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Non sarò candidato alle prossime elezioni: una scelta di libertà

Carissimi,

questo post dalle mie amate montagne è per comunicarvi che non sarò candidato alle prossime elezioni politiche. Non ci sarò perchè mi è stato chiesto un impegno in prima persona nella gestione della campagna elettorale a livello nazionale e un sacrificio rispetto alle mie personali aspettative o ambizioni. E, con lo stesso spirito con cui ho sempre interpretato il mio servizio pubblico e politico, ho dato la mia disponibilità a compiere questo passo e assumere questo ulteriore ruolo.

La mia è una scelta assunta con grande consapevolezza, tranquillità e, sembrerà strano a qualcuno ma non a chi mi conosce, fatta col sorriso. Non ho alcuna polemica o recriminazione da fare, ma solo gratitudine da esprimere.

Quando si fa parte di una squadra si gioca nel ruolo che viene assegnato. Quel che conta è il risultato collettivo e, potete starne certi, sarò impegnato per raggiungere il miglior risultato possibile per il nostro progetto politico, quello a cui abbiamo dato vita con Italia Viva e Azione, con Matteo Renzi, Carlo Calenda e tantissime persone. Un progetto per l’Italia e non contro qualcuno.

Il cammino prosegue, dunque. Avrei potuto chiedere e ottenere candidature in qualche listino fuori regione (e per intenderci non al 5° posto, che non esiste per legge), ma per la mia storia e per come sono abituato a fare politica, ho preferito così. Percorrerò altre strade, sarò attivo in altre forme, ma la passione politica e il legame viscerale che negli anni ho costruito con la mia terra non possono distogliermi da un impegno diretto in questa battaglia, come in altre.

La mia è una scelta di libertà. Quella libertà che da sempre anima il mio lavoro e che deriva anche dalla certezza di poter vivere di altro che non sia la politica. Questo è decisivo per chi riveste incarichi pubblici: la libertà e l’indipendenza per un politico é uno dei fattori più importanti.

Confesso di essere molto orgoglioso del lavoro che ho svolto in quasi 10 anni di impegno parlamentare, dei risultati raggiunti, del metodo che ho scelto per adempiere al mio mandato. In una relazione costante con le persone, con le imprese, con le organizzazioni di rappresentanza in ambito economico, sociale e culturale, sul territorio come a livello nazionale.

Vorrei ringraziare uno ad uno i tantissimi interlocutori con i quali mi sono confrontato, ma chiaramente è impossibile.

Ho lavorato con amministratori di ogni colore politico e cercato di dare risposte a tutti, anche a chi certamente non mi ha votato e non mi voterà. E mai, MAI, ho agito “contro” o accettato di scendere nella lotta nel fango in cui pure molte volte hanno provato a trascinarmi.

Ho cercato di testimoniare con la mia esperienza che esiste un modo di fare politica diverso da quello approssimativo, urlato e del tutti-contro-tutti che spesso viene raccontato dai media e interpretato da quelli che ricorrono all’arma della denigrazione personale verso chi ha idee diverse dalle proprie.

Sono convinto che quando si ha un ruolo istituzionale non si rappresenta solo se stessi o una parte, ma qualcosa di più grande. E perciò si deve essere a disposizione di tutti.

Conserverò per sempre l’onore di aver potuto servire le istituzioni del nostro Paese al massimo livello possibile. E – consentitemi – anche la soddisfazione di aver raggiunto questo traguardo senza che qualcuno mi abbia mai regalato qualcosa: ho cominciato nel quartiere di campagna della mia città e sono arrivato al parlamento sempre mettendomi in gioco a viso aperto. Sempre. Senza discendenze familiari di politici alle spalle e senza aver mai promesso o concesso raccomandazioni, favori materiali o prebende a qualcuno.

Ho messo la mia faccia su tutte le decisioni e su tutte le posizioni politiche assunte, sia quando avevo il vento a favore che quando c’era da remare controcorrente. Un impegno totalizzante, vissuto al massimo: ripeterei tutto, in ogni dettaglio.

Ho avuto la possibilità di contribuire in modo diretto, attivo, concreto e spesso fruttuoso a importanti decisioni che hanno segnato la vita del nostro Paese; e ho inciso in modo concreto alla realizzazione di opere e iniziative fondamentali per il mio territorio, quello in cui lavoro e vivo da sempre assieme alla mia famiglia.

Grazie a chi ha percorso questo tratto di strada con me. Ho potuto incontrare migliaia di persone e aver avuto, così, la possibilità di conoscere in lungo e in largo la nostra società: dal piccolo commerciante al grande industriale, dal semplice cittadino agli ambasciatori dei più importanti Paesi del mondo, dal professionista di città ad alcuni dei più affermati studi e società di consulenza, dal pensionato a svariati ministri (ho visto nascere e morire in 9 anni e mezzo ben 6 governi diversi!). Ho avuto l’onore di votare per tre volte per il Presidente della Repubblica.

Una serie infinita e bellissima di esperienze, anche internazionali, che hanno contribuito a formare un bagaglio di competenze che metterò a frutto e a disposizione in vari modi.

Grazie ai funzionari della Camera con cui ho lavorato fianco a fianco, tra i quali ho trovato professionisti di eccelsa qualità di cui il nostro Paese può andare orgoglioso. E grazie ai colleghi e alle colleghe, del mio gruppo e non solo. Con alcuni di loro sono nate amicizie fraterne che andranno oltre la politica. E con tanti continueremo a sentirci: sono fiero di poter dire di aver costruito buoni rapporti in TUTTI i gruppi parlamentari, senza esclusioni di partito. La politica non è solo scontro tra bande, ma anche rapporti umani di qualità.

Grazie alle tante persone che, in modo trasversale, mi seguono e mi stimolano. In questi casi si usa dire: “in tanti mi hanno chiesto di…, ecc.”. Nel mio caso, forse peccando di presunzione, credo non occorra: chi vive il territorio in cui ho sempre lavorato e gli ambienti che frequento sa bene come stanno le cose.

Grazie a chi in questi anni ha collaborato con me, a Roma e sul territorio, rendendo possibile quello che da solo sarebbe stato impossibile. E sopportando tutti i miei limiti caratteriali: solo per questo vi meritereste un premio!

Devo, più di chiunque altro, ringraziare i miei familiari: in Chiara, Pietro e i miei genitori, che tante volte (forse troppe) hanno dovuto sopportare di essere posti in secondo piano rispetto ad altri; e poi gli amici, quelli veri, quelli che ci sono sempre, nella buona come nella cattiva sorte.

Mi scuso se non sono riuscito a comunicare questa decisione col dovuto anticipo a tutti coloro a cui avrei voluto e dovuto dirlo in anteprima; ma, a volte, gli eventi corrono più in fretta delle nostre volontà.

A chi resterà deluso così come a chi maliziosamente se ne rallegrerà sfregandosi le mani dico: tranquilli, non me ne vado. Ci sono e ci sarò. Il cammino prosegue.

Ora pochi giorni di vacanza e poi si riparte per nuove avventure. Sinceramente non vedo l’ora di (ri)cominciare!
Come sempre, vi terrò aggiornati: per adesso grazie di tutto.

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Provincia unica di Romagna: sì, ma solo con più poteri, funzioni, risorse

Sembra che l’idea di realizzare una sola provincia romagnola in sostituzione delle tre esistenti, abbia ritrovato nuovo slancio. Ciò è un fatto molto positivo. Occorre mettere in evidenza – per non creare illusioni – che serve una cornice nazionale che ridia funzioni, poteri e possibilmente una maggiore legittimazione alle nuove province.

Perchè un ente che dovrebbe rappresentare oltre un milione di romagnoli, sarebbe bene fosse guidato da un’Amministrazione scelta dai cittadini e non solo dai delegati dei comuni che ne fanno parte. Ma questa non è certo una scelta che può essere determinata a livello locale.

Il quadro di oggi è assai diverso da quello di qualche anno fa, tenere insieme la Romagna è purtroppo meno semplice di quanto dovrebbe (la vicenda delle Camere di commercio, che ha visto il mondo economico inspiegabilmente dividersi e formare una Camera di commercio a Ravenna e Ferrara distinta da quella della Romagna, costituita purtroppo ‘solo’ da Forlì-Cesena e Rimini) e in assenza di maggiori poteri, il rischio è quello di unire tre debolezze senza la certezza che questo produca un ente più forte.

I progetti e gli appelli che provengono oggi dal mondo cooperativo e Confindustria – e prima di loro anche da altre organizzazioni – vanno accolti molto favorevolmente ed è compito di politica e istituzioni inserirli in un contesto giuridico favorevole a livello nazionale.

Personalmente, essendo da sempre un promotore di questa idea, saluto con grande favore questa ritrovata voglia di Romagna. In questa stagione di ripartenza degli investimenti pubblici e di una progettualità che stimola a pensare in grande, la Provincia di Romagna avrebbe più senso che mai.
Perchè il processo di fusione delle tre Province (ammesso che parta) sia davvero utile ed efficace, abbiamo bisogno che venga al più presto adottata una riforma del testo unico degli enti locali che riassegni funzioni, risorse, personale e poteri all’Ente Provincia.

La buona notizia è che è sul tavolo della ministra dell’interno, Luciana Lamorgese, c’è una riforma del testo unico degli enti locali di cui ho avuto modo personalmente di seguire la gestazione. Un testo che certamente può fornire uno stimolo positivo a progetti come quello della Provincia unica romagnola.
Il primo atto da compiere, dunque, è proprio questo: spingere il Governo – e a seguire il parlamento – a varare questo testo in tempi rapidi.

La bozza c’è, va portata al più presto in Consiglio dei ministri e sottoposta poi all’esame delle aule parlamentari. A tal fine, sto sollecitando per le vie brevi (e se necessario lo farò nei prossimi giorni anche con una interrogazione parlamentare) l’emanazione del testo.

Certamente nel frattempo si possono compiere degli atti a livello locale. Ad esempio è possibile sottoscrivere accordi di collaborazione tra i tre enti provinciali romagnoli, stipulare convenzioni, agire in modo congiunto e coordinato.

E va riconosciuto che sotto la spinta di chi ci ha creduto prima di altri, oggi più che in passato ci sono politiche che vengono decise su scala romagnola: ad esempio la sanità, le politiche idriche, il sistema dei trasporti. E’ ancora insufficiente, ma sono passi rilevanti.

La forza dell’idea di Provincia di Romagna risiede nella omogeneità del suo territorio, nella sua matrice storica e culturale comune, nella straordinaria vivacità imprenditoriale e nelle enormi potenzialità di crescita in tutti i settori. Occorre che tutti capiscano che ragionare in ottica romagnola rende tutti più forti. Anche i comuni più piccoli (che dovrebbe a loro volta ragionare di fusioni, senza tabù).

E se oggi, come sembra a parole, c’è la disponibilità di tanti sindaci e amministrazioni un tempo recalcitranti, è il tempo di passare concretamente ai fatti e cominciare a porre le prime pietre del progetto romagnolo.

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Concessioni balneari, un accordo positivo: concorrenza e tutela delle imprese

Sulle concessioni demaniali marittime è stato raggiunto un buon accordo. Che tiene insieme il doveroso ricorso alle gare pubbliche, applicando un sacrosanto principio di concorrenza, e la protezione degli investimenti fatti in questi anni, dei beni mobili e immobili delle imprese che perderanno le concessioni.
La norma individuata delega al Governo la “definizione di criteri uniformi per la quantificazione dell’indennizzo da riconoscere al concessionario uscente, posto a carico del concessionario subentrante”.

Saranno il ministro delle Infrastrutture e il ministro del Turismo a scrivere i decreti e quindi a definire gli indennizzi, di concerto con gli altri ministeri interessati.

Si stabilisce, poi, che le concessioni balneari dovranno essere messe a gara prima del 31 dicembre 2023. Ma “in presenza di ragioni oggettive”, come “la pendenza di un contenzioso” o “difficoltà oggettive legate all’espletamento” della gara stessa, potranno essere considerate ragioni che impediscono la conclusione delle gare sulle concessioni balneari prima di questa data. Le gare, comunque, non potranno essere concluse comunque dopo il 31 dicembre 2024.

Servirà un “atto motivato” dell’autorità competente per differire il termine della gara stessa a dicembre 2024. Il sistema messo a punto deroga – di fatto – quanto stabilito da una sentenza del Consiglio di Stato, in base alla quale le gare si sarebbero dovute concludere entro il 31 dicembre 2023; dal 1° gennaio 2024 sarebbero considerate abusive le occupazioni di demanio tramite concessioni non assegnate con gara.

Si prevede, dunque, una sorta di ‘anno cuscinetto’ – tutto il 2024 – per consentire di completare le gare. E senza considerare ‘abusivi’ gli stabilimenti non andati a gara dopo il dicembre 2023. Considerato che una illusoria norma voluta dalla Lega negli anni scorsi aveva prolungato la durata delle concessioni attuali fini al 2033 in barba a qualsiasi vincolo di legge e alle regole di mercato europee, certamente quello raggiunto è un buon compromesso.

Ora bisogna correre per rispettare i tempi e attuare in modo efficace le norme concordate. Concorrenza e tutela delle imprese possono e devono stare insieme.

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“Cervese, espropri e pochi fondi: ecco perchè saltò”

Intervista a “Il Resto del Carlino” del 3 aprile 2022 a cura di Luca Bertaccini

Marco Di Maio, parlamentare di Italia Viva: da anni esistono criticità nella Cervese, ma a parte qualche intervento di sistemazione e manutenzione, nulla è stato fatto per risolvere il problema alla radice: per quale motivo? 
«Intanto va detto grazie all’impegno dei Comitati di quartiere e dei cittadini, la situazione è migliorata negli ultimi anni con interventi di manutenzione e messa in sicurezza. Per un intervento radicale servono progetto, finanziamenti, appoggio dei cittadini e di tutte le istituzioni».

L’assenza di un vero progetto da chi dipende? Chi, tra politici e istituzioni, ha sbagliato?
«Più che un progetto, è mancata la volontà politica di portarlo avanti. Per anni, ad esempio, qualcuno si è illuso che attraverso la maxi lottizzazione prevista dall’operazione ’Sviluppo A14’ che avrebbe edificato i terreni agricoli compresi tra le frazioni di Bagnolo e Carpinello, sarebbero arrivate le risorse necessarie per un nuovo tracciato. Una fantasia frantumata dalla realtà del mercato, dei fatti e in parte anche dalle inchieste giudiziarie». 

Al tempo della presidenza della Provincia di Massimo Bulbi – anno 2010 – venne presentato il progetto di una Cervese bis che prevedeva, in sostanza, di evitare che le auto attraversassero le varie frazioni (Carpinello, Pievequinta e via dicendo), con il traffico deviato su un nuovo tracciato: perché quell’idea non è andata avanti?
«Problemi di finanziamenti, di espropri e anche i soliti fautori del ’no’ a qualsiasi tipo di infrastruttura in nome di un ambientalismo più dannoso che utile all’ambiente. Oltre al fatto che le scelte politiche attuali e degli anni scorsi hanno posto come prioritari altri interventi: tangenziale, collegamento veloce Fo-Ce, opere secondarie e altro ancora. Va dato atto a Massimo Bulbi e al suo vice Guglielmo Russo, di essere stati gli ultimi a credere davvero, assieme a noi che veniamo da quella zona, in una ’’nuova Cervese’».

Lei è di Villa Rotta: che situazione vivono i residenti, che specie nella stagione estiva sono costretti a subire un aumento di traffico rilevante?
«E’ una situazione complessa soprattutto per le abitazioni affacciate sulla Cervese. I residenti hanno imparato a conviverci, pur con l’eterna speranza che in futuro possano esservi altre soluzioni». 

Dal Pnrr potrebbero arrivare fondi per la progettazione di una nuova Cervese? 
«Oltre al Pnrr in questi giorni abbiamo ottenuto 15 milioni per le strade provinciali: è un’opportunità. Col Pnrr si possono finanziare opere da concludersi entro il 2026. Ma il punto è capire se il territorio vuole porre questo intervento tra le priorità e muoversi in modo compatto in Regione e al Ministero facendo squadra al di là delle casacche di partito. C’è questa disponibilità? Intanto io confermo, da subito e come sempre, la mia». 

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Diversificare le fonti di energia, cambiare il sistema produttivo: la mia intervista a “Il Momento”

Intervista al settimanale “Il Momento” a cura di Roberta Brunazzi

“La guerra in Ucraina somma al disastro umanitario enormi effetti dal punto di vista economico. Col rischio concreto che questi possano ripercuotersi anche sulla disponibilità di cibi e beni di primaria necessità”
Su questo aspetto si è concentrata l’interrogazione parlamentare urgente presentata dal deputato romagnolo Marco Di Maio al Ministro dell’Agricoltura Stefano Patuanelli. Abbiamo chiesto a lui qualche approfondimento sul tema.

Cosa ha posto in evidenza con l’interrogazione?
La necessità di assicurarsi che gli approvvigionamenti sugli scaffali siano garantiti, e che ciò avvenga a prezzi sostenibili. Anche in relazione al rincaro spa- ventoso registrato dalle bollette e dal prezzo dei carburanti. In questa direzione va il decreto approvato dal Governo nella serata di venerdì – spiega Di Maio – che taglia per la prima volta le accise, introduce misure straordinarie per aiutare le famiglie più bisognose, mitiga gli aumenti tariffari. E lo fa coprendo queste spese con una tassazione aggiuntiva e straordinaria degli utili incassati dalle grandi compagnie del settore energetico, che in questi mesi hanno speculato sul prezzo applicato a famiglie e imprese.

Siamo davvero entrati in una fase di “Economia di guerra?”
No, non siamo in una economia di guerra. Siamo in una fase di economia pesantemente condizionata da chi ha voluto questa guerra, invadendo senza alcun motivo uno Stato libero, democratico e incamminato verso l’integrazione in Europa.

Come affrontare questa fase?
Dobbiamo agire rapidamente, più di quanto fatto con i 17 miliardi di euro stanziati finora per contrastare il caro-bol- lette, senza i quali i costi esorbitanti di oggi sarebbero persino più esosi. Dobbiamo intervenire per sostenere il nostro sistema produttivo e limitare le conseguenze; dobbiamo diversificare le nostre fonti di energia; dobbiamo sforzarci di continuare a programmare e costruire il nostro futuro. Ma non siamo in una economia di guerra dove si devono razionare i prodotti, le merci, i beni di prima necessità: e non arriveremo a quel punto.

C’è chi parla di ritorno all’autarchia: cosa ne pensa?
La guerra di Putin contro l’Ucraina non è solo una sfida al governo democratico di Kiev, ma al sistema di valori a cui il popolo ucraino vuole avvicinarsi. Da anni, non da oggi: non dimentichiamo la rivoluzione arancione del 2004 e quella dai risvolti drammatici di fine 2013, inizio 2014: movimenti popolari che chiedevano già allora a gran voce l’ingresso in Europa, libertà e diritti civili e sociali, economia di mercato, democrazia. Tutte cose che cozzano con il modo di vedere il mondo della Russia di Putin e della Cina. Non penso vivremo un ritorno dell’autarchia, perché anche i governi più inclini a quel modello stanno capendo che non conviene a nessuno.

Per il territorio dell’Emilia-Romagna, quali settori economici possono ora diventare strategici?
La filiera agroalimentare ha un ruolo decisivo, ora più che mai. Per questo è importante aver creato un apposito fondo per sostenere in modo specifico questo comparto e aver creato le condizioni per evitare il blocco dell’autotraspor- to, che ha una valenza strategica per garantire gli approvvigionamenti delle merci sugli scaffali dei supermercati, ma anche per le forniture a tutti i comparti produttivi.

In Italia l’urgenza di reperire nuove fonti energetiche mette in secondo piano il tema dello sviluppo sostenibile. Esiste un modo per tenere in equilibrio tra loro questi due obiettivi, entrambi fondamentali?
Esiste eccome. Ma gli errori del passato, soprattutto ispirati da chi si è schierato per il “no” a qualsiasi tipo di investi- mento, ora ci pone nelle condizioni assurde di dover persino riattivare le centrali a carbone per evitare di andare in una crisi energetica senza precedenti. Dobbiamo continuare a investire sulla produzione da fonti rinnovabili, liberando i freni della burocrazia e delle autorizzazioni che spesso ne limitano lo sviluppo. Ma occorre anche rompere il tabù sul gas, che è imprescindibile per compiere una transizione ecologica sostenibile anche finanziariamente per imprese e famiglie. Azzerare la dipendenza dal gas russo, utilizzare i cospicui giacimenti che ci sono in Italia (e anche in Romagna, col distretto di Ravenna che è un’eccellenza nazionale nel comparto) e acqui- stare quello che ci serve da un maggior numero di fornitori. Non deve più succedere che il nostro gas dipenda per il 45% dalle esportazioni di un unico Paese, come è avvenuto fino a oggi con la Russia. Come stiamo tristemente notando, infatti, ne va anche della nostra libertà e della nostra sovranità.

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Alla Romagna 40 milioni per intervenire sulle strade provinciali

Arrivano risorse fresche per le strade provinciali. Si tratta di 40 milioni di euro che dal 2022 al 2029 saranno a disposizione delle tre province romagnole, per interventi di manutenzione, messa in sicurezza, adeguamento.

Una boccata d’ossigeno per i bilanci e per gli investimenti locali, reso possibile grazie all’intervento del Governo che ha messo a punto un piano da complessivi 1 miliardo e 700 milioni di euro da investire sulle strade provinciali fino al 2029 e al lavoro che abbiamo svolto con la regia della collega Raffaella Paita.

E’ un fatto straordinariamente positivo che si garantiscano questi finanziamenti, con una programmazione pluriennale che dà certezze agli enti locali così da poter prevedere un piano di interventi spalmato su più anni e aggiuntivo alle risorse già a disposizione dei singoli enti o provenienti dalle Regioni.

Non è lo Stato a decidere quali saranno gli interventi da finanziarie, ma sono i singoli territori provinciali a determinare le priorità: il nostro compito, del resto, era mettere nelle condizioni le autonomie locali di avere soldi da investire su una rete viaria che più di altre ha bisogno di interventi di manutenzione.

Continueremo a batterci per portare altri e ulteriori investimenti sul territorio, pronti a lavorare in squadra con tutte le istituzioni e a prescindere dalle appartenenze politiche; perché quando si fa parte di un’istituzione e si rappresenta un territorio, si deve lavorare così.

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Romagna

In piazza con IV: “Momento difficile, fare squadra a prescindere dalle appartenenze”

Comunicato stampa

  “In un momento così delicato come questo, con il dramma quotidiano della guerra in Ucraina che angoscia le nostre anime e genere una profonda incertezza sul futuro, occorre lavorare per accorciare le distanze, ascoltare, comprendere le preoccupazioni delle persone e delle imprese, farsene carico per individuare soluzioni concrete facendo squadra tra tutte le energie presenti sul territorio. Senza distinzione di parte”. Lo afferma il deputato romagnolo Marco Di Maio, che sabato e domenica mattina ha preso parte al banchetto organizzato in centro a Forlì e a Cesena da Italia Viva per incontrare cittadini e confrontarsi con loro sui temi di più stretta attualità.

“L’Italia è totalmente a fianco del popolo ucraino e lo dimostra la straordinaria prova di solidarietà che anche il territorio forlivese sta fornendo nell’accogliere le famiglie che scappano dalla guerra di Putin – afferma -. A livello, come a quello regionale e nazionale, le istituzioni devono unirsi e fare squadra, a prescindere dalle appartenenze di partito, per affrontare insieme le emergenze e lavorare per generare nuove opportunità”.

“E’ auspicabile che al di là dei legittimi timori del sindaco di Forlì sulla capacità di spendere bene i soldi del PNRR – conclude Marco Di Maio – in Comune così come in Provincia ci sia la volontà di chiamare a raccolta tutte le energie, le forze istituzionali, sociali e imprenditoriali pronte a mettersi a disposizione: non è certo il momento di egoismi territoriali, gelosie, chiusure. Noi continueremo, come sempre, a lavorare con questo spirito”.

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“Ricordiamo le vittime del Covid, ma servono soldi per coprire i buchi lasciati dal Covid e investire nella sanità del futuro”

Comunicato stampa

“Oggi ricordiamo con commozione tutte le persone che sono morte durante la pandemia. Il nostro pensiero va a loro, alle famiglie funestate dal virus, a chi ancora oggi soffre le conseguenze peggiori del contagio. Tanti, purtroppo, anche nella rete di conoscenze e amicizie di ciascuno di noi. E l’impegno delle istituzioni, adesso, deve essere quello di non abbassare la guardia sulla sanità, continuare a investire, intervenire per coprire i buchi di bilancio lasciati nel sistema dalle enormi spese sostenute per fronteggiare il Covid”. Lo afferma il deputato romagnolo Marco Di Maio, nella Giornata in memoria delle vittime dell’epidemia di Coronavirus. 

“Quando abbiamo istituito per legge questa giornata – segnala il parlamentare -, lo abbiamo fatto non solo per creare un momento in cui celebrare il ricordo di chi non c’è più; ma anche come monito a continuare a investire nella scienza, nella sanità, in particolare in quella pubblica e universale. Perché senza questo – senza la medicina, la scienza e un sistema pubblico e universale di assistenza sanitaria – il COVID avrebbe avuto conseguenze ancora peggiori. Non avremmo avuto il vaccino, avremmo pianto altre vittime, non saremmo nelle condizioni di programmare un pieno ritorno alla normalità”. 

“Le oltre 157mila persone che sono morte per il COVID in Italia non sono numeri – conclude -: sono storie, passioni, esperienze. Dietro a ciascuno di essi ci sono famiglie e affetti. A tutti loro la nostra vicinanza più profonda. E ad ogni livello occorre rilanciare l’impegno a investire le risorse necessarie per riparare i danni economici causati nei bilanci delle Ausl per via della pandemia e al contempo continuare a investire sull’assistenza alle persone, prossimità dei servizi, nuovo personale”.  

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Afghanistan, le città facciano la propria parte: sindaci e prefetti si preparino a dare rifugio a chi scappa

“Nessuno, soprattutto in Occidente, può girare la testa o rimanere indifferente di fronte a quel che sta avvenendo in Afghanistan. Nemmeno noi in Romagna, terra di ospitalità e dai solidi valori di solidarietà. Per questo anche le nostre città devono prepararsi a fare la propria parte, in attesa che sia messo in atto un coordinamento nazionale per gestire l’accoglienza di chi scappa dalla guerra e della devastazione afghana”. Lo afferma il deputato romagnolo Marco Di Maio.

“Aiutare le persone che stanno scappando dall’integralismo islamico imposto dai talebani, gli afghani che hanno collaborato con i nostri connazionali in questi anni, le donne che hanno visto spegnersi da un giorno all’altro le prospettive di una maggiore libertà, è un dovere morale – aggiunge -. Sindaci e prefetti in Romagna si attivino da subito per valutare la disponibilità di strutture e l’organizzazione dell’accoglienza di queste persone”.

“Non servirà a cancellare gli errori del passato, ma quanto meno a dare concretezza ai valori che stanno alla base della nostra civiltà e che segnano la nostra diversità dall’integralismo”, conclude.

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Obbligo vaccinale, prime sospensioni in Romagna: atto doveroso per tutelare la salute

Sono stati sospesi i primi sanitari, tra medici e infermieri, dell’Ausl Romagna che hanno rifiutato di vaccinarsi, non rispettando la legge che ne obbliga l’immunizzazione.

Un atto necessario per tutelare la salute di tutti i pazienti e a favorire la lotta contro il virus. Per fortuna i casi di personale sanitario “no-vax” nella nostra regione sono piuttosto rari (il 90% si è vaccinato, ma chi non l’ha ancora fatto spesso è perché ha motivazioni valide come l’essere incinta o essere da poco guarito dal covid); tuttavia è fondamentale essere irremovibili con chi, ostinatamente, rifiuta di vaccinarsi.

È inutile girarci attorno: il vaccino è l’unica arma che abbiamo per battere il virus e non possiamo permetterci che, proprio chi lo deve affrontare in prima linea, esponga se stesso e soprattutto gli altri al rischio di contagio e diffusione.