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Legalità PrimoPiano

Cittadinanza, cos’è lo ‘ius scholae’ e come funzionerebbe

Abbiamo iniziato la discussione in aula della legge di riforma del diritto di cittadinanza. Al netto delle polemiche, vediamo insieme cosa prevede il testo.

Il testo consente l’acquisto della cittadinanza italiana al minore straniero che sia nato in Italia o vi abbia fatto ingresso entro il compimento del dodicesimo anno di età e che abbia risieduto legalmente e senza interruzioni nel nostro Paese, qualora abbia frequentato regolarmente per almeno cinque anni nel territorio nazionale uno o più cicli presso istituti appartenenti al sistema nazionale di istruzione o percorsi di istruzione e formazione professionale triennale o quadriennale idonei al conseguimento di una qualifica professionale. Ecco perchè viene definito “ius scholae”, perchè il diritto alla cittadinanza verrebbe legato alla frequentazione scolastica.

Lo ius scholae è, dunque differente dallo Ius Sanguinis e dallo ius soli. Il primo e’ il principio attualmente in vigore in Italia per l’acquisizione della cittadinanza: e’ italiano chi nasce da almeno un genitore in possesso della cittadinanza e ne “eredita il sangue”. Gli stranieri, che arrivano nel paese, possono chiedere la cittadinanza per naturalizzazione solo dopo 10 anni di permanenza continuativa sul suolo italiano. I loro figli, invece, devono aspettare il compimento della maggiore eta’, dimostrando di aver vissuto ininterrottamente qui dalla nascita.

In base al principio dello Ius Soli (non in vigore in Italia), il diritto di cittadinanza si sostanzia con la nascita sul territorio di uno Stato indipendentemente dalla nazionalità di appartenenza dei genitori. I principali paesi europei (Regno Unito, Germania e Francia) applicano forme modificate di ius soli (oltre alla nascita sul territorio dello stato sono richieste diverse condizioni variabili da stato a stato). Ad applicare lo ius soli sono il Brasile, il Canada, gli USA, e in genere quasi tutti i paesi del continente americano.

In base al testo all’esame dell’Aula di Montecitorio, perché acquisisca la cittadinanza italiana, i genitori dell’interessato in possesso dei requisiti, purchè siano entrambi residenti in Italia, dovranno rendere una “dichiarazione di volontà” entro il compimento della maggiore età del ragazzo. L’interessato può rinunciare alla cittadinanza acquisita entro due anni dal raggiungimento della maggiore età, purche’ in possesso di altra cittadinanza, e, viceversa, fare richiesta di acquisto della cittadinanza all’ufficiale di stato civile entro due anni dal raggiungimento della maggiore età, ove i genitori non abbiano reso la dichiarazione di volontà.

Una norma del testo specifica che il requisito della minore età si considera riferito al momento della presentazione dell’istanza o della richiesta da parte dei genitori .

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PrimoPiano Romagna

“Degrado e sicurezza: ripartiamo dai doveri”

Intervista a Gavino Cau per il Corriere Romagna, pubblicata lunedì 20 agosto 2018 su tutte le edizioni romagnole

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Diritti Immigrazione PrimoPiano

Immigrazione e sbarchi come strumento di propaganda; ma non basta dire no, serve un’alternativa basata sui doveri

Finalmente la nave-spot Aquarius è approdata a Valencia, per fortuna senza portare con sé alcuna vittima. Questa vicenda è stata utilizzata come un enorme spot elettorale (e sì, le elezioni ci sono state quasi 4 mesi fa, ma faceva comodo usarla per le campagne elettorali di molti comuni che stanno andando al voto) dal nostro nuovo ministro dell’Interno, quel Matteo Salvini che evidentemente non ha smesso i panni da comizio per indossare quelli più consoni al suo ruolo di membro del governo e vice presidente del Consiglio.

Oltre ad essere uno spot, la vicenda della nave Aquarius è risultata essere anche un grande bluff dato che, mentre Salvini sparava bordate a destra e a manca contro Francia e ONG, oltre 2000 persone venivano (fortunatamente) salvate in mare dalle nostre navi e sbarcate nei porti italiani. La prima domanda che ci è sorta è stata chiaramente sull’eticità, oltre che la regolarità, di lasciare praticamente alla deriva oltre 600 persone, donne e bambini inclusi, per poter lanciare qualche slogan e qualche tweet in rete; ma subito dopo ci siamo chiesti come mai si è giunti a questo punto e quale possa essere un’alternativa a simili “politiche” che, bisogna ammetterlo, in questo periodo fanno presa su buona parte dell’opinione pubblica.

Intanto iniziamo con il sottolineare come, nell’ultimo anno, gli arrivi di immigrati in Italia siano diminuiti del ben 82%, la rotta libica si è ridotta enormemente lasciando spazio a nuove e vecchie rotte, come quella che passa dal Senegal, attraverso la Mauritania per arrivare in Marocco e da lì, in Spagna. Un’inversione di tendenza che non ha certo origine nei 15 giorni di governo lega-5stelle, ma che è iniziata con le politiche dell’ex ministro dell’Interno Minniti e con il governo Gentiloni.
Quindi Salvini, oltre ad utilizzare la questione immigrazione per non parlare delle promesse elettorali che interessano veramente gli italiani, come la famosa flat tax, il reddito di cittadinanza, e l’abolizione della legge Fornero (sulle quali non hanno probabilmente idea di come attuarle), mente quando dice che “abbiamo fatto più noi in 15 giorni di governo che il Pd in 6 anni”.

La questione immigrazione è comunque molto complessa e ovviamente non bastano azioni simboliche e slogan per risolverla. Il lavoro che aveva iniziato a fare il governo Gentiloni sta dando i suoi frutti, gli arrivi stanno diminuendo perché diminuiscono le partenze. L’obiettivo quindi deve essere duplice: da una parte lavorare in stretta cooperazione con le autorità dei Paesi di partenza, tra cui ovviamente la Libia, in modo tale da garantire maggiori controlli sulle reti dei trafficanti e una migliore gestione dei flussi migratori; dall’altra, per coloro che arrivano nel nostro territorio, sviluppare un progetto funzionante di integrazione, responsabilizzazione e formazione che miri ad affiancare ai giusti diritti delle persone in fuga da guerre e miseria, i doveri che l’essere accolti comporta.

Coniugare diritti e doveri, rafforzando questi ultimi, è utile e importante non solo per chi accoglie; ma anche per chi arriva. Perchè l’obbligo di apprendere la lingua, imparare i rudimenti del nostro diritto e della convivenza civile, poter essere impiegati nella propria comunità con lavori e progetti di pubblica utilità, sono solo alcune delle molte ragioni che renderebbero più sostenibile e meno ‘pesante’ la gestione dei flussi. Significa favorire l’integrazione, non mortificare l’impegno degli immigrati che ci provano e si rimboccano le maniche, trasmettere messaggi positivi.

Certo è più facile lanciare la campagna #chiudiamoiporti che risolvere i problemi; anzi, questo atteggiamento rischia ancora una volta di far cadere il nostro Paese in un isolamento internazionale che non aiuterà di certo ad affrontare questioni così delicate.

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#fatticoncreti

#fatticoncreti | “Unioni civili”. I nuovi diritti sono legge.

#fatticoncreti | L’Italia come l’Europa 

Erano vent’anni che delle “Unioni civili” non si riusciva nemmeno a discutere. Non solo in Parlamento, ma nemmeno all’interno del centrosinistra. PACS, DICO, sono tutte formule di tentativi falliti ancor prima di nascere. In questi MilleGiorni, abbiamo trasformato questa lunga discussione in legge, con i voti pure di una parte del centrodestra. Cittadini che si sentivano di “serie B” e che, grazie a questa legge, dal 5 giugno 2016 non lo sono più. Abbiamo fatto di questa, una legislatura per i diritti. Il modello a cui si ispira la legge è quello tedesco fondato, in base al principio di non discriminazione, sull’estensione dei diritti civili del matrimonio. Si pone fine così ad un dibattito che si trascinava da tanto tempo e si colma un ritardo che era stato segnalato anche dalla Corte europea dei Diritti.

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> Il testo della legge

UNIONI CIVILI TRA PERSONE DELLO STESSO SESSO
L’istituto delle unioni civili riguarda le persone delle stesso sesso. Consiste nell’estensione alle unioni omosessuali di una serie di norme che regolano il matrimonio. Si occupa, quindi, sia delle condizioni per cui l’unione possa essere ritenuta valida, che di quelle relative al suo annullamento e all’eventuale conseguente separazione. Come il matrimonio, prevede per i coniugi diritti e doveri, l’obbligo reciproco all’assistenza morale e materiale, e alla coabitazione, nonche? di contribuire ai bisogno comuni. Stabilisce che la scelta della residenza comune sia concordata e la possibilita? di assumere un cognome comune. Riconosce, in ne, una serie di diritti di natura patrimoniale (diritti in materia di successione come la legittima, diritto al mantenimento e agli alimenti in caso di scioglimento dell’unione civile, diritto alla pensione di reversibilita?, diritto al ricongiungimento familiare).

CONVIVENZE DI FATTO
Riguardano le coppie, sia eterosessuali che omossessuali, che convivano di fatto sotto lo stesso tetto. La legge riconosce loro una serie di diritti che, offrendo garanzie sulle sue condizioni, favorisce la continuita? della convivenza. Prevede quindi:

  • che i conviventi possano accedere alle graduatorie per l’assegnazione di alloggi di edilizia popolare o la condivisione degli utili dell’impresa in cui lavorino entrambi;
  • che, in caso di malattia, i conviventi abbiano diritto reciproco di visita e assistenza; che se uno dei due conviventi muore, l’altro possa continuare ad abitare nella casa comune o abbia diritto a un risarcimento;
  • che, nel momento in cui la convivenza dovesse cessare, il convivente economicamente piu? debole abbia diritto a ricevere gli alimenti nel caso in cui si trovi in stato di bisogno e non sia in grado di provvedervi.
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PrimoPiano Sanità

Testamento biologico, via libera alla legge: progrediscono i diritti in Italia

Abbiamo approvato alla Camera la legge sul testamento biologico: traguardo storico, da completare con il voto definitivo del Senato. Una notizia straordinaria per chi da anni si batte per far progredire i diritti civili in Italia.

Il contenuto della legge in sintesi

CONSENSO INFORMATO. La legge stabilisce che nessun trattamento sanitario possa essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata. Il consenso informato tra medico e paziente è espresso in forma scritta o, nel caso in cui le condizioni fisiche del paziente non lo consentano, attraverso videoregistrazione o dispositivi che consentano alla persona con disabilità di comunicare. Il consenso informato può essere revocato anche quando la revoca comporti l’interruzione del trattamento, incluse la nutrizione e l’idratazione artificiali che, viene specificato nel testo, “sono trattamenti sanitari”, in quanto “somministrati su prescrizione medica di nutrienti mediante dispositivi sanitari”.

ASSISTENZA PSICOLOGICA. Il medico, se il paziente rifiuta o rinuncia a trattamenti sanitari necessari alla propria sopravvivenza, gli prospetta le conseguenze della decisione e le possibili alternative ed è tenuto a promuovere ogni azione di sostegno al paziente, anche avvalendosi dei servizi di assistenza psicologica.

POSSIBILE OBIEZIONE DI COSCIENZA MA OSPEDALE DEVE GARANTIRE ATTUAZIONE DAT. Il medico è tenuto a rispettare la volontà espressa dal paziente di rifiutare il trattamento sanitario o di rinunciare al medesimo e, in conseguenza di ciò, è esente da responsabilità civile o penale. Il paziente non può esigere trattamenti sanitari contrari a norme di legge, alla deontologia professionale o alle buone pratiche clinico-assistenziali. A fronte di tali richieste il medico non ha obblighi professionali quindi può rifiutarsi di dare corso alle Dat, tuttavia ogni azienda sanitaria pubblica o privata anche cattolica garantisce la piena e corretta attuazione dei principi della legge sul biotestamento.

DIVIETO DI ACCANIMENTO TERAPEUTICO. Nel caso di paziente con prognosi infausta a breve termine o di imminenza di morte, il medico deve astenersi da ogni ostinazione irragionevole nella somministrazione delle cure e dal ricorso a trattamenti inutili o sproporzionati.

TERAPIA DEL DOLORE E SEDAZIONE PALLIATIVA PROFONDA. Il medico, avvalendosi di mezzi appropriati allo stato del paziente, deve adoperarsi per alleviarne le sofferenze, anche in caso di rifiuto o di revoca del consenso al trattamento sanitario indicato dal medico. A tal fine, è sempre garantita un’appropriata terapia del dolore, con il coinvolgimento del medico di medicina generale e l’erogazione delle cure palliative In presenza di sofferenze refrattarie ai trattamenti sanitari, il medico può ricorrere alla sedazione palliativa profonda continua in associazione con la terapia del dolore, con il consenso del paziente. Il ricorso alla sedazione palliativa profonda continua o il rifiuto della stessa sono motivati e sono annotati nella cartella clinica e nel fascicolo sanitario elettronico.

DAT. Ogni persona maggiorenne, capace di intendere e di volere, in previsione di una eventuale futura incapacità di autodeterminarsi può, attraverso disposizioni anticipate di trattamento, esprimere le proprie convinzioni e preferenze in materia di trattamenti sanitari, nonché il consenso o il rifiuto rispetto a scelte diagnostiche o terapeutiche e a singoli trattamenti sanitari, comprese le pratiche di nutrizione e idratazione artificiali.

FIDUCIARIO. Chi sottoscrive le Dat indica una persona di sua fiducia (“fiduciario”) che ne faccia le veci e lo rappresenti nelle relazioni con il medico e con le strutture sanitarie. Il fiduciario deve essere una persona maggiorenne, capace di intendere e di volere. Il fiduciario può rinunciare alla nomina con atto scritto. L’incarico del fiduciario può essere revocato. Al fiduciario è rilasciata una copia delle Dat. Nel caso in cui le Dat non contengano l’indicazione del fiduciario o questi vi abbia rinunciato o sia deceduto o sia divenuto incapace le Dat mantengono efficiacia in merito alle convinzioni e preferenze del disponente. In caso di necessità, il giudice tutelare provvede alla nomina di un amministratore di sostegno.

DAT DISATTESE IN CASO DI NUOVE TERAPIE. Il medico è tenuto al rispetto delle DAT le quali possono essere disattese, in tutto o in parte, dal medico, in accordo con il fiduciario, qualora le Dat appaiano palesemente incongrue o non corrispondenti alla condizione clinica attuale del paziente ovvero sussistano terapie non prevedibili all’atto della sottoscrizione capaci di offrire concrete possibilità di miglioramento delle condizioni di vita.

REGISTRO REGIONALE DELLE DAT. Le regioni che adottano modalità telematiche di gestione dei dati del singolo iscritto al Servizio sanitario nazionale possono regolamentare la raccolta di copia delle Dat, compresa l’indicazione del fiduciario, e il loro inserimento nella banca dati, lasciando comunque al firmatario la libertà di scegliere se darne copia o indicare dove esse siano reperibili.

NIENTE BOLLO E TASSE SULLE DAT. Le Dat devono essere redatte per atto pubblico o per scrittura privata autenticata o per scrittura privata consegnata dal disponente presso l’ufficio di stato civile del suo comune di residenza che provvede a inserirlo in un registro dove istituito o presso la struttura sanitaria che poi la trasmette alla regione. Le Dat tuttavia sono esenti dall’obbligo di registrazione, dall’imposta di bollo e da qualsiasi altro tributo, imposta, diritto e tassa. Le Dat possono essere revocate con dichiarazione verbale raccolta o videoregistrata da un medico con l’assistenza di due testimoni in casi di emergenza e urgenza.

DAT VIDEOREGISTRATE. Nel caso in cui le condizioni fisiche del paziente non lo consentano, possono essere espresse attraverso videoregistrazione o dispositivi che consentano alla persona con disabilità di comunicare. Con le stesse modalità sono rinnovabili, modificabili e revocabili in ogni momento.

PIANIFICAZIONE CONDIVISA DELLE CURE. Rispetto all’evolversi delle conseguenze di una patologia cronica e invalidante o caratterizzata da inarrestabile evoluzione con prognosi infausta, può essere realizzata una pianificazione delle cure condivisa tra il paziente e il medico, alla quale il medico è tenuto ad attenersi qualora il paziente venga a trovarsi nella condizione di non poter esprimere il proprio consenso o in una condizione di incapacità. Anche in questo caso può essere indicato un fiduciario. L’atto di pianificazione delle cure può essere aggiornata al progressivo evolversi della malattia su richiesta del paziente o su suggerimento del medico.

POSSIBILE STOP CURE, ANCHE NUTRIZIONE E IDRATAZIONE ARTIFICIALI Ogni persona maggiorenne e capace di intendere e di volere ha il diritto di rifiutare, in tutto o in parte qualsiasi accertamento diagnostico o trattamento sanitario indicato dal medico per la sua patologia o singoli atti del trattamento stesso. La nutrizione artificiale e l’idratazione artificiale sono considerati trattamenti sanitari e dunque sospendibili. “Qualora il paziente esprima la rinuncia o il rifiuto di trattamenti sanitari necessari alla propria sopravvivenza, il medico – si legge nel testo – prospetta al paziente e, se il paziente acconsente, con i suoi familiari, le conseguenze di tale decisione e a illustrargli le possibili alternative”. Il medico dovrà inoltre promuovere “ogni azione di sostegno al paziente, anche avvalendosi dei servizi psicologici”.

RISPETTO VOLONTÀ PAZIENTE, MA SOLO SE NON CONTRASTA CON DEONTOLOGIA MEDICA Il medico è tenuto a rispettare la volontà espressa dal paziente di rifiutare il trattamento sanitario o di rinunciare al medesimo e, in conseguenza di ciò, è esente da responsabilità civile o penale. Il paziente non può esigere trattamenti sanitari contrari a norme di legge, alla deontologia professionale o alle buone pratiche clinico-assistenziali. “A fronte di tali richieste – si legge nel testo – il medico non ha obblighi professionali”. Per alcuni, come il Movimento 5 stelle o la stessa commssione Giustizia, questa specifica potrebbe aprire agli obiettori di coscienza.

NO ACCANIMENTO TERAPEUTICO E OK SEDAZIONE PROFONDA Nel caso di paziente con prognosi infausta a breve termine o di imminenza di morte, il medico “deve astenersi da ogni ostinazione irragionevole nella somministrazione delle cure e dal ricorso a trattamenti inutili e sproporzionati”. Quindi, “in presenza di sofferenze refrattarie ai trattamenti sanitari – si legge – il medico può ricorrere alla sedazione palliativa profonda continua in associazione con la terapia del dolore, con il consenso del paziente”. Il ricorso alla sedazione palliativa profonda continua o il rifiuto della stessa devono essere motivati e annotati nella cartella clinica e nel fascicolo sanitario elettronico.

GARANTITA TERAPIA DEL DOLORE Il medico, “avvalendosi di mezzi appropriati allo stato del paziente, deve adoperarsi per alleviarne le sofferenze, anche in caso di rifiuto o di rinuncia al trattamento sanitario indicato dal medico”. Viene quindi “garantita un’appropriata terapia del dolore, con il coinvolgimento del medico di famiglia e l’erogazione delle cure palliative”.

DISPOSIZIONI ANTICIPATE DI TRATTAMENTO Ogni persona maggiorenne e capace di intendere e di volere, in previsione di un’eventuale futura incapacità di autodeterminarsi, può, attraverso le disposizione anticipate di trattamento (dat), esprimere le proprie volontà in materia di trattamenti sanitari, oltre al consenso o il rifiuto rispetto a scelte diagnostiche o terapeutiche e a singoli trattamenti sanitari, comprese la nutrizione e l’idratazione artificiali. Le dat possono essere disattese, in tutto o in parte, dal medico stesso, in accordo con il fiduciario, qualora queste appaiano “palesemente incongrue o non corrispondenti alla condizione clinica attuale del paziente ovvero qualora sussistano terapie non prevedibili all’atto della sottoscrizione, capaci di assicurare concrete possibilità di miglioramento delle condizioni di vita”. Le Dat devono essere redatte per atto pubblico o per scrittura privata autenticata. Sono esenti dall’obbligo di registrazione, dall’imposta di bollo e da qualsiasi altro tributo, imposta, diritto e tassa. Nel caso in cui le condizioni fisiche del paziente non lo consentano, le Dat possono essere espresse attraverso videoregistrazione o dispositivi che consentono alla persona con disabilità di comunicare. Con le medesime forme esse sono rinnovabili, modificabili e revocabili in ogni momento. In casi di emergenza possono essere revocate verbalmente o con videoregistrazione effettuata da un medico con due testimoni.

POSSIBILE NOMINARE FIDUCIARIO Nelle dat, in vista della possibilità di non esprimersi, può essere indicata una persona fiduciaria che dovrà relazionarsi con il medico e occuparsi del rispetto delle volontà. Il fiduciario, che può rinunciare, deve essere una persona maggiorenne e capace di intendere e di volere. L’incarico del fiduciario può essere anche revocato dal disponente in qualsiasi momento. In caso di necessità, qualora non sia stato indicato un fiduciario, il giudice tutelare provvede alla nomina di un fiduciario o investe dei relativi compiti l’amministratore di sostegno, ascoltando nel procedimento il coniuge o la parte dell’unione civile o, in mancanza, i figli o, in mancanza, gli ascendenti.

POSSIBILI BANCHE DATI REGIONALI DAT Le regioni potranno, con propri atti, istituire una banca dati delle dat, per regolamentarne la raccolta di copia, compresa l’indicazione del fiduciario, e il loro inserimento nella banca dati, “lasciando comunque al firmatario la libertà di scegliere se darne copia o indicare dove esse siano reperibili”.

MINORI E INCAPACI Il consenso informato al trattamento sanitario del minore è espresso o rifiutato dagli esercenti la responsabilità genitoriale o dal tutore tenendo conto della volontà della persona minore, in relazione alla sua età e al suo grado di maturità, e avendo come scopo la tutela della salute psicofisica e della vita del minore. Allo stesso modo il consenso informato della persona interdetta è espresso o rifiutato dal tutore, sentito l’interdetto ove possibile, avendo come scopo la tutela della salute psicofisica e della vita della persona. Il consenso informato della persona inabilitata è espresso invece dalla medesima persona inabilitata o, a seconda dei casi, dall’amministratore di sostegno. In assenza di Dat, in caso di disaccordo con il medico, la decisione è rimessa al giudice tutelare su ricorso del rappresentante legale della persona interessata o del medico o del rappresentante legale della struttura sanitaria.

PIANIFICAZIONE CONDIVISA DELLE CURE In caso di patologia cronica e invalidante o caratterizzata da inarrestabile evoluzione con prognosi infausta può essere realizzata una pianificazione delle cure condivisa tra il paziente e il medico, alla quale il medico e l’equipe sanitaria sono tenuti ad attenersi qualora il paziente venga a trovarsi nella condizione di non poter esprimere il proprio consenso o in una condizione di incapacità. “Il paziente esprime il proprio consenso rispetto a quanto proposto dal medico – si legge – e i propri intendimenti per il futuro, compresa l’eventuale indicazione di un fiduciario”. Previsto il diritto ad essere informati dell’evolversi della patologie e delle possibilità di intervento, sua per il paziente che per i familiari. La pianificazione delle cure può essere aggiornata su suggerimento del medico o su richiesta del paziente. Anche in questo caso può essere indicato un fiduciario.

NORMA TRANSITORIA Ai documenti atti ad esprimere le volontà del disponente in merito ai trattamenti sanitari, già depositati presso il Comune di residenza o davanti a un notaio prima della data di entrata in vigore della legge, si applicheranno le nuove disposizioni.
RELAZIONE ANNUALE A PARLAMENTO Il ministro della Salute dovrà inviare una relazione annuale al Parlamento sull’attuazione della legge.
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Immigrazione PrimoPiano

Immigrazione e sicurezza: diritti e doveri più chiari per accoglienza e integrazione

Abbiamo approvato alla Camera un decreto importante in materia di immigrazione: si potenziano gli strumenti in essere e si mette in campo una strategia organica per affrontare il fenomeno della gestione dei flussi. L’obiettivo è garantire l’accoglienza e l’asilo a chi ne ha effettivo diritto e rendere efficaci le espulsioni e i rimpatri di chi non ne ha i requisiti. Evitando le lunghe attese che spesso finiscono col mortificare la dignità umana delle persone e aumentare il rischio di favorire comportamenti criminosi.

NUOVE SEZIONI SPECIALIZZATE NEI TRIBUNALI Sezioni specializzate nei tribunali, competenti a decidere sulle richieste di protezione internazionale e sulle controversie relative all’impugnazione dei provvedimenti adottati dall’autorità che individua lo Stato competente all’esame delle domande di protezione internazionale. Più in dettaglio, le sezioni vengono istituite nei tribunali ordinari del luogo in cui ha sede la Corte d’appello e saranno 26 in tutto. Quanto alla copertura finanziaria, invece, si specifica che per attuare le disposizioni dell’articolo 1 si provvede nell’ambito delle “risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili” e senza nuovi e maggiori oneri per lo Stato. Spetta al Csm, poi, provvedere con delibera all’organizzazione delle sezioni specializzate, entro 180 giorni dall’entrata in vigore del decreto. Il dl chiarisce anche che la competenza a decidere va alla sezione specializzata nella cui circoscrizione ha sede l’autorità che ha adottato il provvedimento impugnato. Mentre sotto il profilo delle conoscenze richieste ai magistrati si prevede una formazione specifica, fornita dalla Scuola superiore della magistratura in collaborazione con l’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo (Easo). Va detto, peraltro, che i restanti ambiti relativi al diritto dell’immigrazione, fuori dal terreno della protezione internazionale, restano divisi tra giudice di pace, giudice amministrativo e giudice ordinario.

PROCEDIMENTO PIÙ RAPIDO, NESSUN APPELLO, UDIENZA IN CASI CIRCOSCRITTI Resta il procedimento davanti alla Commissione territoriale la prima tappa per l’ottenimento di una protezione internazionale da parte del migrante. Si tratta di una fase di tipo amministrativo che include l’audizione del richiedente asilo e, salvo che il richiedente opponga ragioni di privacy, prevede la videoregistrazione del colloquio svolto, con mezzi audiovisivi e con trascrizione in lingua italiana. Dopo la decisione della Commissione territoriale, come del resto già previsto, il migrante può rivolgersi al giudice. Sull’iter che si avvia a questo punto in sede giurisdizionale, però, il dl Migranti interviene in misura consistente per rendere la procedura più rapida che in passato. In particolare, la videoregistrazione già realizzata e il relativo verbale di trascrizione vengono resi disponibili all’autorità giudiziaria. La Commissione territoriale è, inoltre, tenuta a trasmettere l’intera documentazione acquisita, comprese le informazioni raccolte sulla situazione socio-politico-economica del Paese di provenienza del migrante che chiede protezione in Italia. Si stabilisce, poi, che il procedimento, un tempo trattato con rito sommario di cognizione, sia trattato in camera di consiglio.

Il testo originario del dl prevedeva casi tassativi, di fatto molto limitati, per l’udienza e dunque per il contraddittorio. La versione approvata stabilisce che il giudice disponga l’udienza anche quando la videoregistrazione fatta nella fase precedente non è disponibile, oppure su motivata richiesta del migrante nel ricorso introduttivo, se il migrante stesso ritiene la trattazione del procedimento in udienza essenziale ai fini della decisione. Una revisione che di fatto allarga gli spazi per il contraddittorio e, quindi, per l’esercizio del diritto di difesa, ma secondo alcune forze politiche opera in modo insoddisfacente, perché poco chiaro o soltanto parziale. Molto discussa, del resto, è stata anche l’eliminazione del grado d’appello nelle controversie in questione. Un punto, questo, contestato in alcuni interventi nel ciclo di audizioni svolto al Senato, ma che non è stato ritoccato. Il testo approvato esclude, dunque, per il richiedente asilo un reclamo dopo la decisione del giudice. Resta salvo, invece, il ricorso per Cassazione. Novità anche nella composizione dell’organo giudicante. Un emendamento approvato al Senato ha aperto in parte alla competenza collegiale, specificando che per la trattazione della controversia “è designato dal presidente della sezione specializzata un componente del collegio”. Il collegio stesso decide in camera di consiglio “quando ritiene che non sia necessaria ulteriore istruzione”, per controversie sulla protezione internazionale e per l’impugnazione dei provvedimenti emessi per la determinazione dello Stato competente all’esame della domanda di protezione internazionale.

NOTIFICHE DI ATTI AL MIGRANTE. IL RUOLO DEL RESPONSABILE DEI CENTRI Tra gli aspetti trattati dal decreto, anche il regime delle notificazioni di atti al migrante che ha chiesto protezione internazionale. Se quest’ultimo si trova in un centro o in una struttura di accoglienza, le notificazioni sono dirette al centro o alla struttura. Spetta, poi, al responsabile del centro consegnare al destinatario il documento informatico, sottoscritto con firma digitale, e dare comunicazione dell’avvenuta notificazione alla Commissione territoriale. Diverso il caso del migrante che si trova fuori dai centri, per cui la notificazione ha luogo nell’ultimo domicilio comunicato, a meno che non sia irreperibile, nel qual caso si provvede in questura. In quest’ultima ipotesi, decorsi venti giorni dalla trasmissione dell’atto alla questura da parte della Commissione territoriale – mediante messaggio di posta elettronica certificata – la notificazione si intende fatta.

RISCHIO ECCESSI DI CONTROVERSIE, NOVITÀ SULLA PROCURA ALLE LITI Tra le norme approvate, rientra anche la previsione secondo cui la procura alle liti per la proposizione del ricorso per Cassazione deve essere conferita, a pena di inammissibilità del ricorso, dopo la comunicazione del decreto che si intende impugnare. L’intento è, in questo caso, quello di arginare il rischio di un eccessivo aumento dei ricorsi per Cassazione, a seguito dell’eliminazione dell’appello. Un intervento che si spiega a partire dal fatto che spesso, una volta conferita la procura, questa è mantenuta per tutti i gradi di giudizio. Il che potrebbe, questo il timore alla base dell’approvazione della norma, spingere a ricorsi meramente dilatori.

 IMPUGNAZIONI DEI PROVVEDIMENTI DELL’UNITÀ DUBLINO Per quanto riguarda i provvedimenti adottati dall’Unità Dublino, che fa capo al Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministero dell’interno e ha competenza per la determinazione dello Stato che deve esaminare la domanda di protezione internazionale, il dl Migranti stabilisce che contro le decisioni di trasferimento è ammesso il ricorso al tribunale sede della sezione specializzata in materia di immigrazione che decide, se non diversamente disposto, secondo il rito camerale. Il ricorso deve essere proposto, a pena di inammissibilità, entro trenta giorni dalla notificazione della decisione di trasferimento. Viene disciplinata, inoltre, la sospensione degli effetti della decisione di trasferimento.

IMPIEGO DI MIGRANTI PER ATTIVITÀ DI PUBBLICA UTILITÀ SU BASE VOLONTARIA Via libera all’impiego del migrante in attività di pubblica utilità per le collettività locali, purché su base volontaria. Una possibilità che si realizza con il coinvolgimento di prefetti, comuni e organizzazioni del terzo settore.

ISCRIZIONE ALL’ANAGRAFE DEL MIGRANTE Il testo approvato include l’obbligatoria iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente del richiedente protezione internazionale che non vi risulti già iscritto individualmente. La disposizione introdotta pone anche l’obbligo del responsabile della convivenza di comunicare entro venti giorni all’ufficio dell’anagrafe la variazione della convivenza.

INTERVENTI SUL PERSONALE, DA MAGISTRATURA A ESPERTI DI PEDAGOGIA E MEDIATORI Diverse le norme che intervengono sul personale a vario titolo coinvolto nell’iter della protezione internazionale. Al Consiglio superiore della magistratura spetta il compito di predisporre un piano straordinario di mobilità extradistrettuale per la destinazione di un maggior numero di magistrati alle sezioni specializzate. Da realizzare anche il potenziamento degli organismi amministrativi con l’assunzione di personale qualificato da impiegare nelle commissioni territoriali e in quella nazionale. E saranno assunti funzionari della professionalità giuridico-pedagogica, di servizio sociale e di mediatore culturale per sostenere interventi educativi e programmi di inserimento lavorativo. Inclusa nel testo anche una disposizione che incrementa il contingente di personale locale delle sedi diplomatiche e consolari nel continente africano.

DAI VECCHIE CIE AI NUOVI CENTRI DI PERMANENZA PER I RIMPATRI Addio ai Centri di identificazione ed espulsione e via libera, invece, ai Centri di permanenza per i rimpatri. Un nuovo modello, per strutture più piccole rispetto alle precedenti, più numerose sul territorio nazionale e localizzata vicino agli aeroporti. In questo modo, il testo intende superare i vecchi e discussi centri e affrontare il problema del sovrannumero dei migranti lì presenti e delle limitate garanzie sul piano dei diritti fondamentali.

TRATTENIMENTO DEL MIGRANTE PER IL RESPINGIMENTO Non solo in caso di espulsione, come già previsto, ma anche in caso di provvedimento di respingimento il migrante che ha presentato domanda di protezione internazionale viene trattenuto nel centro dove è ospitato, quando vi siano fondati motivi di ritenere che la domanda sia stata presentata solo per ritardare o impedire l’esecuzione del respingimento stesso. La norma, come spiegato nella relazione tecnica, va intesa come logica conseguenza della vicinanza tra espulsioni e respingimenti, che mostrano “omogeneità contenutistica e funzionale”. L’obiettivo dichiarato è, in entrambi i casi, quello di evitare il rischio di fuga di persone che possano aver presentato richieste “pretestuose e strumentali”.

Proprio in tema di trattenimenti, il testo approvato stabilisce anche la partecipazione del richiedente ai procedimenti di convalida mediante collegamento audiovisivo. Un aspetto, questo, criticato da una parte delle opposizioni, per le quali la disposizione impedirebbe al giudice di esaminare il richiedente nel luogo in cui si trova e, quindi, di verificarne le condizioni di accoglienza. Non solo, ma costringerebbe il difensore – questo il timore – a scegliere tra due ipotesi solo in parte soddisfacenti: presenziare alla convalida con il migrante assistito oppure, invece, con il giudice che deve decidere.

RITO ABBREVIATO A ESPULSIONI PER ORDINE PUBBLICO, SICUREZZA NAZIONALE E TERRORISMO Il testo approvato include la previsione del rito abbreviato per la definizione dei ricorsi contro i provvedimenti di espulsione per motivi di ordine pubblico e sicurezza nazionale e per motivi di prevenzione del terrorismo.

IDENTIFICAZIONE DEGLI STRANIERI IRREGOLARI, PUNTI DI CRISI E RISCHIO DI FUGA In base al dl i migranti irregolari rintracciati sul territorio nazionale o soccorsi nel corso di operazioni di salvataggio in mare vengono condotti in appositi punti di crisi nei centri di prima accoglienza e lì identificati, attraverso il rilevamento fotodattiloscopico e segnaletico. Gli stessi migranti devono poter ottenere informazioni sulle procedure di protezione internazionale, sul programma di ricollocazione in altri Stati membri dell’Ue e sulla possibilità di ricorso al rimpatrio volontario assistito.

Il testo include, poi, la previsione secondo cui il reiterato rifiuto di sottoporsi al rilevamento costituisce rischio di fuga e può giustificare l’adozione della misura di trattenimento presso un Cpr. Un’indicazione, questa, criticata da chi ha ritenuto il rischio di fuga soltanto presunto.

BANCHE DATI E SCAMBIO DI INFORMAZIONI Quanto alle informazioni disponibili su ingressi, soggiorni irregolari e procedimenti per la protezione internazionale, il provvedimento include l’interconnessione del sistema informativo automatizzato del Dipartimento della pubblica sicurezza con le banche dati delle forze di polizia e con il sistema per la gestione dell’accoglienza, istituiti presso il Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del ministero dell’Interno.

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Minori non accompagnati, una legge per tutelarli

Abbiamo approvato alla Camera la legge che modifica il Testo Unico sull’immigrazione con misure che agevolano la protezione dei minori stranieri non accompagnati. Frutto di un costante confronto, durante l’iter parlamentare, con Anci e associazioni attive nel settore. Il testo passa ora all’esame del Senato. Gli obiettivi di questa legge sono: aumentare i controlli sui minori non accompagnati, evitare che questi finiscano nelle mani delle mafie e del racket, favorire gli affidi, tutelare – con un percorso separato dagli adulti – i diritti dei minori.

La sintesi della proposta di legge

LE MODIFICHE SUL DIVIETO DI RESPINGIMENTO La proposta di legge prevede una modifica al testo unico sull’immigrazione per cui in nessun caso si possono rspingere minori stranieri non accompagnati alla frontiera. Eliminata in commissione, con due identiche proposte di Celeste Costantino (Si-Sel) e Fabiana Dadone (M5s) la deroga alla norma, che prevedeva tale possibilità nel caso in cui, richiamando il loro “superiore interesse”, era previsto il riaffidamento ai familiari. Nei casi di espulsione, invece, il tribunale per i minorenni deciderà “tempestivamente” e “comunque non oltre 30 giorni”. Confermato l’impianto che aggiunge il nuovo articolo 19-bis al dlgs 142 del 2015 (quello che attua le direttive Ue 32 e 33 del 2013 in materia di accoglienza dei richiedenti asilo e dei rifugiati).

Si propone che quando un minore straniero non accompagnato arrivi in Italia il personale qualificato della struttura di prima accoglienza (e se ricorrono i presupposti si applicano le disposizioni sui minori non accompagnati vittime di tratta) svolge un colloquio per approfondire la sua storia personale e familiare e “far emergere ogni altro elemento utile alla sua protezione”, secondo una procedura stabilita da un dpcm ad hoc. Al colloquio, inoltre, “è garantita la presenza di un mediatore culturale”. Per l’identificazione si dispone che essa sia “accertata dalle autorità di pubblica sicurezza, coadiuvate da mediatori culturali” e alla presenza del tutore del minore, solo dopo che gli sia stata garantita un’immediata assistenza umanitaria. Se c’è un dubbio, l’identità “è accertata in via principale attraverso un documento anagrafico, anche avvalendosi della collaborazione delle autorità diplomatico-consolari”. Nel caso in cui, nonostante tutto, permangano ancora dubbi “fondati” il tribunale per i minorenni o il giudice tutelare competente “possono disporre esami socio-sanitari” per l’accertamento dell’identità, che devono essere fatti “utilizzando modalità meno invasive possibili e rispettose dell’età presunta, del sesso e dell’integrità fisica e psichica della persona”.

Se serve, oltre ai già previsti “professionisti adeguatamente formati”, potrà esserci anche un mediatore culturale. Infine le operazioni di identificazione si concludono “con il foto-segnalamento che, comunque, non comporta” l’inserimento del minore “nel Sistema di identificazione dattiloscopica europea, European dactyloscopie”. Ma se prima della fase emendativa in commissione si prevedeva che il provvedimento di attribuzione dell’età fosse notificato allo straniero e, contestualmente, all’esercente i poteri tutelari, con la possibilità di impugnazione al tribunale per i minorenni in 30 giorni, ora, in caso di impugnazione, il giudice decide urgentemente in 10, e “ogni procedimento amministrativo e penale conseguente all’identificazione come maggiorenne è sospeso fino alla decisione”.

DA CARTELLA SOCIALE A ELENCO TUTORI VOLONTARI Il personale qualificato della struttura di accoglienza, dopo il colloquio, “compila una apposita cartella sociale evidenziando elementi utili alla determinazione della soluzione di lungo periodo migliore nel superiore interesse del minore”. La cartella sociale, poi, è trasmessa “ai servizi sociali del Comune di destinazione e alla procura della Repubblica presso il tribunale per i minorenni”. 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, il tempo per l’istituzione, presso ogni tribunale per i minorenni, di un elenco dei tutori volontari, “a cui possono essere iscritti privati cittadini, selezionati e adeguatamente formati, da parte dei garanti regionali per l’infanzia e l’adolescenza, disponibili ad assumere la tutela anche di un minore straniero non accompagnato o di più minori, quando la tutela riguarda fratelli o sorelle”.

La pdl propone anche di inserire l’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati all’interno del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar) e che nella scelta del posto, tra quelli disponibili, in cui collocare il minore, si debba “tenere conto delle esigenze e delle caratteristiche” emerse durante il colloquio conoscitivo. Le strutture in cui sono accolti i minorenni stranieri non accompagnati devono soddisfare “gli standard minimi dei servizi e dell’assistenza forniti dalle strutture residenziali per minorenni ed essere autorizzate o accreditate ai sensi della normativa nazionale e regionale in materia”. In caso di dichirazioni false per l’accreditamento, si viene cancellati dal sistema.

OLTRE LA MAGGIORE ETÀ Ancora, confermata la possibilità di ‘allungare’ fino a 21 anni l’affidamento del minore ai servizi sociali e, in materia di istruzione, è previsto che le scuole adottino “opportune misure “per favorire l’assolvimento dell’obbligo scolastico e formativo” dei minori stranieri non accompagnati. Particolare tutela, dice ancora la legge, deve essere garantita nei confronti dei minori stranieri non accompagnati, predisponendo un programma di assistenza ad hoc “che assicuri adeguate condizioni di accoglienza e di assistenza psico-sociale, sanitaria e legale, prevedendo soluzioni di lungo periodo, anche oltre il compimento della maggiore età”.

Previsto infine (art. 21) che il nostro Paese promuova “la più stretta cooperazione internazionale, in particolare tramite accordi bilaterali e finanziamento di programmi di cooperazione allo sviluppo nei Paesi di origine, per “armonizzare la regolamentazione giuridica, internazionale e nazionale, del sistema di protezione dei minori stranieri non accompagnati, favorendo un approccio integrato delle pratiche per garantire la piena tutela del superiore interesse dei minori”.

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Unioni civili, maggiori diritti per tutte le coppie: non esistono sentimenti di serie A e di serie B

L’Italia oggi ha raggiunto un traguardo che finirà scolpito per sempre nei libri di storia: la conquista di un diritto, di un principio che abbatte ogni distinzione tra sentimenti. L’amore è amore, anche tra persone dello stesso stesso; è così da sempre, è sancito dalla legge in gran parte degli Stati europei. Oggi finalmente anche dall’Italia. Un provvedimento che colma un gap dell’Italia rispetto agli altri stati europei: in Europa, infatti, gli unici paesi a non avere una legge sulle Unioni civili sono Bulgaria, Lettonia, Lituania, Polonia, Romania, Repubblica Slovacca.
E’ una legge che milioni di persone attendono da anni e non riguarda solo le coppie omosessuali, ma anche quelle etero. Con questa legge, infatti, si prevede l’istituto della coppia di fatto, ovvero la coppia composta da due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinita’ o adozione, da matrimonio o da un’unione civile. I conviventi di fatto hanno gli stessi diritti spettanti al coniuge nei casi previsti dall’ordinamento penitenziario, in caso di malattia o ricovero, in caso di morte (per quanto riguarda la donazione di organi, le modalita’ di trattamento del corpo e le celebrazioni funerarie).

Cosa prevede la nuova legge sulle Unioni civili: sintesi del contenuto

UNIONE CIVILE COME NUOVA ‘FORMAZIONE SOCIALE’. E’ istituita quale ‘specifica formazione sociale’ tra due persone maggiorenni dello stesso sesso mediante dichiarazione di fronte all’ufficiale di stato civile e alla presenza di due testimoni. Gli atti dell’unione, indicanti i dati anagrafici, il regime patrimoniale e la residenza vengono registrati nell’archivio dello stato civile. Le parti possono stabilire, per la durata dell’unione, un cognome comune scegliendolo tra i loro cognomi, anche anteponendo o posponendo il proprio cognome se diverso.

VITA FAMILIARE, NO OBBLIGO DI FEDELTÀ
. Non e’ stato inserito l’obbligo di fedelta’ per le coppie gay come per i coniugi nel matrimonio. Resta pero’ il riferimento alla vita familiare. Con la costituzione dell’unione civile le parti acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri; hanno l’obbligo reciproco all’assistenza morale e materiale e alla coabitazione. Entrambe le parti sono tenute, ciascuna in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacita’ di lavoro professionale e casalingo, a contribuire ai bisogni comuni. Le parti concordano tra loro l’indirizzo della vita familiare fissando la residenza comune.

DIRITTI SUCCESSORI E REVERSIBILITÀ. Si applica il codice civile sul regime patrimoniale della famiglia e la comunione dei beni. Si regolano i diritti successori e le norme sulla reversibilita’.

NO STEPCHILD ADOPTION MA GIURISPRUDENZA SU ADOZIONI ‘SALVA’
. Per tutelare l’effettivita’ della tutela dei diritti e il pieno adempimento degli obblighi derivanti dall’unione civile le disposizioni che si riferiscono al matrimonio e quelle con le parole ‘coniuge’ – ‘coniugi’ ovunque ricorrono nelle leggi si applicano anche alle unioni civili tranne che per quelle non espressamente richiamate dalla legge e nemmeno per quanto riguarda l’intera legge 4 maggio 1983, n.184 sulle adozioni escludendo cosi’ anche la stepchild adoption. Viene pero’ inserito un comma che precisa che ‘resta fermo quanto previsto e consentito in materia di adozione dalle norme vigenti’ in modo da non impedire il pronunciameno dei giudici sui casi di adozioni per le coppie gay.

DIVORZIO RAPIDO.
 Viene semplificato il procedimento per lo scioglimento dell’unione gay: bastera’ manifestare, anche disgiuntamente, la volonta’ di separarsi davanti all’ufficiale di stato civile.

CAMBIO DI SESSO.
 La sentenza di rettificazione di attribuzione di sesso determina lo scioglimento dell’unione gay. Viene inoltre stabilito che in caso di cambio di genere all’interno di una coppia sposata, anche se i coniugi manifestano la volonta’ di non farne cessare gli effetti civili, il matrimonio viene sciolto automaticamente e trasformato in unione civile.

IMPEDIMENTI E NULLITA’
. Sono cause di impedimento per la costituzione di una unione civile: l’esistenza di un vincolo matrimoniale o di un’unione civile gia’ in sessere; l’interdizione per infermita’ di mente; rapporti di affinita’ o parentela; condanna definitiva di un contraente per omicidio consumato o tentato nei confronti di chi sia coniugato o unito civilmente con l’altra parte; se sia stato disposto soltanto il rinvio a giudizio ovvero sentenza di condanna di primo o secondo grado ovvero una misura cautelare. La procedura per la costituzione dell’unione civile tra persone dello stesso sesso e’ sospesa sino a quando non e’ pronunziata sentenza di proscioglimento. La sussistenza di una delle cause impeditive comporta la nullita’ dell’unione civile. Tra le cause di nullita’ anche tutte quelle previste dal codice civile per il matrimonio.

LE COPPIE DI FATTO ETERO. Si intendono ‘conviventi di fatto’ due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinita’ o adozione, da matrimonio o da un’unione civile. I conviventi di fatto hanno gli stessi diritti spettanti al coniuge nei casi previsti dall’ordinamento penitenziario, in caso di malattia o ricovero, in caso di morte (per quanto riguarda la donazione di organi, le modalita’ di trattamento del corpo e le celebrazioni funerarie).

IL DIRITTO ALLA CASA ‘A TEMPO’.
 In caso di morte del proprietario della casa di comune residenza il convivente di fatto superstite ha diritto di continuare ad abitare nella stessa per due anni o per un periodo pari alla convivenza se superiore a due anni e comunque non oltre i cinque anni. Ove nella stessa casa coabitino figli minori o figli disabili del convivente superstite, il medesimo ha diritto di continuare ad abitare nella casa di comune residenza per un periodo non inferiore a tre anni. Il diritto alla casa viene meno nel caso in cui il convivente superstite cessi di abitarvi stabilmente o in caso di matrimonio, di unione civile o di nuova convivenza di fatto. Nei casi di morte del conduttore o di suo recesso dal contratto di locazione della casa di comune residenza, il convivente di fatto ha facolta’ di succedergli nel contratto.

CASE POPOLARI. Nel caso in cui l’appartenenza ad un nucleo familiare costituisca titolo o causa di preferenza nelle graduatorie per l’assegnazione di alloggi di edilizia popolare, di tale titolo o causa di preferenza possono godere, a parita’ di condizioni, i conviventi di fatto.

DIRITTI DEL CONVIVENTE NELL’ATTIVITÀ DI IMPRESA
. Al convivente di fatto che presti stabilmente la propria opera all’interno dell’impresa dell’altro convivente spetta una partecipazione agli utili dell’impresa familiare ed ai beni acquistati con essi nonche’ agli incrementi dell’azienda, anche in ordine all’avviamento, commisurata al lavoro prestato. Il diritto di partecipazione non spetta qualora tra i conviventi esista un rapporto di societa’ o di lavoro subordinato’.

‘CONTRATTO DI CONVIVENZA’ E I RAPPORTI PATRIMONIALI
. I conviventi di fatto possono disciplinare i rapporti patrimoniali relativi alla loro vita in comune con la sottoscrizione di un ‘contratto di convivenza’, redatto in forma scritta, a pena di nullita’, con atto pubblico o scrittura privata con sottoscrizione autenticata da un notaio o da un avvocato. Il contratto puo’ contenere: l’indicazione della residenza; le modalita’ di contribuzione alle necessita’ della vita in comune, in relazione alle sostanze di ciascuno e alla capacita’ di lavoro professionale o casalingo; il regime patrimoniale della comunione dei beni come da codice civile. Il regime patrimoniale scelto nel contratto di convivenza puo’ essere modificato in qualunque momento. Il contratto di convivenza non puo’ essere sottoposto a termine o condizione.

SEPARAZIONE. Il contratto di convivenza si risolve per: accordo delle parti; recesso unilaterale; matrimonio o unione civile tra i conviventi o tra un convivente ed altra persona; morte di uno dei contraenti. La risoluzione del contratto di convivenza determina lo scioglimento della comunione dei beni. Resta in ogni caso ferma la competenza del notaio per gli atti di trasferimento di diritti reali immobiliari comunque discendenti dal contratto di convivenza. Nel caso in cui la casa familiare sia nella disponibilita’ esclusiva del recedente, la dichiarazione di recesso, a pena di nullita’, deve contenere il termine, non inferiore a novanta giorni, concesso al convivente per lasciare l’abitazione.

ASSEGNO DI MANTENIMENTO.
 In caso di cessazione della convivenza di fatto, il giudice stabilisce il diritto del convivente di ricevere dall’altro convivente gli alimenti qualora versi in stato di bisogno e non sia in grado di provvedere al proprio mantenimento. Gli alimenti sono assegnati per un periodo proporzionale alla durata della convivenza. Ai fini della determinazione dell’ordine degli obbligati, l’obbligo alimentare del convivente e’ adempiuto con precedenza sui fratelli e sorelle.

NULLITÀ DEI CONTRATTI DI CONVIVENZA. Il contratto e’ nullo: in presenza di un vincolo matrimoniale, di un’unione civile o di un altro contratto di convivenza; in caso di rapporti di parentela, affinita’ o adozione; se concluso da persona minore di eta’; da persona interdetta giudizialmente; in caso di condanna per il delitto di cui all’articolo 88 del codice civile (omicidio consumato o tentato del partner). Gli effetti del contratto di convivenza restano sospesi in pendenza del procedimento di interdizione giudiziale o nel caso di rinvio a giudizio o di misura cautelare disposti per il delitto di cui all’articolo 88 del codice civile, fino a quando non sia pronunciata sentenza di proscioglimento.

INTERDIZIONE. Il convivente di fatto puo’ essere nominato tutore, curatore o amministratore di sostegno, qualora l’altra parte sia dichiarata interdetta o inabilitata.

DELEGHE AL GOVERNO
. Con questa legge il Governo e’ delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, uno o piu’ decreti legislativi in materia di unione civile fra persone dello stesso sesso nel rispetto dei seguenti princi’pi e criteri direttivi: adeguamento alle previsioni della legge delle disposizioni dell’ordinamento dello stato civile in materia di iscrizioni, trascrizioni e annotazioni; modifica e riordino delle norme in materia di diritto internazionale privato, prevedendo l’applicazione della disciplina dell’unione civile tra persone dello stesso sesso regolata dalle leggi italiane alle coppie formate da persone dello stesso sesso che abbiano contratto all’estero matrimonio, unione civile o altro istituto analogo; modificazioni ed integrazioni normative per il necessario coordinamento con la presente legge delle disposizioni contenute nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti e nei decreti. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’interno, da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le disposizioni transitorie necessarie per la tenuta dei registri nell’archivio dello stato civile nelle more dell’entrata in vigore dei decreti legislativi.

Ufficio stampa Marco Di Maio
Deputato XVII Legislatura

I Commissione – Aff.Costituz., Presidenza del Consiglio, Interni

VI Commissione – Finanze
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Basta attese, tempi rapidi per la legge contro l’omofobia

La proposta che è stata approvata in commissione Giustizia da PD, PDL e Sel (qui il testo originario della proposta) è frutto di una discussione ampia che ha coinvolto esponenti di diversi gruppi politici. Ieri alcuni deputati del PDL hanno avanzato una richiesta di sospensione del dibattito portando a giustificazione della loro richiesta il fatto che, il testo che sarà presentato venerdì in aula, è un “elemento diversivo” che in questo momento di fragilità politico-istituzionale non ci possiamo permettere.

I parlamentari firmatari della moratoria dimenticano che i provvedimenti di legge, che fanno riferimento ad alcuni temi etici, non possono mettere a rischio la maggioranza di Governo perché rispondono direttamente alla coscienza dei diversi parlamentari. E in ogni caso puoi avere l’incremento di Pil più elevato possibile, ma senza contrastare le discriminazioni non sarai mai un Paese evoluto.

La discussione deve approdare il prima possibile in aula alla Camera per accogliere le modifiche necessarie; questo perché il parlamento è un organo i cui componenti sono stati eletti direttamente dai cittadini italiani e quindi rappresentano tutte le sensibilità presenti nel nostro Paese. Non possiamo ritardare un passaggio storico che finalmente ci uniforma a livello legislativo alle altre democrazie europee. Non possiamo più aspettare di introdurre norme efficaci che regolino le sanzioni rispetto a questi reati. Questa è una questione di civiltà.