Categorie
PrimoPiano Riforme costituzionali

L’anniversario della Costituzione che andrebbe celebrato ogni anno

Il 1° gennaio del 1948 l’Italia salutava l’entrata in vigore della nuova Costituzione. Quattro giorni prima quel testo fondamentale e nella sua Prima parte ancora attualissimo, venne firmato solennemente da Enrico De Nicola (Capo provvisorio dello Stato), Umberto Terracini (Presidente dell’Assemblea Costituente) e Alcide De Gasperi (capo del governo) dopo l’approvazione a Montecitorio.

Ed è proprio con le parole che pronunciò De Gasperi in occasione del varo della nostra Carta fondamentale, che sottolineiamo un anniversario storico e che ogni anno merita di essere ricordato.

“Il soffio dello spirito animatore della nostra storia e della nostra civiltà cristiana – disse – passi su questa nostra faticosa opera, debole perché umana, ma grande nelle sue aspirazioni ideali, e consacri nel cuore del popolo questa legge fondamentale di fraternità e di giustizia, sicché l’Europa e il mondo riconoscano nell’Italia nuova, nella nuova Repubblica, assisa sulla libertà e sulla democrazia, la degna erede e continuatrice della sua civiltà millenaria e universale”.

Categorie
PrimoPiano Riforme costituzionali

Dieci motivi per dire ‘no’ alla riforma costituzionale sulla democrazia (etero) diretta

Sono almeno 10 i motivi per cui la legge costituzionale di riforma delle leggi di iniziativa popolare è per noi inaccettabile.

1° – Non ci sono chiari limiti di materia
Si potrà svolgere tramite referendum propositivo su argomenti che sarebbero preclusi tramite referendum abrogativo perchè i limiti sono diversi.
Ad esempio si potrà svolgere un referendum sull’introduzione di nuove tasse o sull’eliminazione di esse, proponendo come copertura semplicemente l’aumento di altre tasse o dell’IVA (come per la verità avete già fatto da soli con l’ultima legge di bilancio). Si potrà proporre un referendum per nuove norme in materia penale, che potrebbero essere fortemente condizionate dall’emotività della fase in cui si svolgerà e, paradossalmente, arrivando fino alla riproposizione della pena di morte.

2° – Una semplificazione impossibile
Si chiederà ai cittadini di esprimersi con un SI’ o con un NO su questioni molto complesse, dandole in pasto alla propaganda più spicciola e a campagne referendarie che avanzeranno a suon di slogan. Con quali strumenti di conoscenza si potranno valutare le coperture finanziarie per referendum propositivi in materia di bilancio? O magari su un referendum proposito inerenti una legge popolare di riforma delle pensioni?

3°- Un sistema che viola la segretezza del voto
Il referendum sulla proposta popolare ha un meccanismo di voto che è paradossale. L’elettore si troverebbe tre schede nella cabina elettorale: una per dire sì o no alla proposta del comitato referendario; una per dire sì o no sulla legge del parlamento; e una terza scheda per dire quale delle due leggi si preferirebbe se entrambe superassero il quorum di approvazione. Con una eccezione: potranno votare sulla terza scheda solo quelli che hanno votato sì nelle prime due schede.
E come si farà a sapere chi ha votato sì, se l’espressione del voto è libera, uguale e segreta? Non potete controllare il voto delle persone. Sarebbe una grossa violazione della Costituzione e di un diritto fondamentale.

4°- Si intacca la forma di governo
L’iniziativa popolare e il referendum propositivo così concepito inciderà sulla forma di governo. Perchè la maggioranza del parlamento potrebbe approvare una legge di iniziativa popolare modificandone il testo, ovviamente a maggioranza; a quel punto il comitato promotore ne potrebbe richiedere comunque un referendum; se il popolo boccierà la proposta avanzata dalla maggioranza parlamentare, essa sarà politicamente sfiduciata dai cittadini. Pensate che questo non abbia conseguenze? Pensate che questo strumento non possa diventare un’arma di battaglia politica e non solo uno strumento di partecipazione dei cittadini?

5°- Si toccano i poteri del Capo dello Stato
L’articolo 74 della Costituzione afferma: “Il Presidente della Repubblica, prima di promulgare la legge, può con messaggio motivato alle Camere chiedere una nuova deliberazione”. In caso di proposta popolare che prevale su quella del parlamento, a chi potrà rinviare il testo e chiederne una nuova deliberazione?

6°- Si incrina l’equilibro previsto dai Costituenti
La scelta della forma di democrazia rappresentativa scelto dalle madri e dai padri costituenti è inserita all’interno di un impianto perfettamente coerente dell’intero nostro ordinamento. Non solo per l’elezione da parte del popolo dei propri rappresentanti in parlamento; ma anche perchè tutti i principali organi costituzionali sono eletti con votazioni di secondo o addirittura terzo grado: vale per il Presidente della Repubblica, per la Corte Costituzionale, per il Consiglio superiore della Magistratura. Scardinare il sistema della rappresentanza significa modificare gli equilibri che stanno alla base del sistema di pesi e contrappesi previsti dalla nostra Carta.

7°- Si delegittimano istituzioni terze e di garanzia.
Con il referendum abrogativo, se il parlamento interviene sulla materia oggetto di referendum prima che si apra la campagna referendaria, la Corte di Cassazione valuta se le nuove norme introdotte dal parlamento siano sufficienti a rispondere al quesito referendario. E’ una procedura a garanzia di tutti e del corretto rapporto tra i poteri dello Stato. Non ho bisogno di elencare qui i criteri e le modalità con cui viene composta la Corte di Cassazione e l’alto profilo della gran parte dei suoi componenti. Con il referendum propositivo, la valutazione sulle norme approvato dal parlamento sarà affidata dal Comitato referendario: che anche qualora fosse composto dalle menti più illuminate del nostro Paese, non avrà mai gli strumenti di valutazione (ad esempio di impatto economico) che può avere un organo dello Stato. E questo è solo un esempio delle numerose delegittimazioni che si compiono con questa legge

8°- Il rischio di ingolfare parlamento e cittadini
Non c’è un limite al numero di consultazioni che si possono svolgere nell’arco di un anno o di una legislatura, al numero di proposte popolari che devono essere esaminate, a come l’iniziativa popolare deve intrecciarsi con quella legislativa, che spetta anche al parlamento e al Governo. Il risultato rischia di essere quello di svolgere molte votazioni nell’arco di pochi mesi con l’esito di svilire la validità dello strumento e il senso della partecipazione.

9°- I modelli di riferimento sono inadeguati
La maggioranza cita come casi di ispirazione la Svizzera e la California, stati nei quali non c’è un sistema di governo come il nostro, basato sul rapporto fiduciario con le Camere. Siamo in presenza di un sistema direttoriale e di un sistema presidenziale. La Svizzera, poi, prevede le iniziative popolari SOLO per le materie costituzionali e non per qualsiasi campo come fate voi.

10°- Consegnate il potere legislativo nelle mani di minoranze organizzate.
Con questa legge si porrà il potere legislativo anche nelle mani di minoranze ben organizzate che potranno imporre consultazioni pubbliche su argomenti di proprio specifico interesse.

Rendetevi conto di quello che state facendo, fermatevi e correggete questa legge. Fatelo assieme alle opposizioni, abbiate l’umiltà di voler riconoscere il parere della gran parte degli esperti di questi temi che si sono espressi contrariamente a questo impianto su molti dei punti che ho elencato. Fermatevi e correggete questa legge.

Categorie
Politica PrimoPiano

Fact-checking day: smontiamo la bufala del “premier eletto dal popolo”

Il 2 aprile è stato designato a livello internazionale come la giornata del “fact checking”: in poche parole la giornata contro le false notizie. E allora proviamo a ‘celebrare’ questa ricorrenza smontando una delle più grandi bufale in circolazione in questi giorni (e lo sarà anche nei prossimi, ce da aspettarselo): “gli italiani hanno diritto di avere un premier scelto direttamente dai cittadini”.

Peccato che dal 1948, quando è entrata in vigore, la nostra Costituzione non preveda alcun tipo di possibilità per gli elettori di votare direttamente per il capo del Governo bensì ‘solo’ per i propri rappresentanti in parlamento. Tant’è che tutte le 17 legislature che si sono susseguite fin qui hanno conosciuto sempre più di un governo (con l’unica eccezione del governo Prodi II durato circa due anni, dall’aprile 2006 al febbraio 2008, la cui caduta è coincisa con la fine anticipata della legislatura). Lo stabilisce la Costituzione fin dal 1948, quando cioè si decise di fare dell’Italia una Repubblica parlamentare e non una repubblica presidenziale, semi-presidenziale o qualcosa di simile.

Alle elezioni politiche non si è MAI votato per scegliere un premier, anche se oggi – come altre volte in passato – vogliono farci credere che sia stato così. Per chi avesse dei dubbi, gli articoli dal 55 al 58 della Costituzione sono lì a confermarlo. Capisco che faccia effetto andare in tv e dire “dobbiamo governare noi perchè molti italiani hanno votato per il nostro capo politico”, ma non è così che stanno le cose.

Ciò non significa che Luigi Di Maio, Matteo Salvini o altri che si auto-proclamino eletti direttamente dal popolo non possano ambire a fare il Presidente del Consiglio dei ministri; tuttavia è il Presidente della Repubblica a valutare a chi conferire l’incarico di provare a formare un governo. E’ una regola scolpita all’articolo 92 della Costituzione, in cui si dice chiaramente: Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei Ministri e, su proposta di questo, i Ministri”.

A quel punto il presidente incaricato deve presentarsi in parlamento e dimostrare di avere i numeri necessari per ottenere il voto di fiducia indispensabile per far cominciare l’attività del nuovo Governo.

Dunque chi ambisce ad ottenere l’incarico di presidente del consiglio, deve costruire un compromesso parlamentare (che in altri tempi si sarebbe chiamato sdegnosamente “inciucio“) per avere i voti necessari ad ottenere la maggioranza dei voti sia alla Camera che al Senato.

Insomma, continuare a illudere gli elettori che col proprio voto si sceglie direttamente il premier è la classica “fake news” che sarebbe ora di smontare una volta per tutte. Per scegliere direttamente il Governo dovremmo trasformare la nostra Costituzione e stabilire che la nostra è una repubblica presidenziale. Finché questo non avverrà, ogni riferimento al “governo scelto dal popolo” è sbagliato e strumentale.

Categorie
dichiarazioni Politica

Riforma costituzionale, cosa cambia: il nuovo Titolo V e le comepetenze tra Stato e Regioni

camera-deputatiFinalmente si fa sul serio. La Camera ha approvato la riforma Costituzionale che trasforma il Senato, abolisce Cnel e Province, modifica l’iter legislativo e interviene sul Titolo V della Costituzione, quello che definisce competenze tra Stato e Regioni. Anche questa parte è molto importante, perchè può rappresentare un passo in avanti molto importante per superare una serie di conflitti tra Stato e Regioni che ha generato caos normativo e perdite di tempo. La riforma per entrare definitivamente in vigore ha bisogno di altri due passaggi parlamentari (uno al Senato e uno alla Camera) e alla fine sarà il referendum confermativo ad avvallare o meno la proposta.

CANCELLATA LEGISLAZIONE CONCORRENTE L’articolo 30 del ddl – così come approvata dalla Camera – cancella la legislazione concorrente tra Stato e Regioni. L’articolo 117 della Costituzione riguarda appunto la potestà legislativa delle Regioni a cui rimarrà il potere di legiferare su “pianificazione del territorio regionale, mobilità al suo interno, dotazione infrastrutturale, programmazione e organizzazione dei servizi sanitari e sociali, promozione dello sviluppo economico locale e organizzazione in ambito dei servizi alle imprese e in materia di servizi scolastici, istruzione, promozione del diritto allo studio, anche universitario”. Spetterà invece allo Stato la competenza sulla tutela del lavoro, sulle politiche attive e sulla sicurezza alimentare sul coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario. E ancora: spetteranno allo Stato, oltre la competenza sui mercati finanziari anche quella sui mercati assicurativi. Fra le altre materie resteranno inoltre alla competenza esclusiva dello Stato la produzione, trasporto e distribuzione nazionali dell’energia e le infrastrutture strategiche e grandi reti di trasporto e navigazione d’interesse nazionale e porti e aeroporti di interesse nazionale e internazionale.

A STATO COMPETENZA POLITICHE SOCIALI E ATTIVE L’assemblea della Camera ha poi approvato un subemendamento e un emendamento del relatore all’articolo 31 del ddl Riforme, che modificano ulteriormente il Titolo V: allo Stato sarà quindi affidata la competenza esclusiva sulle “politiche sociali”.

ANCHE LAVORO-ALIMENTAZIONE-CONCORRENZA A STATO Sempre nel passaggio alla Camera è stato deciso che A anche la competenza esclusiva in materia di tutela, sicurezza e politiche attive del lavoro, tutela alimentare e promozione della concorrenza tornerà allo Stato.

TETTO STIPENDI CONSIGLIERI REGIONALI La riforma prevede anche un tetto massimo agli stipendi degli amministratori regionali: non potranno superare quelli dei sindaci del comune capoluogo. Il Senato dovrà esprimersi obbligatoriamente sullo scioglimento dei consigli regionali.

CLAUSOLA SUPREMAZIA STATO L’articolo 31 del ddl conteniene anche la clausola di supremazia che lo Stato può esercitare nei confronti delle Regioni “a tutela dell’unità della Repubblica e dell’interesse nazionale”. Quindi lo Stato potrà – con l’esercizio della clausola – occuparsi delle competenze in capo alle Regioni.

AUTONOMIA FINANZIARIA COMUNI-REGIONI L’articolo 33 del ddl Riforme modifica l’articolo 119 della Costituzione sull’autonomia finanziaria degli enti territoriali. A votare a favore 295 deputati, 88 contro e 15 gli astenuti. Con l’articolo Comuni, Città metropolitane e Regioni avranno autonomia finanziaria di entrata e di spesa, nel rispetto dell’equilibrio dei relativi bilanci, e concorreranno ad assicurare l’osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea.

COSTI-FABBISOGNI STANDARD SARANNO DECISI DA LEGGE STATO Sarà una legge dello Stato a definire “gli indicatori” di riferimento “di costo e fabbisogno che promuovo condizioni di efficienza nell’esercizio delle medesime funzioni”. La modifica cambia l’articolo 33 del ddl (che modifica a sua volta il Titolo V della Costituzione e, in particolare, l’articolo 119), che tratta dell’autonomia finanziaria di Comuni, Città metropolitane e Regioni.

SUPERAMENTO DEL CNEL E DELLE PROVINCE Il Cnel, il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, sarà soppresso, così come la menzione delle province dalla Costituzione in raccordo con la già approvata legge Delrio.

Categorie
Riforme costituzionali

Riforma del Senato, le modifiche apportate in Commissione

Il 16 dicembre l’Aula della Camera ha cominciato l’esame della riforma costituzionale che supera il bicameralismo paritario, abolisce le Province, riforma il processo legislativa, rivede le competenze tra Stato e Regioni. La più robusta modifica dai giorni della scrittura della Carta ad oggi. Il testo che il plenum di Montecitorio si appresta a esaminare è stato lungamente discusso e modificato in Commissione Affari Costituzionali e approvato nella notte tra sabato 13 e domenica 14 dicembre.

Di seguito le modifiche principali al testo rispetto alla versione che la Camera ha ricevuto, in seconda lettura, dopo il primo passaggio al Senato (di cui qui trovi la sintesi).

IL SENATO POTRÀ RICHIEDERE LA MODIFICA DELLA LEGGE DI STABILITA’ CON 2/3 DEI VOTI Il Senato potrà chiedere alla Camera di modificare la legge di Stabilità non più con voto a maggioranza assoluta ma con maggioranza dei due terzi. Per quanto riguarda, invece, le leggi che riguardano Roma capitale, il governo del territorio, la Protezione civile, l’attuazione ed esecuzione degli accordi internazionali e dell’Unione europea e le leggi che riguardano i poteri delle regioni e degli enti locali il Senato potrà proporre modifiche alla Camera solo con voto a maggioranza assoluta dei suoi componenti. Saranno i presidenti di Camera e Senato, d’intesa tra loro, a decidere quale procedimento verrà seguito.

NO COMPETENZE AL SENATO SU TEMI ETICI Per quanto riguarda l’articolo 1, invece, con una modifica è stato deciso che il futuro Senato non avrà voce sui temi etici. E non avrà più potere pieno di ‘controllo e valutazione delle politiche pubbliche’. Quindi con più emendamenti, riformulati dai relatori Francesco Paolo Sisto (FI) ed Emanuele Fiano (Pd), sono state cancellate le competenze legislative che erano state introdotte al Senato – con i voti della minoranza Pd – durante l’esame del testo, lo scorso luglio.

VIA VOTO BLOCCATO DDL GOVERNO, MA RIMANE DATA CERTA La commissione ha inoltre modificato l’articolo 12 del ddl Riforme che prevedeva la possibilità che il governo chieda alla Camera di votare un proprio disegno di legge entro una data certa e senza modifiche, il cosiddetto ‘voto bloccato’. Con la modifica i ddl dovranno essere posti in votazione entro 70 giorni (e non più 60) dalla deliberazione di urgenza. Il termine di 70 giorni, però, potrà ‘essere differito – si legge nella riformulazione – di 15 giorni, in relazione ai tempi di esame della commissione nonché alla complessità del disegno di legge. Un’altra novità è che il regolamento della Camera stabilirà le modalità e i limiti del procedimento, ‘anche con riferimento all’omogeneità del disegno di legge’. È stata infine prevista una norma transitoria: fino all’adeguamento del regolamento della Camera, il differimento del termine dei 70 giorni ‘non può essere inferiore a dieci giorni’.

CAMBIA QUORUM ELEZIONE CAPO DELLO STATO Tra gli emendamenti votati in tarda serata di sabato, anche quello che che innalza il quorum dalla maggioranza assoluta ai tre quinti dei votanti per l’elezione del presidente della Repubblica a partire dal nono scrutinio. Il testo varato dal Senato prevedeva i due terzi dei grandi elettori nei primi tre scrutini. Dalla quarta votazione si scendeva ai tre quinti, e alla maggioranza assoluta dal nono scrutinio. L’emendamento approvato conserva la maggioranza dei due terzi nei primi quattro scrutini; dalla quinta votazione si scende ai tre quinti dei grandi elettori e dal nono scrutinio il quorum è fissato ai tre quinti dei votanti.

NO A PROMULGAZIONE PARZIALE LEGGI CAPO STATO Dietrofront sulla promulgazione delle leggi: il presidente della Repubblica potrà chiedere con messaggio motivato una nuova deliberazione di una legge, ma non limitata a specifiche parti come previsto dal testo del ddl Riforme approvato dal Senato.

TITOLO V: LAVORO-ALIMENTAZIONE-CONCORRENZA A STATO La competenza esclusiva in materia di tutela, sicurezza e politiche attive del lavoro, tutela alimentare e promozione della concorrenza tornerà allo Stato.

SÌ A STATUTO OPPOSIZIONI CAMERA. SARÀ NEL REGOLAMENTO Con la riforma del Senato e del Titolo V della Costituzione viene anche prevista la creazione dello statuto delle opposizioni. Questo sarà ‘disciplinato’ dal regolemento della Camera.

I TEMI CHE SARANNO AFFRONTATI IN AULA Tra i temi rimandati all’esame dell’aula quello della deliberazione dello stato di guerra che – secondo il testo attuale – potrà essere deciso solo dalla Camera, che successivamente conferisce al governo i poteri necessari. Sul tema c’è stato un lungo dibattito sull’opportunità di togliere al Senato la competenza sulla dichiarazione, attribuendo un potere ‘così grande e delicato’ – hanno osservato diversi deputati – a un solo ramo del Parlamento. E ancora: in aula saranno approfonditi il tema delle città metropolitane (Forza Italia, in particolare, chiede che siano ridotte) e il nodo che riguarda il Titolo V della Costituzione (articolo 117): affidare allo Stato, come competenze esclusiva, le politiche sociali.

I TEMPI PER L’APPROVAZIONE – Con l’approvazione ad agosto da parte del Senato del ddl Rifome si è avviata la ‘navetta’: così è chiamato il passaggio dei ddl tra Senato e Camera, nella sua versione ‘costituzionale’. La Costituzione prevede (all’articolo 138) che per le modifiche costituzionali ci sia un procedimento rafforzato di modifica. Quindi il ddl, dopo che riceverà il via libera dalla Camera, tornerà a Palazzo Madama che però potrà proporre emendamenti e approvare modifiche solo agli articoli cambiati nel passaggio alla Camera. A quel punto si procederebbe a tappe successive, dal Senato alla Camera e indietro, fino all’approvazione dello stesso testo. Ma probabilmente la navetta – se la maggioranza regge – si fermerà al secondo passaggio al Senato o al massimo a un’ulteriore tappa a Montecitorio. Quindi, tutto il testo rimarrà fermo per tre mesi, il tempo richiesto dalla Carta per i disegni di legge di modifica costituzionale. Poi la Camera e il Senato voteranno nuovamente sul ddl, ma sarà solo un voto sul complesso del provvedimento. Niente emendamenti, niente discussioni, solo un sì o un no alla legge così come è stata approvata tre mesi prima. Se l’approvazione nelle seconde votazioni avverrà a maggioranza assoluta, sarà possibile un referendum popolare sulla legge, se ‘entro tre mesi dalla pubblicazione ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali’. Infine sempre l’articolo 138 stabilisce che non è possibile il referendum ‘se la legge è stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti’.

Categorie
dichiarazioni Riforme costituzionali

Riforma della Costituzione: aperto il dibattito alla Camera, nel ricordo di Roberto Ruffilli

Il ricordo di Roberto Ruffilli e il contributo dato dalle donne nella lotta di Liberazione e nella fase Costituente del nostro Paese, sono stati due dei passaggi più significativi dell’intervento del parlamentare forlivese Marco Di Maio.Il 31enne romagnolo ha avuto l’onore di aprire la discussione generale in aula alla Camera sulla riforma della Costituzione, la più importante modifica che il parlamento si appresta ad approntare alla Carta varata nel 1948.

> Il video dell’intervento

Il cuore della riforma (che Marco Di Maio ha vissuto da protagonista essendo componente della Commissione Affari Costituzionali in sostituzione del ministro Maria Elena Boschi) è rappresentato soprattutto dal superamento del bicameralismo paritario, noto anche come “bicameralismo perfetto”, con la trasformazione del Senato in luogo di rappresentanza delle Regioni italiani e lasciando alla Camera dei Deputati la potestà legislativa diretta. Una semplificazione notevole, senza precedenti nell’assetto istituzionale italiano.

“Sentiamo molto forte il peso della responsabilità delle modifiche che stiamo facendo, ma anche la piena determinazione a mandare in porto – ha detto Marco Di Maio -. Una responsabilità che deriva anche dalla consapevolezza che tocca a noi, tocca a questa generazione dare attuazione a riforme e provvedimenti per troppi anni solo annunciati, recuperare il tempo perduto e le opportunità che troppo spesso la politica ha lasciato per strada”.

A proposito della necessità di fare le riforme costituzionali con uno schieramento più ampio della semplice maggioranza di Governo, Di Maio ha citato il passaggio di uno scritto di Roberto Ruffilli, il senatore forlivese trucidato nel 1988 dalle Brigate rosse nella propria abitazione di corso Diaz a Forlì. “”I partiti – sosteneva Ruffilli – si accordino sulle regole del gioco democratico, con il perfezionamento di quelle scritte nella Costituzione e di quelle poste in essere nei primi decenni di vita repubblicana, dimostrandosi capaci di realizzare compromessi validi fra “interessi partigiani” e “interessi sistemici”, a completamento e sviluppo di quei compromessi che hanno reso possibile la fondazione e la crescita della democrazia italiana”.

Il deputato forlivese ha ricordato che Ruffilli è stato ucciso proprio nel momento “in cui sta lavorando ad un vasto programma di riforme, la cui urgenza egli avvertiva allora come noi avvertiamo oggi”.

A cura dell’ufficio stampa

Categorie
interventi Memoria

70 anni dalla caduta del Fascismo: il dovere della memoria

Nella foto la prima pagine del “Corriere della Sera” del 26 luglio 1943

Settant’anni fa cadeva il fascismo in nome della libertà: il Comune di Forlì insieme all’ANPI (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia) di Forlì-Cesena ha organizzato un’iniziativa per ricordare questa ricorrenza e la figura di Leo Matteucci, che non solo è stato un esempio di lotta al fascismo ma con l’attività che ha compiuto sul territorio e l’impegno nel mondo dell’associazionismo è diventato anche emblema di come un cittadino può e deve partecipare alla vita civile del suo Paese. Una celebrazione importante, ben organizzata, esempio di come valori antichi possono essere resi attuali e raccontati in maniera originale, grazie all’aiuto dell’attore e regista teatrale Denio Derni, nonchè alla fervida volontà del sindaco Roberto Balzani.

Oggi le istituzioni, i partiti, le associazioni, i cittadini non possono commettere l’errore di dare per scontati certi valori democratici come se la certezza della loro presenza avesse fatto perdere il loro valore. Dobbiamo riflettere  sugli ideali democratici che hanno guidato la Resistenza al fascismo perché non si ripetono mai a sufficiente; riascoltarli e riviverli nei racconti e negli scritti di chi li ha vissuti in prima persona. Ricordare non solo per non dimenticare, ma anche per formare le coscienze delle nuove generazioni che non hanno vissuto quei momenti drammatici della nostra Storia.

Un dovere, quello ti tenere accesa la luce della memoria, che grava soprattutto sulle giovani generazioni, degli ultimi che hanno avuto (grazie ai nonni e ai bisnonni) la straordinaria fortuna di sentire raccontato dalla viva voce di chi l’ha avvisa, l’epoca della Resistenza e della costruzione della Repubblica. A noi l’onere e l’onore di non far sbiadire questo patrimonio storico e culturale, di cui è intrisa la nostra identità.

Categorie
interventi Memoria

In piazza con i bambini: “La Costituzione è la nostra madre”

Sabato mattina sono stato in piazza Garibaldi a Predappio con i bambini delle scuole, per celebrare i valori della pace e della Costituzione. Leggere i disegni e i cartelli esposti in mostra in piazza (nella foto uno dei cartelli realizzati dai ragazzi), fa percepire tutta l’importanza della nostra Carta e la cura estrema che si deve avere nel cominciare una sua revisione. La Costituzione è la madre della nostra Repubblica e la bussola del nostro vivere civile e ci accompagna nella vita di tutti i giorni.

L’identità del nostro Paese si è consolidata con la Resistenza; donne e uomini di diverse idee politiche e religiose si sono uniti per conquistare quei valori di pace, libertà e convivenza civile che sono poi confluiti nella Costituzione della nostra Repubblica.

La Costituzione deve essere riscoperta e attuata ma soprattutto spiegata ai ragazzi che oggi si affacciano al mondo per la prima volta e sono curiosi di capire come funziona la nostra società. La vita democratica del Paese può essere difesa solo se i nostri bambini e ragazzi apprendono, fin da ora, i meccanismi di funzionamento della nostra Repubblica e dell’Unione Europea.

Le giovani generazioni devono prendere coscienza del vero significato di cittadinanza che non è una parola astratta, ma è una condizione che ci permette di partecipare alla vita pubblica, che regola il nostro vivere quotidiano e che definisce, in parte, la nostra identità.  Tutti devono sapere e riconoscere che i valori positivi, come l’uguaglianza, il lavoro, il rispetto per l’ambiente, la cultura, la solidarietà e la tolleranza, sono utili per esercitare i propri diritti e doveri di cittadini attivi.

Studiare la storia che ha portato alla nascita della nostra Repubblica, così come la conosciamo oggi, significa anche capire come affrontare i problemi odierni e individuare valori ed idee che possono guidare verso nuove soluzioni.

Categorie
dichiarazioni Politica

Via alle riforme costituzionali. Il mio “sì” e le necessarie avvertenze

Il vice presidente della Camera, Roberto Giachetti, ha presentato una risoluzione un mese fa, che proponeva di istituire una commissione speciale per cancellare il ‘porcellum’ e temporaneamente ripristinare il ‘matterellum’ (in attesa di una nuova legge elettorale). Ho sottoscritto a suo tempo quella risoluzione, l’abbiamo posta mercoledì ai voti dell’assemblea del gruppo Pd. Su 293 componenti, abbiamo votato a favore in 34, mentre la maggioranza qualificata del gruppo era contraria. Nella votazione in Aula ci siamo attenuti alla decisione assunta, pur non condividendola. Sarebbe stato un segnale importante se, mentre si avvia il percorso di riforma della Costituzione, la Camera si fosse impegnata a cambiare la legge elettorale. Ci riproveremo.

E’ comunque stata votata a larghissima maggioranza una risoluzione che apre tutto il percorso delle riforme costituzionali. Un atto importante, sul quale sono state poste dal sottoscritto, assieme ad altri 42 deputati e senatori, alcuni rilievi affinché questo percorsi non “stropicci” la nostra splendida Carta Costituzionale. Non si tratta certo di una volontà di avere ‘visibilità’ (per farlo sarebbe bastato votare contro in aula quando si votata la risoluzione sulla legge elettorale), ma di offrire un contributo costruttivo affinchè il percorso di riforma della Costituzione abbia l’attenzione che un atto così fondamentale richiede.

Di seguito il testo e i suoi firmatari:

In merito alla mozione di maggioranza oggi in votazione a Camera e Senato relativa al processo di riforma costituzionale, pur apprezzando i miglioramenti introdotti rispetto all’impianto originario, manifestiamo le seguenti preoccupazioni:

1. la deroga alla procedura di revisione costituzionale rappresenta un oggettivo problema e un pericoloso precedente;
2. l’estensione delle materie soggette a riforma cui si fa riferimento nella mozione configurano una riscrittura sostanziale della seconda parte della Costituzione la quale semmai esigerebbe un sensibile rafforzamento del sistema delle garanzie procedimentali;
3. è quanto meno discutibile che siano le Camere a chiedere al Governo di impegnarsi a varare un disegno di legge costituzionale che introduca una tale deroga su materia eminentemente parlamentare quale quella della procedura di revisione costituzionale;
4. sulla questione della forma di Governo è indispensabile che il lavoro istruttorio del Comitato sia preceduto da un dibattito e un indirizzo del Parlamento;
5. nella parte finale del dispositivo si prospetta anche l’ipotesi, dalla quale dissentiamo, di un solo progetto di riforma complessiva anziché, come si richiederebbe, di provvedimenti distinti per titoli e materie sui quali, in Parlamento, possano liberamente prodursi maggioranze non precostituite e diverse in ragione dei singoli, specifici oggetti. Del resto, tutti i quattro “saggi” nominati dal Presidente Napolitano che si sono occupati della questione, su questo punto concordemente, hanno prospettato, a conclusione dell’iter, referendum confermativi “distinti per singole parti omogenee”;
6. nel testo della mozione si stabilisce un nesso tra il buon esito delle riforme costituzionali e, a valle, l’eventuale e conseguente riforma delle legge elettorale, con il concreto rischio della ennesima, deprecabile stabilizzazione del “porcellum”, in aperta contraddizione con il solenne impegno da tutti proclamato della sua cancellazione.

on. MONACO Franco
sen. ALBANO Donatella
sen. AMATI Silvana
on. AMATO Maria
on. BINDI Rosy
on. BOCCUZZI Antonio
on. BURTONE Giovanni
sen. CANTINI Laura
on. CAPOZZOLO Sabrina
sen. CASSON Felice
sen. CHITI Vannino
sen. CIRINNA’ Monica
on. CIVATI Giuseppe
sen. COCIANCICH Roberto
sen. CORSINI Paolo
on. COVA Paolo
on. DECARO Antonio
sen. DI GIORGI Rosa Maria
on. DI MAIO Marco
sen. DIRINDIN Nerina
sen. FILIPPI Marco
on. GADDA Maria Chiara
on. GALLI Carlo
sen. GINETTI Nadia
on. GRIBAUDO Chiara
sen. LO GIUDICE Sergio
sen. MARINO Mauro Maria
on. MARZANO Michela
sen. MATTESINI Donella
on. MATTIELLO Davide
sen. MINEO Corradino
on. MIOTTO Margherita
on. NICOLETTI Michele
sen. ORRU’ Pamela
sen. PADUA Venera
on. PARIS Valentina
on. PASTORINO Luca
sen. PEZZOPANE Stefania
on. PREZIOSI Ernesto
sen. PUPPATO Laura
sen. RICCHIUTI Lucrezia
on. ROTTA Alessia
on. TENTORI Veronica
sen. TOCCI Walter
on. ZAMPA Sandra
sen. ZAVOLI Sergio