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La strage di Capaci 26 anni dopo: “Continuiamo a coltivare la speranza”

Il 23 maggio di ventisei anni fa, l’Italia viveva una delle pagine più tristi e dolorose della sua storia recente. Una infame esplosione portava via la vita del magistrato Giovanni Falcone, della moglie Francesca Morvillo e dei tre ragazzi della loro scorta, Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. Il 19 luglio di quell’anno poi stessa sorte toccava a Paolo Borsellino. Chi ideò e preparò l’attentato, però, non poteva immaginare che la loro battaglia contro Cosa Nostra, le idee di giustizia e legalità che hanno rappresentato con il loro lavoro e il loro sacrificio non sarebbero morte quel giorno. Continuano, infatti, a camminare sulle gambe di migliaia di persone, studenti, magistrati, poliziotti. Di generazione in generazione e noi non lo dimenticheremo mai.

Come non lo dimenticano le centinaia di studenti di tutta Italia che partecipano alla “Nave della Legalità”, che da Civitavecchia ogni anno parte alla volta di Palermo per commemorare la strage di Capaci.
Ieri la sorella di Giovanni Falcone, Maria, da sempre in prima linea per portare avanti gli insegnamenti del magistrato ucciso dalla mafia, ha detto che la lotta contro Cosa Nostra è lungi dall’essere terminata: “Non abbiamo ancora vinto”, ha affermato, “gli insegnanti ci permettono di far camminare le idee di Giovanni sulle gambe di tanti giovani e ci danno la speranza che ce la possiamo fare. Non abbiamo ancora vinto le mafie. E le notizie degli ultimi giorni ci danno la consapevolezza che esiste una mafia silente. Vogliamo continuare a coltivare la speranza”.
Coltivare la speranza ed instillare nelle giovani generazioni il seme della legalità, per impedire che il sacrificio di tutte le vittime di mafia sia stato vano.

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#fatticoncreti

#fatticoncreti | Il falso in bilancio è di nuovo reato penale. Approvato il nuovo codice

#fatticoncreti: il falso in bilancio ritorna reato

Il Governo Berlusconi l’aveva depenalizzato, con l’azione del Pd torna ad essere un reato punito con il carcere. Nessuna tregua nella lotta contro i reati economici, la corruzione, le tangenti, la formazione dei fondi neri. Questa legge sana un vulnus inferto alla giustizia da parte del centrodestra. Ed è particolarmente importante perché il falso in bilancio non è solo un atto grave, che mina la leale concorrenza, ma è anche il tipico reato attraverso il quale il corruttore si procura fondi neri per pagare tangenti.

La riforma si basa su 3 principi:
a) considera reato le false comunicazioni sociali;
b) elimina le soglie quantitative e qualitative quali condizioni per procedere;
c) stabilisce che il falso in bilancio è perseguibile d’ufficio.

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LA CULTURA CONTRO IL TERREMOTO
Viene autorizzata la spesa di 4 milioni di euro per attività culturali nei territori colpiti dal sisma del Centro Italia.

La legge approvata dal Parlamento ha, inoltre, il merito di colmare finalmente una lacuna giuridica, così come era stato segnalato all’Italia nel Rapporto Ocse 2011 sulla corruzione e, nel febbraio 2014, dalla prima Relazione della Commissione europea sulla lotta alla corruzione.

PENE SEVERE PER CHI FALSIFICA I BILANCI
Se la società è quotata, chi commette il falso in bilancio rischia la reclusione da 3 a 8 anni; se non quotata, da uno a 5 anni. Si procede sempre d’ufficio, a meno che non si tratti di piccole società non soggette al fallimento, per le quali vale una sanzione ridotta (da 6 mesi a 3 anni). Sanzione ridotta anche nel caso di fatti di lieve entità. Nel falso in bilancio di società quotate è possibile l’uso di intercettazioni. Quanto alla responsabilità amministrativa degli enti, raddoppiano le sanzioni pecuniarie (fino a 600 quote nel caso di società in borsa e a 400 per le non quotate).

Relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo

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#fatticoncreti

#fatticoncreti| Rafforzata la lotta alla corruzione. Con l’istituzione dell’Anac prevenzione e controlli più efficaci.

#fatticoncreti | La nuova Anac perno del contrasto alla corruzione 

La corruzione è un male che attanaglia la nostra società e sottrae ogni anno ingenti risorse che potrebbero essere utilizzate per politiche di sviluppo e di equità. Centinaia di appalti, che vogliono dire lavoro, occupazione, ripresa, restano spesso fermi a causa di illegalità e conseguenti inchieste. Combattere la corruzione è stata quindi una priorità nella nostra azione di governo e la nascita dell’Anac, con la guida assegnata a Raffaele Cantone, ha permesso di dotarci di strumenti ancora più efficaci rispetto ad altri Paesi contro questa piaga e di liberare la realizzazione di grandi opere da continui stop. Senza l’istituzione dell’Anac infatti molto probabilmente progetti come quello che ha dato vita al grande successo dell’Expo di Milano o quello del Mose Venezia sarebbero rimasti al palo. L’Anac diventa perno di questo nuovo sistema grazie al decreto Madia del 2014 che trasforma e ridefinisce quanto ereditato dalle legge Severino, con nuovi compiti e attribuzioni.

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> Il testo della legge

POTERI RAFFORZATI IN MATERIA DI ANTICORRUZIONE
All’Anac è affidato un vasto complesso di compiti, tra cui: a) ricevere notizie e segnalazioni di illeciti da parte dei dipendenti pubblici; b) ricevere notizie e segnalazioni da ciascun avvocato dello Stato che venga a conoscenza di violazioni di legge o altre irregolarità relative a contratti pubblici; c) applicare sanzioni amministrative in caso di omessa adozione da parte delle amministrazioni dei piani di prevenzione della corruzione, dei programmi di trasparenza o dei codici di comportamento.

IL COMMISSARIAMENTO DELLE IMPRESE INDAGATE
Del tutto innovativo è il potere di disporre in funzione di anticorruzione il commissariamento di nei casi in cui la magistratura proceda per accertare delitti contro la Pa oppure si registrino rilevanti anomalie o comunque sintomatiche di condotte illecite, il presidente dell’Anac può proporre al prefetto di assumere direttamente il controllo di un’impresa attraverso un’amministrazione straordinaria temporanea oppure di ordinare il rinnovo degli organi sociali. Negli appalti sopra la soglia comunitaria (5.225.000 euro) le stazioni appaltanti hanno l’obbligo di segnalare all’Anac, per valutazioni ed eventuali provvedimenti, le varianti in corso d’opera.

LE MISURE DI CONTROLLO SUGLI APPALTI
I poteri di controllo e conoscitivi sono rafforzati dalla legge anticorruzione (n. 69/2015) che attribuisce all’Anac compiti di vigilanza anche sui contratti pubblici (es. contratti secretati) a cui non si applica il codice degli appalti e impone a suo favore specifici obblighi informativi a carico delle stazioni appaltanti (bandi di gara, partecipanti, importi di aggiudicazione, tempi di completamento dell’opera), dei giudici amministrativi (notizie su condotte di scarsa trasparenza nelle controversie sull’aggiudicazione dell’appalto) e dei pm (notizie sull’esercizio dell’azione penale per fatti di corruzione). In base al nuovo codice degli appalti (d.lgs n. 50/2016), se ritenga che violino le norme in materia di contratti pubblici l’Anac può agire in giudizio contro i bandi e i provvedimenti di qualsiasi stazione appaltante.

I RISULTATI NEL 2016
Ogni anno l’Anac presenta una relazione al Parlamento. Nel 2016, secondo gli ultimi dati, sono state emanate 1.388 delibere (provvedimenti di vigilanza, pareri, linee guida, sanzioni, ecc.) e nei primi 5 mesi di quest’anno si è superata quota 600. Sul fronte della vigilanza anticorruzione, sono state avviate 845 istruttorie (comuni, strutture sanitarie, società pubbliche) per un totale di 12 sanzioni, segno di un elevato livello di adeguamento alle richieste dell’Autorità. In crescita le segnalazioni di illeciti da parte di dipendenti pubblici: 235 nel 2015, 252 nel 2016 e nei primi 5 mesi di quest’anno oltre 260.

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Giustizia PrimoPiano

Truffe agli anziani, approvata la ‘nostra’ legge

Abbiamo approvato alla Camera la legge contro le truffe agli anziani di cui sono stato uno dei primi firmatari. Le truffe contro gli anziani sono particolarmente odiose non solo perchè vanno a colpire l’aspetto patrimoniale di persone deboli, ma perchè intaccano in profondità anche l’aspetto piscologico delle vittime. Ringrazio il collega David Ermini, che ne è stato promotore e relatore, per la tenacia con cui ha portato avanti questo provvedimento e tutti coloro che ci hanno sostenuto in questa campagna. Confidiamo che ora il Senato non perda tempo nel procedere all’approvazione definitiva.

CARCERE SE ANZIANI FRODATI Entra nel codice penale il nuovo reato di frode patrimoniale in danno di un soggetto vulnerabile in ragione delletà avanzata. In pratica, chi con mezzi fraudolenti induce un anziano a dare (o promettere) indebitamente denaro o altra utilità rischia ora il carcere da 2 a 6 anni e la multa da 400 a 3.000 euro. La frode è però punita solo se il fatto è commesso in casa o dentro o vicino a negozi, uffici postali, banche, ospedali e case di riposo oppure se si simula un’offerta commerciale. Spetta al giudice valutare la condizione di particolare vulnerabilità in rapporto all’età.

AGGRAVANTE PER FRODE TELEFONICA Se la frode è commessa per telefono o internet scatta laggravante. La pena aumenta anche quando chi raggira si avvale di dati personali acquisiti fraudolentemente o senza consenso.

CONFISCA E STRETTA SULLA CONDIZIONALE La condanna per frode ai danni di un anziano comporta la confisca (anche per equivalente) dei beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo. E’ applicabile la custodia cautelare in carcere ed è obbligatorio l’arresto in flagranza. La sospensione condizionale della pena, inoltre, è subordinata alla restituzione e al pagamento del risarcimento del danno e all’eliminazione delle conseguenze del reato.

PENA PIÙ ALTA PER CIRCONVENZIONE INCAPACE Aumenta la pena per il delitto di circonvenzione di incapace: la reclusione passa dall’attuale forbice di 2-6 anni a 2-7 anni e la multa da 206-2.065 euro a 1.302-3.500 euro. Le limitazioni alla sospensione condizionale della pena e l’obbligatorietà dell’arresto in flagranza valgono anche per questo reato.

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La sicurezza, nei fatti e non solo a parole: un miliardo di investimenti aggiuntivi

sicurezza-poliziaUn grande sforzo in termini di risorse (un miliardo di euro) e mezzi viene fatto nel settore della difesa e della sicurezza nella legge di stabilità 2016. Si tratta di risorse che andranno a potenziare gli organici, a dare un riconoscimento economico maggiore (finalmente!) ai lavoratori del comparto della sicurezza e della difesa, compresi i vigili del fuoco. Si potenziano le misure per il contrasto al terrorismo e agli attacchi informatici (ormai sempre più frequenti) e si prevede una maggior presenza di agenti sul territorio. Ad ogni euro speso in sicurezza, corrisponde un euro speso in cultura.

I PROVVEDIMENTI DELLA LEGGE DI STABILITA’ PER LA SICUREZZA

INCENTIVI PER LA VIDEOSORVEGLIANZA – Istituito, per il 2016, un credito d’imposta a favore delle persone fisiche che, al di fuori della loro attività di lavoro autonomo, installano sistemi di videosorveglianza digitale o allarme ovvero stipulano contratti con istituti di vigilanza per la prevenzione di attività criminali. È previsto un limite complessivo di 15 milioni di euro. 

CYBER SECURITY – Per il 2016 vengono stanziati 150 milioni di euro per la cyber security, vale a dire per il potenziamento degli interventi e delle dotazioni strumentali in materia di protezione cibernetica e sicurezza informatica, con particolare attenzione alle attività di prevenzione e contrasto dei crimini di matrice terroristica nazionale e internazionale. 

RINNOVO STRUMENTAZIONI – Altri 50 milioni di euro, sempre per il 2016, sono destinati all’ammodernamento delle dotazioni strumentali e delle attrezzature anche di protezione personale in uso alle forze del comparto sicurezza e del comparto difesa. 

CONTRO IL TERRITORIO – Viene poi istituito un apposito Fondo, con una dotazione di 245 milioni per il 2016, per sostenere interventi straordinari per la difesa e la sicurezza nazionale “in relazione alla minaccia terroristica”Autorizzata anche, per il 2016, una spesa di 15 milioni di euro per investimenti volti ad accrescere il livello di sicurezza delle sedi istituzionali.

80 EURO IN BUSTA PAGA PER FORZE DELL’ORDINE – Al personale appartenente ai Corpi di polizia, al Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, alle Forze armate, compreso quello delle Capitanerie di porto, come riconoscimento dell’impegno profuso ai fini di fronteggiare le eccezionali esigenze di sicurezza nazionale, viene destinato un contributo straordinario pari a 960 euro l’anno (80 euro mensili), per una spesa complessiva di 500 milioni. Il contributo non ha natura retributiva, non concorre alla formazione del reddito complessivo ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, dell’imposta regionale sulle attività produttive e non è assoggettato a contribuzione previdenziale e assistenziale. I livelli dirigenziali sono esclusi dal contributo, che sarà corrisposto in quote di pari importo a partire dalla prima retribuzione utile e in relazione al periodo di servizio prestato nel corso dell’anno.

PIU’ AGENTI SUL TERRITORIO – Il Ministero dell’Interno opererà entro il 31 marzo 2016 una ricognizione del personale di polizia assegnato a funzioni amministrative o di scorta personale, per valutare la possibilità di spostamento ad operazioni di sicurezza e controllo del territorio.

NUOVI ASSUNZIONI – Viene anticipato al 1° marzo 2016 (rispetto al previsto 1° ottobre) il termine a partire dal quale possono essere effettuate le assunzioni straordinarie nella Polizia di Stato, nell’Arma dei carabinieri e nel Corpo della Guardia di finanza, allo scopo di incrementare le attività di prevenzione e di controllo del territorio in relazione allo svolgimento del Giubileo straordinario.

POLIZIA PENITENZIARIA – Autorizzata la spesa di 944.958 euro per il 2016, di 973.892 euro per il 2017 e di 1.576.400 euro l’anno a partire dal 2018 per arrivare all’equiparazione del personale direttivo del Corpo della Polizia penitenziaria ai corrispondenti ruoli della Polizia di Stato.

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NUOVO CODICE ANTI-MAFIA

Con l’unico neo del voto contrario del Movimento 5 stelle (ma non erano paladini della legalità?) abbiamo approvato a larghissima maggioranza (contrari solo M5s e Forza Italia) la legge che introduce di fatto il nuovo codice antimafia, partendo da una legge di iniziativa popolare sostenuta da 120mila cittadini e promossa da diverse associazioni con l’obiettivo di dare maggiore efficacia alle norme sulla gestione dei beni confiscati alla criminalità organizzata. Due i pilastri della normativa: da una parte le misure di contrasto sistematico alle organizzazioni criminali per colpirle dritte al cuore, cioè nelle imprese illecite; dall’altra misure economiche di sostegno alle imprese stesse affinché continuino la propria attività anche dopo la confisca o il sequestro.
> In sintesi i contenuti della legge

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Approvato il nuovo codice anti-mafia: contro la malavita, accanto alle imprese oneste

Con l’unico neo del voto contrario del Movimento 5 stelle (ma non erano paladini della legalità?) abbiamo approvato a larghissima maggioranza (contrari solo M5s e Forza Italia) la legge che introduce di fatto il nuovo codice antimafia, partendo da una legge di iniziativa popolare sostenuta da 120mila cittadini e promossa da diverse associazioni con l’obiettivo di dare maggiore efficacia alle norme sulla gestione dei beni confiscati alla criminalità organizzata. Due i pilastri della normativa: da una parte le misure di contrasto sistematico alle organizzazioni criminali per colpirle dritte al cuore, cioè nelle imprese illecite; dall’altra misure economiche di sostegno alle imprese stesse affinché continuino la propria attività anche dopo la confisca o il sequestro.

La sintesi dei contenuti della legge

Corrotti come mafiosi. Si allarga il perimetro dei possibili destinatari cui possono essere applicate le misure di prevenzione personali: sorveglianza speciale e divieto/obbligo di soggiorno potranno applicarsi da un lato a chi è indiziato di favorire la latitanza prestando assistenza agli associati a delinquere e dall’altro a chi è indiziato di alcuni gravi delitti contro la pubblica amministrazione, tra cui peculato, corruzione propria e impropria, corruzione in atti giudiziari, concussione e induzione indebita a dare o promettere utilità.

Procedimenti di prevenzione più veloci. Il procedimento di applicazione delle misure di prevenzione è reso più trasparente, garantito e veloce (trattazione prioritaria con rafforzamento delle sezioni competenti, copertura immediata delle vacanze, relazioni periodiche sull’operatività delle sezioni, utilizzo delle videoconferenze, immediata decisione sulle questioni di competenza). Si introduce la distrettualizzazione delle misure di prevenzione prevedendo sezioni o collegi distrettuali specializzati, mentre il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo è inserito tra i soggetti titolari del potere di proposta delle misure di prevenzione. E’ peraltro meglio definito il coordinamento tra le figure dei proponenti. Ai fini delle indagini patrimoniali tutti i titolari del potere di proposta di prevenzione avranno accesso al SID, al sistema di interscambio flussi dell’Agenzia delle entrate.

Sequestro più incisivo. Il sequestro di partecipazioni sociali totalitarie si estende a tutti i beni aziendali. A provvedere materialmente al sequestro sarà ora la polizia giudiziaria (non più l’ufficiale giudiziario). Se il bene immobile è occupato dalle persone colpite dal sequestro, il giudice delegato ne chiede al tribunale lo sgombero, eseguito dal questore. In alcuni limitati casi è però possibile il differimento (quando, ad esempio, necessario per una migliore conservazione del bene o per temporanei contratti di locazione). Si assicura, in altri termini, che gli immobili non siano mai abbandonati e, per quanto possibile e con gradualità, si anticipa la destinazione prevista dopo la confisca. Gli immobili, tra l’altro, potranno anche essere concessi in locazione alle forze di polizia o alle forze armate e ai vigili del fuoco.

Confisca rafforzata. E’ stabilito espressamente che non si può giustificare la legittima provenienza dei beni adducendo che il denaro utilizzato per acquistarli è frutto di evasione fiscale. Se il tribunale non dispone la confisca, può nel caso applicare l’amministrazione giudiziaria e il controllo giudiziario. E’ ampliato l’ambito di applicazione di sequestro e confisca per equivalente, mentre la confisca allargata diventa obbligatoria anche per alcuni ecoreati e per l’autoriciclaggio e trova applicazione anche in caso di amnistia, prescrizione o morte di chi l’ha subita. In caso di revoca della confisca, la restituzione del bene avviene per equivalente se nel frattempo sia stato destinato a finalità di interesse pubblico.

Controllo imprese infiltrate. E’ introdotto il nuovo istituto del controllo giudiziario delle aziende quando sussiste il pericolo concreto di infiltrazioni mafiose che ne condizionino l’attività. Il controllo giudiziario, previsto per un periodo che va da un anno a tre anni, può essere chiesto volontariamente anche dalle imprese che abbiano impugnato l’informazione antimafia interdittiva di cui sono oggetto. Una volta disposto, gli effetti dell’interdittiva restano sospesi.

Estensione amministrazione giudiziaria. L’amministrazione giudiziaria di beni e aziende sarà possibile anche in presenza di indizi da cui risulti che il libero esercizio di attività economiche agevola l’attività dei soggetti colpiti da una misura di prevenzione patrimoniale o che abbiano comunque in corso un procedimento penale per specifici delitti di mafia o gravi reati contro la Pa. La durata raddoppia, con possibile proroga per un periodo comunque massimo di due anni. Alla scadenza, può essere revocata e trasformata in controllo giudiziario. L’amministratore giudiziario esercita tutti i poteri che spettano ai titolari.

Stretta su amministratori giudiziari. Dovranno essere scelti tra gli iscritti all’apposito Albo secondo regole di trasparenza che assicurino la rotazione degli incarichi, al ministro della Giustizia spetterà individuare criteri di nomina che tra l’altro tengano conto del numero degli incarichi in corso (comunque non superiori a 3). Gli amministratori di aziende sequestrate vanno scelti tra gli iscritti all’Albo come esperti di gestione aziendale. Se la gestione dei beni sequestrati è particolarmente complessa, il tribunale può nominare più amministratori giudiziari. E può anche nominare, nei sequestri di aziende di particolare interesse socio-economico, esperti iscritti all’Albo indicati tra i suoi dipendenti da Invitalia Spa (società interamente partecipata dal Mise). In tal caso l’incarico non sarà retribuito.

Stop incarichi parenti. Non potranno più assumere l’ufficio di amministratore giudiziario, coadiutore o diretto collaboratore il coniuge, i parenti e gli affini, i conviventi o i commensali abituali del magistrato che conferisce l’incarico. Il governo poi è delegato a disciplinare un regime sistematico di incompatibilità da estendere ai curatori fallimentari vietando di nominare chi abbia rapporti di parentela, affinità, convivenza e comunque assidua frequentazione con uno qualunque dei magistrati dell’ufficio giudiziario che conferisce l’incarico.

Tempi stretti per rilancio aziende sequestrate. Entro 3 mesi dalla nomina l’amministratore giudiziario dovrà presentare una relazione che evidenzi le concrete possibilità di prosecuzione dell’attività allegando un piano e censendo creditori e lavoratori impiegati. In mancanza di prospettive, l’impresa sarà liquidata o cesserà l’attività secondo modalità semplificate.

Sostegno aziende sequestrate. Le aziende sequestrate per il proseguimento dell’attività potranno contare su un Fondo finanziato da 10 milioni di euro all’anno. Il Fondo si articola in una sezione di garanzia per il credito bancario e in una per il sostegno agli investimenti e all’emersione alla legalità. Il governo è poi delegato a individuare altre misure a sostegno dell’occupazione. Al fine di favorire la continuità produttiva saranno anche istituiti tavoli provinciali permanenti presso la prefettura con i rappresentanti delle istituzioni e delle associazioni datoriali e dei lavoratori ed è previsto il supporto tecnico a titolo gratuito di imprenditori del settore che matureranno, dopo un anno di collaborazione, un diritto di prelazione in caso di vendita o affitto dell’azienda.

Terzi più tutelati. Sono garantiti i diritti dei terzi in buona fede che risultano da atti anteriori al sequestro. L’amministratore giudiziario può essere autorizzato a pagare subito i ‘creditori strategici’ a beneficio della continuità aziendale. La tutela dei terzi creditori è peraltro disciplinata in modo più funzionale per ciò che riguarda domande di ammissione del credito, tempi di accertamento e udienza di verifica ed eventuale vendita dei beni a confisca definitiva per il pagamento dei creditori ammessi. Nell’elenco dei creditori in vista dell’udienza di verifica va inserito anche chi vanta un diritto di godimento o garanzia. Chi ha un diritto di garanzia sul bene in sequestro può intervenire nel procedimento di prevenzione patrimoniale.

Segnalazione banche colluse. Si fa più rigorosa la disciplina dei presupposti che consentono alla banca titolare di ipoteca sul bene confiscato di ottenere parte di quanto prestato. Se in corso di verifica alla banca che vanta un credito non è riconosciuta la buona fede, il decreto che rigetta la domanda di ammissione al credito deve essere comunicato alla Banca d’Italia.

Restyling Agenzia beni confiscati. L’Agenzia nazionale viene ridisegnata spostando il baricentro dal ministero dell’Interno alla presidenza del Consiglio che ne avrà ora la vigilanza. Il direttore, scelto tra specifiche figure professionali, non necessariamente dovrà essere un prefetto, e presiederà il Comitato consultivo di indirizzo, un nuovo organo interno che esprime pareri e presenta proposte. L’Agenzia ha competenza tanto sui sequestri di prevenzione quanto su quelli penali. Al riguardo, nel ridefinirne i compiti, viene potenziata l’attività di acquisizione dati e valorizzato il ruolo in fase di sequestro con l’obiettivo di consentire un’assegnazione provvisoria dei beni e delle aziende e la funzione di assistenza all’autorità giudiziaria nella gestione del bene fino alla confisca definitiva. L’Agenzia può destinare beni e aziende direttamente a enti territoriali e associazioni. Confisca anticaporalato. Contro il caporalato scatta la confisca obbligatoria di ciò che è servito a commettere il reato. La confisca, operativa dopo la condanna definitiva per intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, può riguardare anche prezzo o profitto del reato o beni diversi del reo (per equivalente). E’ consentita anche la confisca allargata. Se il reato è commesso da un dipendente nell’interesse dell’impresa, ne risponde anche la società.

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Approvata la legge contro la corruzione: pene più severe, torna il falso in bilancio, pugno duro sui reati mafiosi

Nuove norme contro la corruzione. Sono quelle approvate dal Senato (il testo verrà alla Camera tra poche settimane per l’approvazione definitiva) con il via libera alla legge contro la corruzione. itorna il reato di falso in bilancio (anche per le società non quotate), pene più dure per i reati mafiosi, possibilità di patteggiamento solo se viene restituito il ‘maltolto’. E più poteri all’Autorità nazionale anti corruzione guidata da Raffaele Cantone. Vediamo di seguito i contenuti del provvedimento:

SE ‘PER INDUZIONE’ MAX 10 ANNI E 6 MESI Cambia il reato di corruzione per induzione. La modifica prevede che la pena minima sia di 6 anni e la massima di 10 anni e 6 mesi. Il testo originario del Codice penale prevede invece una reclusione da tre a otto anni.

SE IN ATTI GIUDIZIARI MAX 12 ANNI Aumenta la pena per la corruzione in atti giudiziari: dunque passa da 4 a 10 anni di reclusione a 6 e 12 anni. Inoltre, l’emendamento prevede che se dal fatto deriva l’ingiusta condanna di qualcuno alla reclusione non superiore a 5 anni, la pena prevista va da un minimo di 6 a un massimo di 14 anni di carcere (e non più da 5 a 12); se deriva l’ingiusta condanna superiore a 5 anni o all’ergastolo, la pena della reclusione sarà da 8 a 20 anni.

PER PUBBLICI UFFICIALI PENA A 6 ANNI. SÌ INTERCETTAZIONI Durante il passaggio in commissione Giustizia è stato approvato anche un emendamento M5s che aumenta la pena massima – da 5 a 6 anni – per il reato di cui all’articolo 318 del codice penale: corruzione per l’esercizio della funzione. Il reato riguarda il pubblico ufficiale che, per l’esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri, indebitamente riceve, per sé o per un terzo, denaro o altra utilità o ne accetta la promessa. La pena minima rimane l’arresto di un anno. Con l’aumento della pena massima a 6 anni sarà dunque possibile per il giudice autorizzare le intercettazioni del pubblico ufficiale interessato e viene, invece, esclusa la tenuità del fatto.

SALGONO PENE PER CORRUZIONE PROPRIA Salgono a sei e dieci anni le pene (minima e massima) per i pubblici ufficiali che compiono il reato di corruzione propria. Dunque aumenta il carcere per il reato previsto dall’articolo 319 del codice penale: “Il pubblico ufficiale – si legge nella norma così come modificata – che, per omettere o ritardare o per aver omesso o ritardato un atto del suo ufficio, ovvero per compiere o per aver compiuto un atto contrario ai doveri di ufficio, riceve, per sé o per un terzo, denaro od altra utilità, o ne accetta la promessa” è punito con la reclusione da sei a dieci anni (invece che 4 e 8).

AUMENTO CARCERE PER PECULATO. PENA MAX 6 MESI IN PIÙ Aumenta anche la pena massima per il reato di peculato, che passa da 10 anni a 10 anni e sei mesi.

SALE PENA ASSOCIAZIONE MAFIOSA. FINO A 26 ANNI Il provvedimento prevede anche pene più severe per chi commette il reato di associazione di tipo mafioso, aumentando la pena massima fino a 26 anni. La norma – introdotta durante il passaggio in commissione Giustizia – prevede per coloro che fanno parte di un’associazione mafiosa la reclusione da 10 a 15 anni, invece che 7 e 12. Per coloro, invece, che “promuovono, dirigono o organizzano l’associazione” la pena prevista è da 12 a 18 anni (invece che 9 e 14). Se l’associazione è armata si applica la pena della reclusione da 12 a 20 anni (e non più da 9 a 15 anni); per i boss delle associazioni mafiose armate da 15 a 26 anni

OK PATTEGGIAMENTO SOLO CON RESTITUZIONE MALTOLTO ‘Stretta’ per i reati di concussione, corruzione per l’esercizio della funzione, in atti giudiziari, induzione indebita e peculato: il patteggiamento sarà condizionato alla restituzione “integrale” del prezzo o del profitto del reato.

RIPARAZIONE PECUNIARIA PER REATI CONTRO PA Arriva l’obbligo di corresponsione, da parte del condannato per i delitti di peculato, concussione, corruzione e induzione indebita, di una somma a titolo di “riparazione pecuniaria” pari all’ammontare dell’indebito pagamento ricevuto dal pubblico ufficiale o dall’incaricato di pubblico servizio, in favore dell’amministrazione di appartenenza di quest’ultimo.

PER COLLABORATORI AUMENTA SCONTO PENA Per i collaboratori di giustizia, per i reati di corruzione, aumenta lo sconto della pena: questa infatti sarà diminuita da un terzo a due terzi. Il testo originario del ddl prevedeva una diminuzione da un terso a due terzi della pena.

NO APPALTI PUBBLICI PER 5 ANNI SE CONDANNATI Chi commette reati di corruzione non potrà “contrarre” con la pubblica amministrazione per 5 anni (e non più per 3). In altre parole non potrà sottoscrivere contratti con le Pa come nel caso di appalto pubblico. E ancora: le condanne non inferiori a 2 anni comportano l’estinzione del rapporto di lavoro o di impiego con le Pa e società partecipate.

AD ANAC CONTROLLO SU CONTRATTI APPALTI SEGRETATI Incremento dei poteri di vigilanza dell’Autorità nazionale anticorruzione. L’Anac dunque potrà “esercita la vigilanza e il controllo sui contratti degli appalti” segretati “al fine di prevenire fenomeni corruttivi i dati dei medesimi contratti sono altresì trasmessi annualmente all’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici”. L’articolo 7, inoltre, prevede che nelle controversi in tema di silenzio assenso per la certificazione di inizio attività, il giudice amministrativo informi l’Authority “ogni notizia” nel caso di condotte “contrastanti con le regole della trasparenza”.

Inoltre le stazioni appaltanti (enti pubblici o privati che decidono di appaltare un servizio) dovranno comunicare ad Anac (ogni sei mesi) le informazioni sull’appalto (oggetto del bando; elenco degli operatori invitati a presentare offerte; aggiudicatario; importo di aggiudicazione; tempi di completamento dell’opera, servizio o fornitura; e l’importo delle somme liquidate).

PM INFORMERÀ ANAC SU AVVIO INDAGINI Il pubblico ministero, quando esercita l’azione penale per i reati di concussione, corruzione (propria, nell’esercizio della funzione, in atti giudiziari e istitgazione), traffico di influenze illecite, turbata libertà dell’asta pubblica, informerà il presidente dell’Authority Anticorruzione.

ESTINZIONE RAPPORTI DI LAVORO Scende la pena minima (da 3 a 2 anni), per corruzione, con cui scatterà l’estinzione del rapporto di lavoro.

ESTESA CONCUSSIONE Il reato di concussione viene esteso anche all’incaricato di pubblico servizio. Lo prevede l’articolo 2 del ddl. Nel nuovo testo dell’articolo 317 del codice penale si leggerà: “Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità, è punito con la reclusione da sei a dodici anni”.

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Lotta contro la mafia, da oggi uno strumento in più

Uno strumento in più per la lotta contro la mafia. E’ quello di cui la Giustizia italiana sarà dotata dopo l’approvazione del parlamento della modifica del codice penale che è già stata approvata oggi (martedì 16 luglio) alla Camera. Per diventare legge ora occorrerà il via libera definitivo del Senato, che speriamo arrivi in tempi brevissimi.

Si tratta di una modifica che va a colmare il vuoto legislativo che comprendeva tra le modalità dello scambio politico-mafioso solo lo scambio di denaro. La modifica dell’articolo 416 ter, infatti, introduce anche altre modalità di ‘compravendita’ dei voti da parte della criminalità, conferendo rilevanza penale a tutte le altre forme con cui si svolge lo scambio politico-mafioso: e quindi infiltrazioni negli appalti, facilitazioni nelle autorizzazioni, assunzioni facili e “altre utilità” acquisite (o promesse) in cambio del voto.

Sono orgoglioso di aver contribuito ad approvare questo provvedimento perché è una norma che nasce dalla società, sostenuta da circa trecentomila adesioni raccolte dalla campagna “Riparte il futuro”, promossa da Don Ciotti (il fondatore di Libera) e alla quale avevo aderito in campagna elettorale da candidato alla Camera, assumendomi l’impegno di contribuire a fare approvare questa importantissima modifica (tanto che venni insignito con il braccialetto bianco, assieme ad altri 250 parlamentari) nei primi cento giorni della legislatura. Ne sono orgoglioso anche perché penso che quanto abbiamo fatto sia un atto concreto e tangibile che va in una direzione da tanti anni auspicata, ma mai praticata: ossia contrastare con forza le varie modalità con cui si esercita lo scambio politico-mafioso, quel rapporto malsano che si è venuto a generare in alcune aree del Paese tra il potere politico e quello criminale.

Certo, non bisogna abbassare la guardia: con questa norma non abbiamo portato a termine la lotta contro le mafie (e uso il plurale non a caso). Tutt’altro. E’ ormai noto come la criminalità organizzata abbia assunto un’articolazione che si estende su un territorio geograficamente molto ampio e molto in profondità nel tessuto economico e sociale del Paese. Questo atto, però, va ad irrobustire le misure a disposizione dello Stato per contrastare l’avanzata della criminalità. Continuiamo a impegnarci con la stessa determinazione affinché battersi contro la mafia e i mafiosi non sia un atto di eroismo ma una prassi quotidiana, diffusa e patrimonio di tutti gli italiani.

Nella foto, assieme ad alcuni altri deputati ‘braccialetti bianchi’ che hanno aderito alla campagna “Riparte il futuro”

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Lotta alle mafie, un problema anche locale

Approvata all’unanimità alla Camera la Costituzione della Commissione d’inchiesta sulla mafia e le altre organizzazioni criminali, anche straniere. Un problema che non riguarda solo certe aree del Paese, ma che ci tocca anche da vicino.
Le mafie, infatti, si sono spostate al Nord perché i proventi delle organizzazioni criminali sono molto più alti in queste regioni. In particolare nella nostra regione non si più parlare più di infiltrazioni mafiose, ma di radicamento del fenomeno mafioso come è possibile leggere dai due dossier prodotti dall’Assemblea legislativa dell’Emilia Romagna in collaborazione con Libera.

Nella mappatura del fenomeno mafioso si nota che nella nostra provincia di Forlì-Cesena c’è il numero più alto di immobili confiscati alla criminalità organizzata. Dobbiamo investire le nostre risorse in cultura, istruzione e nell’educazione soprattutto delle generazioni più giovani perché il problema esiste e va affrontato.

Il Comune di Forlì, ad esempio, rappresenta una punta avanzata di questo lavoro con l’Osservatorio sulla legalità lanciato dall’assessorato alle Politiche giovanili, che si occupa soprattutto del rapporto con le giovani generazioni (le più sensibili e quelle su cui occorre lavorare di più).

In generale, nelle regioni del Nord, è negli appalti che le mafie hanno la maggiore fonte di guadagno. Possono corrompere i vertici per non far partecipare le altre ditte alla gara o nel caso di appalti al massimo ribasso riescono a battere le altre piccole aziende sane di quel territorio perché forniscono beni e servizi ad un costo inferiore grazie allo sfruttamento della manodopera.

Una possibile contromisura è quella di andare a verificare le condizioni di lavoro e i contratti dei lavoratori di queste aziende e creare una sorta di lista che permetta di definire caratteristiche e profili in grado di favorire le aziende sane.
Solo con una maggiore integrazione e collaborazione tra istituzioni e società civile si può trovare la strada giusta e soprattutto le risorse umane ed economiche per combattere questo fenomeno.