Romagna

Rocca delle Caminate: non si spenga il faro del buon senso

Il faro della Rocca delle Caminate si può anche lasciare spento, esattamente com’è oggi; ma non possiamo permettere che si spenga pure il buon senso. Ho risposto nei giorni scorsi ad un’interrogazione di un mio collega, il deputato Giuseppe Berretta di Catania, che ha messo in guardia il ministro dell’Interno a proposito di una gravissima ipotesi di reato di apologia del fascismo che a suo dire si stava compiendo a centinaia di chilometri da casa sua, qui in Romagna e addirittura dentro le istituzioni. Più precisamente nel Consiglio della Provincia di Forli-Cesena, reo di essersi espresso favorevolmente sulla riaccensione del faro della Rocca delle Caminate.

Un deputato di Catania, mai stato da queste parti, mette sull’avviso il principale responsabile della nostra sicurezza nazionale sul fatto che nella terra che è medaglia d’oro al valore civile per il ruolo avuto durante la Liberazione (conferita il Quirinale nell’aprile 2009, io c’ero), si starebbe compiendo un atto che mira a rimettere in luce il fascismo. Chiunque voglia bene al proprio territorio, sentirebbe il dovere di rispondere ad una simile esagerazione. Se poi di questa interrogazione (per amor di verità, fino a questo momento MAI depositata in parlamento) che ha fruttato tanta visibilità a chi l’ha fatta – o meglio, annunciata – ne parlano giornali, telegiornali e siti web, star zitti diventa impossibile.

L’eco mediatico ha riacceso i motori della facile polemica e riattivato un “ufficio” che di tanto in tanto rientra in funzione: quello che rilascia o revoca patenti di anti-fascismo con tanto di esposizione al pubblico ludibrio per chi si ritiene, a insindacabile giudizio di “qualcuno” (per fortuna una piccola minoranza nella quale non rientrano le autorevoli associazioni che finora si sono espresse), non degno di questo ‘titolo’.

Tra quelli finiti nel mirino stavolta c’è anche il sottoscritto, colpevole di aver difeso il nostro territorio dall’infamia di essere presentato (attraverso una annunciata interrogazione parlamentare) come una terra in cui il fascismo non é ancora sconfitto per il solo fatto che il Consiglio provinciale si è espresso favorevolmente alla riaccensione di quel faro. E poi sì, ho detto di essere favorevole alla decisione presa dal Consiglio, poiché non la trovo offensiva nei confronti di nessuno, nemmeno di chi alla Rocca ha subito indicibili sofferenze come il partigiano Antonio Carini che ne è divenuto il triste simbolo. Non si devono buttare soldi pubblici per riaccendere questo faro, ma non ci trovo nulla di scandaloso nella volontà di provarci. Allo stesso modo se non venisse acceso, non riterrei il fatto una sconfitta per qualcuno e tantomeno una vittoria per altri.

Trovo questa polemica sbagliata. Era giusto lasciar passare l’accusa che il nostro è un territorio che si copre dell’onta di voler riabilitare il fascismo, come ha fatto intendere il collega Beretta con la sua dichiarazione? Era giusto non rispondere e tacere sul il valore delle iniziative che vengono fatte sul territorio per tenere viva la memoria e l’anti-fascismo? Era giusto stare zitti e lasciar infangare il buon nome di una terra così antifascista da essersi guadagnata la massima onorificenza possibile da parte della Presidenza della Repubblica? Per me no e per questo ho sentito il dovere di replicare.

Rispetto sinceramente le opinioni di chi è contrario e, lo ribadisco, personalmente non faccio della riaccensione del faro della Rocca la battaglia politica della vita o qualcosa a cui tengo particolarmente venga legato il mio nome. Ci terrei, però, che si evitassero le ipocrisie, le esagerazioni, le strumentalizzazioni e le banalizzazioni di chi la pensa diversamente.

Se ci sono motivi per non accendere quel faro, bene, totale rispetto e pronti a discuterne. Però tra quelle ragioni non può esserci quella dell’apologia del fascismo o della mancanza di rispetto per la Resistenza, accusa che trovo infamante per chi la riceve e che personalmente inserisco tra i peggiori insulti che si possano subire. Se fosse questo il metro di ragionamento, non dovremmo accendere i lampioni di piazza Saffi (tuttora decorati alla base con il fascio littorio di mussoliniana memoria) in cui vennero appesi i corpi senza vita dei nostri partigiani; non dovremmo accendere le luci nelle case del fascio trasformate dopo la liberazione in case del Popolo, in circoli ARCI e in altre tipologie di locali; non dovremmo utilizzare gli edifici dell’Eur a Roma; non dovremmo illuminare piazzale della vittoria a Forlì; dovremmo sospendere ogni manifestazione al foro italico; perché questi luoghi – e se ne potrebbero citare moltissimi altri – sono direttamente riconducibili al Fascismo e alla sua orribile ideologia. Non è questo, a mio modestissimo giudizio, il modo con cui discutere di questi argomenti.

Spero che questa polemica sul faro possa servire almeno per riprendere il ragionamento su cosa significa oggi, nel 2017, a oltre 70/80 anni dal ventennio più buio della nostra storia, lavorare per costruire una memoria e una consapevolezza collettiva su quel periodo. L’atteggiamento avuto fino ad oggi, è quello giusto? Cosa abbiamo trasmesso alle giovani generazioni su quel periodo? Quanto sanno di ciò che accadde realmente? Come fu possibile arrivare al punto che un intero popolo affidasse alle mani di un dittatore il proprio avvenire? In quali modalità le ideologie dei totalitarismi germogliarono nella società fino al punto di opprimere e soffocare tutto? Accapigliarci sulla riaccensione di un faro e lanciare accuse incrociate di essere più o meno antifascisti, aiuta a rendere un buon servizio alla memoria e alla comprensione della storia?

Invidio chi pensa di avere risposte definitive a questi e ai tanti interrogativi che ci pone il nostro passato; io ammetto di non averle tutte queste certezze e continuo a coltivare l’umiltà di ascoltare e la curiosità di provare a comprendere anche le ragioni degli altri.

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Agricoltura dichiarazioni PrimoPiano

Agricoltura, la prima assicurazione per i ricavi dal grano

E’ stata presentata la prima assicurazione sui ricavi per il settore cerealicolo. Si tratta di uno strumento sperimentale e innovativo per la gestione del rischio per i produttori di grano duro e tenero. Uno strumento approntato dal Ministero delle Politiche agricole sulla base della sollecitazioni che in tanti avevamo avanzato in questi mesi di fronte alla crisi pesantissima dell’intero settore.

COME FUNZIONA
Un produttore agricolo di grano oggi può sottoscrivere la polizza ricavo, pagando un premio alle assicurazioni che viene coperto per il 65% dall’agevolazione del Ministero. Nel caso il ricavo scenda del 20% rispetto alla media triennale del ricavo per ettaro, l’agricoltore riceverà dalla compagnia assicurativa un indennizzo per la perdita di reddito.
Per avviare la sperimentazione è prevista anche la riassicurazione di Ismea, in modo da offrire alle compagnie assicurative una forma di protezione da eventuali perdite in questa prima fase di lancio delle polizze.
Questa polizza è aggiuntiva rispetto alle garanzie tradizionali contro le avversità come gelo, siccità alluvione o eccesso di neve, grandine o sbalzi termici.

ESEMPIO
Facendo un esempio concreto rispetto ai prezzi registrati quest’anno, per un’azienda foggiana di 10 ettari il risarcimento per perdita ricavo sarebbe stato pari a 3.720 euro, ottenuto dalla differenza tra la media triennale dei ricavi di 11.295 euro e l’introito effettivo del 2016 pari a 7.575 euro.

LE ALTRE AZIONI PER LA FILIERA GRANO PASTA
–    Contratti di filiera nel piano cerealicolo nazionale. Investiti 10 milioni di euro su contratti che valorizzano il lavoro degli agricoltori e consentono ai produttori di pasta di approvvigionarsi sempre di più di grano italiano di qualità. L’obiettivo della misura è aumentare le superfici coltivate coinvolte passando da 80.000 a 100.000 ettari.
–    Etichetta d’origine per la filiera grano pasta. Inviato a Bruxelles lo schema di decreto per introdurre in maniera chiara e leggibile l’origine del grano e della semola sulle confezioni di pasta italiane. Sono in corso gli approfondimenti tecnici con la Commissione Ue.

I NUMERI DEL COMPARTO CEREALICOLO ITALIANO
La filiera grano pasta italiana rappresenta uno dei settori più importanti per il Made in Italy agroalimentare, con numeri importanti.
– produzione di grano duro italiano: circa 4 milioni di tonnellate
– produzione di pasta: 3,4 milioni di tonnellate, che rendono l’Italia il principale produttore mondiale
– valore della produzione: oltre 4,6 miliardi di euro
– valore dell’export: 2 miliardi di euro

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PrimoPiano Welfare

Servizio civile universale, un’opportunità concreta per i giovani italiani

Il Consiglio dei ministri ha approvato in via definitiva un provvedimento a cui avevamo lavorato molto in parlamento, ovvero l’istituzione del Servizio civile universale. Si tratta di una serie di interventi che rafforzano il servizio civile quale strumento di difesa non armata della Patria ai sensi degli artt. 11 e 52 della Costituzione, di educazione alla pace tra i popoli e di promozione dei valori fondativi della Repubblica. Per il 2017 sono stanziati 257 milioni destinati a progetti che riguardano oltre 47.000 ragazzi, che saranno impegnati in esperienze dall’alto contenuto formativo ed educativo e di gettare la base per futuri impieghi professionali.

Il provvedimento, tra l’altro, prevede ex lege la partecipazione al sistema dei cittadini dell’Unione europea e degli stranieri regolarmente soggiornanti in Italia e tende a razionalizzare gli interventi di servizio civile universale attraverso la programmazione curata dallo Stato, che deve soddisfare i peculiari fabbisogni del Paese in linea con gli obiettivi del Governo, prevedendo interventi a favore dei giovani con minori opportunità e meccanismi di premialità a favore degli enti che realizzeranno interventi con l’impiego di questi giovani.

Con il decreto si definiscono le finalità del servizio civile universale, perseguite mediante programmi di intervento anche in specifiche aree territoriali, quali le città metropolitane, e in vari settori tra cui: assistenza, protezione civile, patrimonio ambientale e riqualificazione urbana, patrimonio storico, artistico e culturale, educazione e promozione culturale e dello sport, agricoltura in zona di montagna e sociale, biodiversità, promozione della pace tra i popoli, nonviolenza e difesa non armata, promozione e tutela dei diritti umani, cooperazione allo sviluppo, promozione della cultura italiana all’estero e sostegno alle comunità di italiani all’estero.

Il decreto, inoltre, definisce i ruoli e le competenze dei soggetti che partecipano alla realizzazione del servizio. Allo Stato sono attribuite le funzioni di programmazione, organizzazione e attuazione del servizio civile universale nonché l’accreditamento degli enti, le attività di controllo, verifica e valutazione del servizio civile universale. Le funzioni di programmazione sono svolte mediante la predisposizione del piano triennale, attuato con piani annuali che tengono conto del contesto nazionale ed internazionale, delle risorse economiche disponibili derivanti dal bilancio dello Stato, delle risorse comunitarie e di quelle rese disponibili da soggetti pubblici o privati. Le funzioni di controllo, verifica e valutazione sono effettuate mediante un controllo sulla gestione delle attività degli enti, una valutazione dei risultati dei programmi di intervento e verifiche ispettive sulle attività svolte dagli enti. Le Regioni e le Province autonome sono coinvolte dalla Presidenza del Consiglio dei ministri nella predisposizione del piano triennale e dei piani annuali e nella valutazione degli interventi di servizio civile universale negli ambiti di competenza e, inoltre, attuano programmi di servizio civile universale con risorse proprie, previa verifica del rispetto dei principi e delle finalità del servizio civile universale. I giovani volontari possono essere impegnati in interventi in Italia e all’estero.

Sono individuati gli Enti di servizio civile universale quali soggetti pubblici e privati che, iscritti presso un apposito Albo, articolato in distinte sezioni regionali, presentano i programmi di intervento e ne curano la realizzazione. Per i giovani operatori volontari viene introdotto un modello flessibile di servizio civile con una durata da modulare in base alle loro esigenze di vita e di lavoro (otto-dodici mesi).

È prevista la possibilità di definire criteri per il riconoscimento e la valorizzazione delle competenze acquisite dai giovani durante il periodo di servizio. In particolare, le Pubbliche Amministrazioni possono prevedere nei bandi di concorso quale titolo preferenziale anche lo svolgimento del servizio civile universale.

Agli operatori volontari impegnati in interventi da realizzarsi in Italia è offerta la possibilità di effettuare il servizio, per un periodo fino a tre mesi, in uno dei Paesi dell’Unione europea, al fine di rafforzare il senso di appartenenza all’Unione e di facilitare lo sviluppo di un sistema europeo di servizio civile, ovvero di usufruire di un tutoraggio finalizzato alla facilitazione dell’accesso al mercato del lavoro.

Sono istituite la Consulta nazionale per il servizio civile universale e la Rappresentanza degli operatori volontari, a livello nazionale e regionale, quali organismi di confronto in ordine alle questioni concernenti l’attuazione del servizio civile universale.